Biografilm 2016 – Zero Days: recensione

Dopo essere stato presentato in concorso al Festival di Berlino 2016, arriva al Biografilm 2016 Zero Days, l’ultimo documentario di Alex Gibney, già apprezzato regista di Going Clear: Scientology e la prigione della fede e Steve Jobs: The Man in the Machine. Il film verte principalmente sul racconto della creazione e della diffusione di Stuxnet, un temibile e potente virus informatico che nel 2010 mise in ginocchio migliaia di computer in tutto il mondo, ma che solo in un secondo tempo si scoprì essere una creazione dei governi di Stati Uniti e Israele per attaccare il software della centrale nucleare iraniana di Natanz. Il regista spazia poi sulla rapidità e sulla facilità con cui si potrebbe arrivare a una vera e propria cyberwar, e sui cupi e inquietanti scenari a cui essa porterebbe.

Zero Days: l’analisi cupa e inquietante del rischio e delle conseguenze di una possibile cyberwar

Zero Days

Con Zero Days, Alex Gibney indaga con sobrietà ed efficacia su un risvolto passato inosservato ai più delle tensioni degli ultimi anni fra Iran, Stati Uniti e gli alleati di questi ultimi, in particolare Israele. In un mondo in cui quasi ogni aspetto della nostra vita passa attraverso i più disparati dispositivi connessi alla rete, anche i rapporti diplomatici e i potenziali conflitti fra le principali potenze mondiali percorrono questa strada, addentrandosi però in territori ancora in larga parte inesplorati e soprattutto non regolamentati da alcun accordo internazionale. Ad aprire questa inquietante e pericolosa strada sono stati gli Stati Uniti durante l’amministrazione di George W. Bush, dando il via insieme ai propri alleati a un programma segreto denominato Olympic Games, che si prefiggeva lo scopo di smorzare e limitare la crescente minaccia nucleare iraniana attraverso una serie di attacchi condotti per via telematica. Questo ha condotto alla creazione di Stuxnet, virus potenzialmente letale che non solo non ha raggiunto il proprio scopo di mettere definitivamente fuori uso la centrale di Natanz, ma è anche fuoriuscito all’esterno del sistema stesso diventando una minaccia globale. Nonostante le deboli smentite ufficiali, ciò ha portato a mettere sotto gli occhi della comunità internazionale il piano degli Stati Uniti e a una reazione da parte degli hacker iraniani, che a cavallo fra il 2011 e il 2013 hanno messo in ginocchio i sistemi informatici di alcune banche americane, rendendo palesi a chiunque i rischi e i potenziali disservizi legati a una cyberwar.

Zero Days

Il titolo del documentario Zero Days ha la duplice valenza di introdurre lo spettatore sulla genesi degli attacchi alle vulnerabilità informatiche (queste attività si chiamano 0-day perchè gli sviluppatori hanno 0 giorni di tempo per mettere una pezza alle proprie falle) e di fare riflettere sulla gravità e sulla pericolosità della minaccia di queste azioni, più probabili e potenzialmente influenti sulle nostre vita di quanto crediamo o siamo disposti ad ammettere. Alex Gibney tesse il filo degli eventi con grande rigore ed equidistanza, limitandosi a esporre la realtà oggettiva attraverso immagini di archivio e interviste ad informatici ed esponenti delle principali agenzie di sicurezza mondiali, una delle quali è interpretata da un’attrice per tutelare la sua privacy. Il regista dipana il racconto con dovizia di particolari e di informazione, svolgendo un serio lavoro di analisi e ricerca ed evitando la tentazione di strumentalizzare determinati aspetti della vicenda in una chiave sensazionalistica e complottistica purtroppo sempre più diffusa e abusata. I dettagli prettamente informatici dei fatti sono spiegati in maniera approfondita e resi accessibili anche ai profani in materia di programmazione e analisi sistemi sistemistica, rendendo Zero Days un documentario godibile e apprezzabile da chiunque. A penalizzare leggermente il ritmo e l’incisività del racconto è una parte centrale in cui si divaga con verbosità dal nucleo del racconto, appesantendo un tema che soprattutto per i non appassionati dell’argomento già in partenza non è certamente spettacolare o adrenalinico. Il film si risolleva però immediatamente con un’ultima parte decisamente più riuscita, che senza indorare in alcuna maniera la pillola sbatte in faccia allo spettatore la fragilità di certi aspetti della società moderna e la quasi totale mancanza di regole o controlli in materia, illustrando quanto sia relativamente semplice per uno stato attaccarne per via informatica un altro e mantenere un certo livello di segretezza a proposito del proprio coinvolgimento in tale attività.

Zero Days

Zero Days si prefigge e centra l’obiettivo di destare l’attenzione del pubblico su un nuovo e potenzialmente devastante tipo di guerra, che non si combatte più solo con le armi sul campo di battaglia, ma anche con quegli stessi terminali a cui ogni giorno affidiamo gran parte della nostra vita. Alex Gibney si conferma così come uno dei più grandi documentaristi contemporanei, capace di fare informazione precisa e disciplinata ma anche di fare riflettere sui rischi di un conflitto cibernetico su larga scala più verosimile di quanto si pensi.

Regia - 4
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8