Bruce Willis accettò di ridurre lo stipendio del 99% perché voleva lavorare con una delle più grandi leggende di Hollywood

Il protagonista di Pulp Fiction ha accettato di riscuotere il minimo imposto dal sindacato.

Bruce Willis è ormai in pensione da tempo a causa della demenza frontotemporale di cui soffre, ma abbiamo ancora gli innumerevoli film che ha realizzato nel corso della sua carriera a lenire la mancanza. La verità è che, in più di un’occasione, è stato accusato di essere troppo guidato dalla sete di denaro nelle sue scelte professionali, ma ciò non gli ha impedito di ridurre significativamente il suo stipendio in casi molto specifici, soprattutto per lavorare con delle vere e proprie leggende di Hollywood.

Molti di voi starnano pensando a Pulp Fiction, un film per il quale ha guadagnato 800.000 dollari più una quota sugli utili, ma la verità è che ce n’è un altro per il quale il suo stipendio è stato ancora più basso, al punto che non ha non guadagno nemmeno l’1% di quello che guadagna in quel momento. Il titolo in questione è La vita a modo mio e l’idea di poter lavorare con Paul Newman era troppo allettante per pensare ai soldi.

Quando uscì nei cinema nel 1994, fu una sorpresa vedere Willis dare vita a uno dei suoi personaggi principali. Del resto l’attore non è apparso nei titoli di testa ed era assente dal materiale promozionale distribuito alla stampa, una rarità per una star del suo calibro, ma alquanto comprensibile se si tiene conto del suo coinvolgimento nel film.

Willis aveva già lavorato poco prima con il regista Robert Benton in Billy Bathgate – A scuola di gangster. Inoltre, la star di La vita a modo mio sarebbe stata nientepopodimeno che il mitico Paul Newman, una leggenda di Hollywood che Willis adorava, quindi non ci ha pensato nemmeno un secondo quando Benton lo contattò e gli disse: “Questo non è come Billy, lo sappiamo non abbiamo soldi qui, stiamo tutti realizzando questo film con il budget più basso possibile.” La risposta di Willis fu chiara e forte:

Non preoccuparti per i soldi. Ci divertiremo.

Tutto ciò ha portato Willis a non guadagnare i 15 milioni di dollari che guadagnava in quel momento a ruolo. Invece, l’attore ha accettato di farsi pagare il minimo imposto dal sindacato degli attori. Ovvero solamente 1.400 dollari a settimana di riprese. Considerando che le registrazioni sono durate dal novembre 1993 al febbraio 1994, il suo stipendio non si è mai avvicinato nemmeno a 150.000 dollari, che rappresenterebbero l’1% del suo compenso abituale…

Nel film Willis interpreta Carl Roebuck, un imprenditore per il quale il personaggio di Newman lavora sporadicamente e che ha citato in giudizio in più di un’occasione. E ama irritare Carl, arrivando al punto di flirtare apertamente con la sua ragazza, interpretata da Melanie Griffith, alla minima occasione.

Paul Newman e Bruce Willis si erano già incontrati

Lavorare di nuovo con Paul Newman era qualcosa che Bruce Willis desiderava fare da oltre un decennio. E sì, abbiamo detto “di nuovo”, dal momento che il protagonista di Die Hard ha fatto una comparsa in Il verdetto. Però Newman non se lo ricordava.

Durante le riprese di La vita a modo mio, Willis ricordò a Newman che avevano già condiviso un set, ma quest’ultimo non se lo ricordava e disse: “L’abbiamo fatto? Non ricordo. Dove abbiamo lavorato insieme?” Il giorno successivo Willis si presentò con una VHS che mostrava una scena de Il verdetto di Sidney Lumet, in cui l’attore era presente sullo sfondo. Una curiosità che custodiva con grande orgoglio, ma che colse Newman completamente di sorpresa.

In un’intervista con Playboy, che risale un paio d’anni dopo la première di La vita a modo mio, Willis ha commentato che Carl Roebuck era uno dei personaggi preferiti della sua carriera, sottolineando anche quanto sia stato fantastico lavorare con Newman:

“Paul Newman è straordinario. Settant’anni e provo ancora cose nuove ad ogni ciak. Un ragazzo come lui non dovrebbe farlo; poteva semplicemente presentarsi ed essere la star. Ma non è stato così nemmeno per un minuto. Abbiamo passato molto tempo a ridere. Era una cosa da maschi, cercare di infastidirsi a vicenda.”

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