Amanda Knox: le anticipazioni sul documentario Netflix
“Forse sono una psicopatica nei panni di una pecora,” – Questo è ciò che Amanda Knox dichiara con determinazione ferrea nel documentario di Netflix sulle indagini controverse e sulla tempesta mediatica che l’ha vista due volte condannata e assolta per il macabro omicidio di Meredith Kercher nel 2007 – “o forse sono come te. “
Knox, ora 29 anni, è ben consapevole di ciò che il mondo pensava di lei nove anni fa, quando i titoli sulla sua scaltrezza criminale hanno dominato le news. Più vecchia, più stanca, e a volte estremamente emotiva, Knox mette a nudo la sua anima per le telecamere del documentario Amanda Knox, diretto dai registi Brian McGinn e Rod Blackhurst, che hanno impiegato cinque anni per mettere insieme e realizzare quello che tutta la sovraesposizione degli anni passati non è riuscita a fare: farla sembrare umana.
In anteprima Venerdì al Toronto Film Festival, il film getta nuova luce sulla Amanda Knox donna, se non altro nuove prove su ciò che è realmente accaduto la notte in cui Meredith Kercher, una studentessa ventunenne inglese, è stata violentata e uccisa dentro l’appartamento che condividevano a Perugia, Italia.
Attraverso interessanti materiali d’archivio mai visti prima, portati alla luce dall’inchiesta iniziale, il documentario Amanda Knox è più interessato a presentare al mondo un ritratto più completo della Knox, al fine di comprenderne meglio le complessità, i suoi accusatori, i media e l’opinione pubblica, che l’ha diffamata con tanta facilità.
Una delle parti più suggestive, con pezzi di materiali inediti, arriva nella parte iniziale del documentario: un filmato vivido ed inquietante degli ultimi tempi della Kercher, sorridente e bella. È stato girato dalla stessa Knox nei mesi prima della morte della Kercher, ripreso con una telecamera mentre le due compagne di stanza, conosciutesi di recente, trascorrevano del tempo insieme. Quell’immagine della Kercher risuona come come contrappeso alla grafica delle foto della scena del crimine che circolavano ampiamente dopo la sua morte, ricordando agli spettatori della vita umana perduta al centro di tutta la vicenda.
Le domande del film ruotano attorno al perché la giovane, bella, e bionda Amanda rimase il punto focale del caso Kercher anche quando un terzo sospettato, Rudy Guede, fu separatamente processato e condannato per l’omicidio.
Guede, fuggito dall’Italia verso la Germania dopo aver ucciso Meredith Kercher, ha continuato a sostenere la sua innocenza, cambiando la sua versione iniziale dei fatti per includere la presenza di Amanda Knox quella notte, contrariamente a quanto riferito da lei e dal fidanzato Raffaele Sollecito. Guede ha visto la sua pena ridotta quando Knox e Sollecito sono stati condannati ed è rappresentato nel film dal suo avvocato, Walter Biscotti.
Amanda Knox esce pulita dalla vicenda anche in una porzione meno conosciuta della conversazione Skype che Guede ha avuto con un amico mentre era in fuga in Germania. Secondo le trascrizioni ottenute dai registi, Guede ha affermato di essere entrato in casa dopo che un intruso aveva lasciato la stanza, trovando la Kercher con la gola sanguinante, poi ha ammesso: “Ho paura … mi uccido.”
I realizzatori hanno ottenuto registrazioni di telefonate dalle forze dell’ordine italiane che hanno intercettato i telefoni della Knox e di Sollecito in seguito all’uccisione. Nella conversazione registrata dopo che il corpo della Kercher è stato scoperto, la Knox condivideva il suo nervosisimo con l’amico d’infanzia Brett Lither. La giovane donna non sembra cogliere appieno l’enormità di ciò che è successo e Lither rassicura la Knox, con l’ottimismo di una ragazza adolescente, dicendole che avrebbe dovuto mantenere un atteggiamento positivo, e che l’anno successivo sarebbe ancora stato memorabile. In un’altra telefonata registrata dal carcere, la Knox è scioccata nell’ apprendere dalla madre che il caso è esploso a tutti gli effetti in un isterismo collettivo, mediato dalla stampa.
