Andrea Delogu e l’appello agli insegnanti dopo l’esperienza della sua dislessia: “siete più del 50% di ciò che impariamo”

Anche il percorso più difficile diventa una strada possibile. Se un insegnante crede in te.

Certe cose te le porti dietro per tutta la vita. Andrea Delogu lo sa bene. Durante una puntata di Wannabe, il format di Skuola.net, ha raccontato a cuore aperto la sua storia. Non una favoletta a lieto fine, ma una battaglia vera. Di quelle che ti segnano.

Andrea Delogu: il ruolo decisivo dei professori

Andrea Delogu e la convivenza con la dislessia - Cinematographe.it

A vent’anni, quando ormai la scuola era finita da un pezzo, Andrea ha scoperto di essere dislessica e di avere anche il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Fino a quel momento? Si era solo sentita “stupida”. “Sentivo che il mio cervello funzionava”, ha detto, “solo che faceva il suo viaggio”. Diverso dagli altri.

Gli anni sui banchi non sono stati semplici. Quando non sai cosa ti succede, pensi sempre che sia colpa tua. Ti convinci di non valere abbastanza. Eppure, in quel caos, Andrea ha trovato delle ancore: i suoi professori. “Mi hanno salvato. Senza di loro non sarei qui”, ha confessato. E poi la frase che spacca il cuore: “Siete più del 50% di quello che impariamo”. Un insegnante non è solo chi spiega la lezione. È chi ti guarda, ti capisce, ti dà la forza anche quando tu pensi di non averne più. È chi sa vedere oltre i voti, oltre i numeri.

Andrea Delogu e la convivenza con la dislessia - Cinematographe.it

Andrea Delogu non ha voluto passare da vittima. Anzi, ha trasformato quella che sembrava una condanna in qualcosa di più. “Non è una tragedia”, ha detto con quel suo modo diretto che non lascia spazio a scuse, “è un superpotere, se impari a usarlo”. E lo dice una che ce l’ha fatta, non una che predica da una cattedra.

Un messaggio anche ai genitori: “I vostri figli vi osservano. Se vi fate prendere dal panico, lo respirano pure loro”. Insomma, una chiamata all’azione. Perché certe differenze non vanno nascoste. Vanno capite. E tirate fuori.

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