True Detective – stagione 4: 7 motivi per vedere la serie TV
True Detective - Night Country è il quarto atto di una serie imperdibile, che questa volta può contare sull'apporto attoriale di Jodie Foster
Quando 10 anni fa Matthew McConaughey e Woody Harrelson irruppero all’interno dei nostri teleschermi con la prima stagione di True Detective, resero evidente come il televisivo fosse in grado di mettersi a servizio del cinematografico. In brevissimo tempo lo show divenne culto, un’imprescindibile pezzo di storia della serialità che l’ideatore, Nic Pizzolato (sceneggiatore di The Guilty e I magnifici 7, di Antoine Fuqua), riuscì ad assemblare unendo parti perfettamente calibrate ed orchestrate tra loro a regola d’arte, tanto da rendere complessa l’identificazione di un unico elemento dal quale partire per descrivere la portanza di uno dei progetti più ambiziosi e riusciti di sempre, in ambito televisivo. Un’opera antologica, trasmessa da HBO e in Italia da Sky Atlantic, che dopo la prima stagione non si pensava fosse in grado di ripetersi ma è invece riuscita a mantenere alta l’asticella con le illustri partecipazioni, prima di Colin Farrell, Rachel McAdams e Vince Vaughn e poi di Mahershala Ali, trainate da soggetti scritti e diretti in maniera impeccabile. Oggi, mentre gli episodi di True Detective: Night Country, quarta stagione della serie, vengono trasmessi a cadenza settimanale (ogni lunedì) sui canali Sky, andiamo ad analizzare tutti quelli che sono i motivi per cui non si può prescindere dalla visione di questo meraviglioso programma.
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1. Jodie Foster
Non avendola ancora citata non si può che partire dalla protagonista che i produttori della serie sono riusciti ad accaparrarsi per la nuova stagione: Jodie Foster. La talentuosissima attrice nata a Los Angeles interpreta per la prima volta un ruolo di così grande prestigio televisivo dopo aver impreziosito l’industria cinematografica con interpretazioni indimenticabili e riconosciute a livello internazionale. La 2 volte vincitrice dell’Oscar (per Sotto accusa, di Jonathan Kaplan, e Il silenzio degli innocenti, di Jonathan Demme), che quest’anno ha ottenuto la sua quinta nomination per Nyad – Oltre l’oceano, nello show di Pizzolato, tra i venti gelidi dell’Alaska, ricopre il ruolo del cinico ed esperto capo di polizia, Liz Danvers, affiancata dalla collega Evangeline Navarro, a cui presta il volto Kali Reis (Black Flies, Catch the Fair One).
2. La cinematografica essenza di True Detective
True Detective è un progetto che, nonostante la sua natura antologica, mantiene chiaro e invariato uno stile che gli permette di essere comparato a grandi opere del cinema. L’attenzione e tensione registica che si respira in ogni stagione non ha eguali; il poliziesco, tra il thriller e il noir, rivive nell’era contemporanea, viaggiando su diversi piani temporali e ricreando un’atmosfera sospensiva, di grande coinvolgimento, che fa perno sulla forza calamitica di dialoghi sontuosi e sulla tenuta di personaggi che non solo vengono scritti con una profondità tale da renderne viva la presenza, quasi tangibile, ma vengono inoltre interpretati da attori eccezionali, calatisi nella parte come fosse stata scritta appositamente per loro.
3. Certezze dal passato
Seppure Night Coutry sia la novità, è sulla tradizione che possiamo affidare le nostre aspettative; le certezze arrivano dal passato e da quelle tre stagioni che l’hanno preceduta. Se all’esordio il fascino e l’oscurità attrattiva di Rust Cohle (Matthew McConaughey) e del suo pessimistico filosofeggiare hanno strabiliato chiunque, la seconda stagione si arricchisce di una pluralità performativa e autoriale d’eccezione, che culmina con quello che è forse il migliore piano sequenza mai visto in televisione, e la terza, forse leggermente sottovalutata rispetto alle altre ma egualmente d’impatto, viene perfettamente sviluppata lungo tre archi temporali che vanno a completarsi e giustificarsi l’uno con l’altro.
4. La colonna sonora di True Detective
Un altro elemento catalizzante della serie è senza dubbio rappresentato dal suono e da una colonna sonora che riesce nell’intento di valorizzare l’indole del programma e di rafforzarne il significato. Le musiche sono composte dal cantautore e produttore statunitense, T Bone Burnett, ma ogni stagione presenta una sua personale sigla introduttiva, che cerca di restituire le caratteristiche distintive della stagione stessa: Far from Any Road degli The Handsome Family nella stagione 1 richiama il folklore e la simbolicità degli episodi, Nevermind di Leonard Cohen si ricollega all’amoralità imperante della stagione 2 e la stagione 3 ritrova il simbolo, ancor più sacrale, con Death Letter di Cassandra Wilson. La theme song di Night Country, che vede l’arrivo di Susan Jacobs in veste di music supervisor, restituisce invece l’angosciosa atmosfera che gli episodi promettono di regalare con Bury a friend di Billie Eilish.
5. Partnership
Come già si è potuto evincere dai paragrafi precedenti, un elemento che ritorna e delinea uno dei connotati di riferimento dell’opera è la centralità non solamente dei personaggi ma bensì dei rapporti che li legano; ogni stagione ruota attorno ad uno o più omicidi e ha per protagonisti i due detective incaricati di seguirne il caso: da Rust Cohle e Marty Hart (Matthew McConaughey e Woody Harrelson) a Wayne Hays e Roland West (Mahershala Ali e Stephen Dorff), passando per Raymond Velcoro e Antigone Bezzerides (Colin Farrell e Rachel McAdams) e giungendo, infine, a Liz Danvers e Evangeline Navarro (Jodie Foster e Kali Reis). È come se al centro vi fosse sempre un solo personaggio, che viene scisso in due e trova il suo equilibro solamente con la complementarietà dei suoi due componenti, introspettivamente opposti ma connessi da un’incorruttibile stima reciproca e da un affetto sanguigno.
6. Dal dialogo al mistero
Ma se la forma e i suoi plasmatori sono motivo d’orgoglio per la serie, i suoi contenuti non sono da meno ma danno anzi una struttura ben più solida a quella stessa forma. Dialoghi e monologhi formano il tessuto senza il quale l’intreccio non riuscirebbe a districarsi, originati molto spesso proprio da quel sensibile contrasto tra i partner, che siano i due colleghi chiamati a risolvere il caso o le coppie di amanti che danno ai protagonisti spessore anche nel loro privato, oppure dalla ricostruzione atemporale a cui i personaggi vengono chiamati in diverse occasioni.
Perché spesso il tempo è vittima dell’impenetrabilità delle indagini svolte e garantisce quella fascinazione misteriosa che abbraccia lo spettatore, relegandolo volontariamente allo schermo fino all’ultimo fotogramma dell’ultimo episodio.
7. La temporalità di True Detective
E quindi è il tempo a giocare un altro ruolo fondamentale, un altro tratto indelebile e distintivo dell’intero progetto. I protagonisti, soprattutto in riferimento alla prima e alla terza stagione, attraversano diverse fasi della loro vita, accompagnati costantemente dalla martellante necessità di risolvere quell’unico caso apparentemente destinato a rimanere incerto ma che, con puntualità, si ripresenta sempre più a nudo, e al contempo sempre più complesso.
La penultima stagione gioca ancor più con questa sua oscillazione della temporalità grazie al pretesto secondo cui la caducità mnemonica del detective Wayne Hays, rende il ricordo ulteriormente fragile ed inaffidabile.
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