Apartment 7A: il difficile compito di vivere all’ombra di Rosemary’s Baby, le recensioni del prequel sono deludenti!

Apartment 7A, il prequel di Rosemary's Baby non è all'altezza del suo illustre predecessore: la critica massacra il film!

La storia del cinema horror è popolata da pietre miliari, opere che trascendono il genere per entrare a pieno titolo nella memoria collettiva. Tra queste, Rosemary’s Baby di Roman Polanski occupa un posto d’onore, affermandosi nel 1968 come un capolavoro di tensione psicologica e intrigo occulto. Più di cinquant’anni dopo, il cinema prova a rivisitare quel mondo con Apartment 7A, un prequel che getta luce su uno dei personaggi più fugaci ma enigmatici dell’originale: Terry Gionoffrio.

Apartment 7A, le recensioni non sono molto lusinghiere

Apartment 7A Rosemary's Baby - cinematographe.it

Diretto da Natalie Erika James e con Julia Garner nel ruolo principale, Apartment 7A si addentra nei meandri di una New York asfissiante e misteriosa, dove gli angoli bui di un apparente appartamento ordinario nascondono segreti terribili. Qui, Terry — una giovane danzatrice senza legami familiari — viene accolta dai sinistri coniugi Castevet, che nella pellicola del 1968 avevano già orchestrato il sinistro piano ai danni di Rosemary.

Ma c’è qualcosa di profondamente diverso nel percorso di Apartment 7A. Se in Rosemary’s Baby l’orrore strisciava lento e inesorabile, rivelandosi solo negli ultimi atti come un piano machiavellico orchestrato dai vicini di casa, in questo prequel la tensione si disfa subito, sotto il peso delle aspettative e della sua eredità. Gli elementi che avevano reso il film di Polanski un capolavoro di ambiguità e paranoia si diluiscono in un racconto che sembra, fin dalle prime recensioni, incapace di sostenere il confronto.

Con un punteggio deludente del 44% su Rotten Tomatoes, Apartment 7A non è riuscito a convincere la critica, che lo considera lontano dalla maestosità della sua controparte originale, premiata da un quasi inarrivabile 96%. La domanda che ci si pone è se questa discesa di qualità fosse inevitabile. Come può una pellicola come Apartment 7A sfuggire alle ombre monumentali di un classico immortale? La risposta potrebbe trovarsi proprio nel personaggio di Terry, che nel film del 1968 appariva fugacemente solo per poi morire in circostanze misteriose. L’esplorazione del suo passato, la sua intima tragedia, avrebbe potuto essere una potente metafora del destino e della fatalità, ma la narrazione di Apartment 7A pare mancare l’occasione di scavare a fondo in questa direzione.

Nonostante un cast di attori capaci, con Julia Garner che si è fatta notare per la sua interpretazione in Ozark, e con veterani come Dianne Wiest e Kevin McNally nei panni dei maligni Castevet, il film sembra bloccato nel tentativo di creare qualcosa di altrettanto disturbante, ma senza riuscire a trovare la sua propria voce. La regia di Natalie Erika James, pur ricca di intuizioni visive, fatica a incastrare i pezzi di un puzzle che avrebbe dovuto rievocare, più che imitare, l’atmosfera di Polanski.

Tuttavia, non è detto che Apartment 7A sia un film destinato all’oblio. L’industria dell’intrattenimento è spesso imprevedibile, e talvolta i giudizi critici vengono ribaltati dal pubblico. Con il suo imminente rilascio su Paramount+ il 27 settembre 2024, il film potrebbe trovare una nuova vita attraverso il passaparola o una risposta positiva da parte degli spettatori, curiosi di immergersi nuovamente nell’universo occulto e malato dei Castevet. Forse non sarà il nuovo Rosemary’s Baby, ma potrebbe comunque rivelarsi un tassello intrigante in una mitologia cinematografica ancora vitale.

In definitiva, Apartment 7A non è un semplice film horror, ma un tentativo di riaccendere una fiamma che brucia da decenni nel cuore degli appassionati di cinema. Se riuscirà o meno a portare nuova luce sul mondo di Rosemary’s Baby è ancora tutto da vedere. Ma nel cinema, come nella vita, non sempre il successo si misura con i voti, e talvolta è proprio dal confronto con i giganti che possono nascere nuove visioni, anche se imperfette.