Westworld 3 – recensione e spiegazione dell’episodio 6
Abbiamo visto in anteprima Decoherence, la sesta puntata della terza stagione di Westworld, in uscita in Italia il 20 aprile su Sky Atlantic e Now TV.
Il mondo sta velocemente cambiando, il mondo reale, se così si può chiamare, perché alla fine in Westworld vige sempre la legge del determinismo tecnologico, combattuto da qualche sprazzo di libero arbitrio, certo, ma mai sconfitto. Le grandi “tanto attese manovre” per il destino dell’umanità sono state finalmente messe in moto e ora che Dolores ha fatto la prima mossa, la palla passa a Serac, da cui ci si aspetta una grande risposta, almeno per tener fede alle promesse situate in un antagonista che finora ha fatto un po’ pochino.
Westworld 3 torna con l’episodio 6, Decoherence, diretto da Jennifer Getzinger e scritto da Suzanne Wrubel & Lisa Joy, in onda in contemporanea con gli Stati Uniti su Sky Atlantic e NOW TV, alle 3 di notte fra domenica 19 e lunedì 20 in versione sottotitolata. La terza stagione viene inoltre trasmessa in lingua italiana tutti i lunedì alle 21.15 (e a seguire il nuovo episodio in versione originale).
Ecco il nostro racconto in anteprima.
Westworld 3 – trailer, trama e anticipazioni dell’episodio 6 [SPOILER]
Il tesoro di dati di Rehoboam è stato rivelato al mondo. Sui cellulari di ogni singolo abitante del pianeta è stato inviato un dossier personale, con all’interno passato, presente e un più che probabile futuro. Per le strade ci sono rivolte, nei palazzi suicidi e omicidi, in una sola parola: caos, quello annunciato da Caleb.
Serac corre ai ripari rimettendo in riga Maeve e consentendogli di muoversi all’interno di World War, l’ultimo sprazzo di parco rimasto in archivio, per trovarsi degli alleati e riprovare a combattere la Abernathy. Nelle strutture della Delos si svolgono gran parte degli eventi dell’episodio, dove la Charlotte 2.0 accetta suo malgrado di andarsi a ficcare, ritrovandosi nella più classica delle trappole, per ergersi a secondo traballante baluardo in difesa del piano di Dolores, dopo il sacrificio del nuovo Connells. Traballante non tanto perché le capacità della donna non siano all’altezza del compito, tutt’altro, lo scoglio risiede nella sua già manifesta instabilità emotiva, con la quale deve ancora finire di fare i conti.
A margine, ma neanche tanto, riprendiamo i fili della triste vicenda di William, chiuso in un manicomio due puntate fa e ora costretto a sottoporsi ad una terapia coercitiva, in modo da costringerlo ad affrontare i suoi demoni, poi che ci riesca è tutto un altro discorso.
Cosa accade in Westworld 3×06? Il nostro sguardo all’episodio della serie HBO
Westworld 3 ci ha abituato ad un andamento altalenante sia per quanto concerne il ritmo delle puntate sia per la cronologia in cui si svolgono i fatti, niente di particolare o di complicato, sia chiaro. In termini spiccioli c’è una divisione pressoché sempre riconoscibile tra le vicende in base a protagonisti e momento storico, allentata solo da eventuali punti di contatto. Alla luce di ciò era lecito aspettarsi che dopo una puntata completamente dedicata al gigantesco passo in avanti nella storia compiuto da Dolores e Caleb, si tornasse indietro a recuperare le vicende dei personaggi restanti e a respirare un attimo, ma stavolta non è proprio così. La terza stagione va veloce, il cronometro segna -3 ed in più il pubblico si aspetta di vedere una qualche conseguenza di quanto è successo alla fine di Genre. Dunque si recuperano i personaggi, ma si procede in contemporanea, si chiude almeno una cosa importante rimasta in sospeso e si è pronti ad aprire al finale di stagione.
Si riesce a fare tutto, ma non tutto funziona benissimo, quello che è definitivamente certo, se ce ne fosse ancora bisogno, è che il Westworld che conoscevamo non esiste più.
Maeve completa il grande tributo al primo Matrix di questa terza stagione, citato esplicitamente, quasi come una confessione, per bocca di Dempsey jr. e ora protagonista di un tributo che sfiora il plagio vero e proprio. La sua vicenda continua in un ritorno al tema dei parchi ormai ridotto ad un ridicolo gioco virtuale, asciugato di ogni tipo di fascino e mistero, superato e sgretolato da una delle protagoniste meno evolute della serie HBO, a cui neanche il confronto con Dolores riesce a regalare qualcosa, ma concludendosi con il ribadire che “ognuno ha le sue ragioni”. Parlando di ritorni giungiamo alla questione William, la cui terapia ci dice qualcosa di Caleb, ma ben poco dell’ex Uomo Nero, finendo con l’imbastire una visivamente accattivante immersione nella sua psiche che però si risolve in una elementare presa di coscienza, ancora una volta costruita intorno all’esistenza o meno del libero arbitrio, seguita da un completo e fulmineo rigetto del suo passato, di tutto il suo passato. William è un personaggio amato dal pubblico e che Ed Harris continua ad infarcire di profondità, ma il cui tempo sta forse scadendo.
Una speranza sorge in un finale che promette di dare un ruolo decente ad un altro protagonista che in questa stagione si è finora solamente limitato a galleggiare. Magari l’unione fa la forza.
Altro discorso riguarda la brillante Dolores/Charlotte, un personaggio concepito per essere il simbolo del conflitto di identità che ha tenuto banco nelle prime puntate e metafora del grande duello tra determinismo tecnologico e libero arbitrio (si, ancora), questa volta citato in causa dal marito, il cui concepimento e sviluppo è stato finora sempre solido. Lei è la protagonista delle scene d’azione, ancora una volta un punto di forza della serie, ed è lei a chiudere una delle questioni sollevate nella terza stagione, compiendo finalmente la sua scelta.
Fondamentalmente Westworld continua come da previsioni, senza grandi scossoni, rispettando una comprensibile tabella di marcia e forse facendo le prove generali per tagliare definitivamente i ponti con un passato che sembra non appartenergli più, anzi, le cui sembianze assomigliano sempre di più a quelle di una zavorra che non le permette di voltare pagina e che, per questo, non vale più la pena portarsi dietro.