The Stand: spiegazione del finale della serie TV
A distanza di quattro decadi, Stephen King riscrive il finale del suo romanzo The Stand appositamente per l'omonima serie TV. Ora anche Frannie Goldsmith ha la sua degna consacrazione, anche se l'appuntamento con il Male sembra essere solo rimandato.
E fu così che, a oltre 40 dalla pubblicazione del romanzo L’ombra dello scorpione (1978), il personaggio di Frannie Goldsmith ottenne finalmente la sua consacrazione e la sua giusta dimensione all’interno della storia. L’episodio conclusivo di The Stand, intitolato The Circle Closes, chiude infatti proprio “il cerchio” degli eventi con una riscrittura inedita compiuta dal medesimo Stephen King. Non un controfinale, non una rivisitazione del libro di riferimento; un’appendice, che lascia intatto l’epilogo precedente aggiungendo tuttavia una nuova parentesi esplicativa.
Un vero e proprio cruccio per il Re, che in oltre mille pagine era riuscito a chiudere gli archi narrativi di tutti i protagonisti principali (i vari Stu, Nadine, Glenn, Nick, Tom, Larry) tranne uno, quello del suo personaggio preferito. Frannie infatti, nella risoluzione dell’intreccio ambientata New Vegas, restava ai margini: impossibilitata a prendere parte alla battaglia a causa della gravidanza, sopportava la perdita dei suoi cari senza porsi troppe domande, persino un po’ dimenticata e rassegnata a un ruolo da comprimaria.
The Stand: la ricostruzione della normalità
Dopo la – presunta – morte di Randall Flagg e la letterale esplosione della cattedrale a New Vegas (tempio della perdizione e del peccato, gestita dallo stesso figlio del diavolo), ritroviamo Frannie sana e salva all’interno della comunità dei Buoni (ovvero i seguaci della mistica Madre Abagail). Vive da sola assieme alla figlia neonata, che ha contratto il terribile virus (Capitan Tripps) che ha decimato l’umanità ma dal quale – evento che ha del miracoloso – è riuscita a guarire senza cure o vaccini. Dopo il prologo, la ragazza assiste al ritorno del partner Stu, dato per morto nell’ecatombe di Vegas.
Per ricostruire la loro vita e la loro personale normalità, la coppia decide di partire per il Maine, luogo di nascita di Frannie. Ormai il pericolo pandemico sembra essere superato, e così anche quello portato dall’arcinemico Flagg. Durante il viaggio i due trovano momentaneo rifugio in una fattoria abbandonata a Lorton, in Nebraska. Non sono però soli: il loro cane Kojak scopre infatti che al centro del campo di grano adiacente alla casa vive in una tenda una misteriosa adolescente. Il mattino successivo Stu decide di andare in città a recuperare provviste, lasciando sola Frannie.
Un profondo pozzo di oscurità. Cosa succede nel finale di The Stand?
Accade il peggio: alla ricerca di una fonte d’acqua affidabile, Frannie si reca alla pompa dismessa che vede in giardino. È una trappola di Flagg, che la fa cadere nel pozzo. A questo punto la giovane madre vive il suo personale stand, la rivincita voluta da King. Mentre giace tramortita e ferita, Randall Flagg entra nell’inconscio di Frannie e le propone un accordo: lei, Stu e la bimba si salveranno, se a lui sarà permesso – attraverso un bacio – di vedere attraverso i suoi occhi (in una sorta di possessione demoniaca e “controllo” sul mondo). La tentazione viene fermamente rifiutata dalla giovane donna, che per questa presa di posizione viene lodata – in una visione parallela – da Madre Abagail.
Stu riesce a salvare la compagna grazie anche all’aiuto della ragazzina nascosta nel campo, che si rivela essere una sorta di reincarnazione proprio di Madre Abagail. Una settimana dopo la coppia raggiunge infine il Maine, e può rilassarsi guardando fiduciosa l’orizzonte. Frannie ha resistito al fascino della protezione “maligna” e la sua fede è stata premiata. La sua strenua posizione è stata di totale fiducia, e così il personaggio trova la sua quadratura e la sua ragion d’essere. Nell’epilogo ritroviamo ancora Flagg, che si avvicina a una tribù di indigeni immuni al virus e ne diventa il loro idolo. Cambia il suo nome (Russell Faraday), ma non la sua entità: il Male non muore mai del tutto.
Stephen King e l’eterna lotta tra Bene e Male
Come già accennato, nonostante The Stand sembri affrontare di petto la questione relativa a una pandemia prossima ventura, in realtà usa il virus solo come strumento per narrare altro. Capitan Tripps per Stephen King è solo un segno della corruzione umana, del Male che sta distruggendo e ammorbando il mondo. È, in buona sintesi, il classico elemento destabilizzatore che fa traballare gli equilibri consolidati costringendo tutti ad una nuova riorganizzazione. Non è un caso che nessuno dei protagonisti mantenga il carattere che gli era stato “assegnato” all’inizio, quando cioè era stato introdotto nei primi episodi della serie tv o nei primi capitoli del romanzo: Frannie da arrendevole si fa combattiva, Stu diventa un punto di riferimento per la collettività, mentre all’opposto Nadine viene sedotta dal lato oscuro.
La pandemia stravolge l’essere umano, e soprattutto lo costringe a scegliere in modo netto e deciso tra Bene e Male, senza più la possibilità di mezze misure. È uno dei temi ricorrenti della bibliografia di King, assieme a quella dell’ambiguità e del mare di circostanze in cui tutti siamo immersi. Non dovrebbe essere così facile scegliere tra rettitudine e corruzione, ed è questo infatti uno dei problemi principali della serie: il gap tra Bello e Brutto, Buono e Cattivo è troppo netto e manicheo, laddove invece – ad esempio – uno dei motivi della buona riuscita della precedente The Outsider era proprio la sua complessa comprensione. Per il Re, insomma, è normale e fisiologico lasciarsi affascinare dal maligno, la battaglia per arrivare a una scelta consapevole è strenua e spietata.
Quale futuro per The Stand? E per Randall Flagg?
Difficile ipotizzare che The Stand possa avere una seconda stagione: l’arco narrativo è del tutto chiuso, anche e soprattutto dopo la nuova stesura attuata dal medesimo King. Non c’è apparente ragione per riprendere in mano le vite dei personaggi superstiti, e difatti il romanzo di riferimento L’ombra dello scorpione non ha mai avuto un seguito. Diverso però è il discorso relativo a Randall Flagg, il figlio del demonio, che nella serie soggioga una tribù di nativi e che appare diverse volte negli scritti di Stephen King con diversi pseudonimi (Walter Padick, Raymond Fiegler, Walter O’Dim, o semplicemente “L’uomo che cammina”).
Vista l’attenzione riservatagli dal suo autore, si potrebbe persino pensare ad una serie antologica che preveda il ritorno di Flagg in epoche diverse, antagonista di vicende che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra. Ma sarebbe necessario, anzitutto, dare al villain uno spessore ben maggiore di quello visto in The Stand, tratteggiandone in modo più efficace la personalità. La linea guida è chiara:
Randall Flagg rappresenta il vero male, quello che io negli ultimi vent’anni – o anche prima sino a Hitler – ho identificato come il vero male. È in parte Charles Manson e in parte Charles Whitman, l’assassino del Texas, e anche Richard Speck, insomma un po’ tutto quel tipo di gente.
come disse King in un’intervista del 1979.