Il documentario Amanda Knox suscita simpatia verso la Knox stessa rivisitando il modo in cui l’indagine per omicidio è stata plasmata da due uomini probabilmente utilizzati per perpetrare l’immagine della ragazza come perversa e sessualmente ossessiva
Nick Pisa, il giornalista del Daily Mail, e Giuliano Mignini, il procuratore italiano convinto che la spiegazione più plausibile dell’omicidio della Kercher fosse un gioco sessuale andato storto.
Pisa racconta come ha guadagnato l’accesso alle indagini, come uno dei primi giornalisti britannici sulla scena, e contribuisce a mettere il caso contro i tabloid affamati di titoli da prima pagina, ammettendo apertamente di non confermare gli scoop pubblicati. Ma è Mignini, che ammette di aver guidato la sua indagine sulla base di una serie di intuizioni intestinali e giudizi circostanziali, che contribuisce a maturare le osservazioni più interessanti sulla nascita dll’immagine pubblica della Knox.
Egli ricorda, per esempio, di essere arrivato sulla scena del delitto, guardando di sfuggita una finestra rotta e capendo subito che era stata messa in scena per dare l’apparenza di un infrazione. Si ricorda di aver alzato lo sguardo e di aver visto l’ormai famosa immagine della Knox e del suo fidanzato abbracciati fuori dalla casa, baciandosi impropriamente nel periodo immediatamente successivo all’omicidio della sua amica. In seguito, quell’immagine diffusa insieme alle reazioni apparentemente distaccate della Knox hanno contribuito a convincere l’opinione pubblica della sua colpa.
Il film, tuttavia, colma le lacune che nessuno si era mai preoccupato di segnalare
Che Knox e Sollecito, che si conoscevano da solo una settimana e che vivevano un flirt giovanile, erano stati istruiti per pulire la casa per gli investigatori quando sono stati fotografati l’una nelle braccia dell’altro, e si stavano consolando a vicenda perché avevano appena appreso della morte della Kercher. Il documentario mostra anche le prime ampie interviste con gli esperti di medicina legale la cui analisi della scadente investigazione sul DNA ha contribuito al rilascio della Knox e di Sollecito dopo quattro anni di carcere.
Amanda Knox vuole essere uno sguardo più approfondito al sensazionalismo che ha spinto la ricostruzione pubblica della personalità della Knox verso l’immagine estrema di una studentessa ventenne ninfomane e omicida.
Consentendo alla Knox di fissare negli occhi il suo pubblico ancora giudicante, McGinn e Blackhurst riportano indietro il sipario su Amanda Knox, la donna per sempre segnata dallo sguardo invasivo del mondo, che ora vive in relativa solitudine a Seattle, Washington.
Knox porta un peso maggiore dei suoi anni in quegli occhi, ma ha anche empatia nei confronti del pubblico, guidato dalle sue paure, che lo hanno portato così facilmente a vederla come un mostro. Quando Mignini si apre dacanti alle telecamere riguardo alle proprie visioni del mondo, anche la sua prospettiva sembra essere cambiata dal tempo e dal senno di poi. Il padre di quattro figlie, si descrive come un devoto cattolico romano che ama racconti polizieschi e idolatra Sherlock Holmes. Ora, dopo che i giudici italiani hanno emesso la loro seconda e definitiva assoluzione della Knox di Sollecito, ammette, forse per la prima volta, che avrebbe potuto avere dei dubbi sulla colpevolezza della coppia, dopo tutto. “Se sono innocenti”, afferma, “Spero che siano in grado di dimenticare le loro sofferenze”.