C’è ancora domani, anche il New York Times incorona il film di Paola Cortellesi: “Straziante ed edificante”
C'è ancora domani, il film campione d'incassi di Paola Cortellesi, incoronato anche dal New York Times: "È un film straziante ed edificante".
A quasi un mese e mezzo dall’uscita nelle sale, C’è ancora domani – l’opera prima da regista di Paola Cortellesi – continua ad essere il film più visto in Italia. Dopo aver scalzato Oppenheimer come miglior secondo incasso annuale, al lungometraggio mancano solo qualche manciata di milioni per arrivare addirittura a superare Barbie, la pellicola diretta da Greta Gerwig e con protagonista Margot Robbie capace di portarsi a casa nel nostro paese oltre 32 milioni di euro.
Il New York Times incorona C’è ancora domani
Visto l’enorme successo di critica e di pubblico, C’è ancora domani ha catturato l’attenzione anche del New York Times. Il celebre quotidiano newyorkese, in un articolo intitolato Il film di un’amata comica sugli abusi domestici attira gli italiani in massa, ha incoronato il film di Paola Cortellesi. “C’è ancora domani, che riesce ad essere allo stesso tempo straziante e edificante, è arrivato in un momento in cui la violenza domestica, il femminicidio e i diritti delle donne hanno dominato il dibattito pubblico nei giorni dell’omicidio di Giulia Cecchettin, anche se la vicenda è ambientata nel 1946, in una Roma ancora alle prese con la povertà e le conseguenze della Seconda guerra mondiale“, si legge nelle pagine del quotidiano.
Nell’intervista che accompagna l’articolo, Paola Cortellesi ha dichiarato: “Certamente sono sorpresa, è un buon film, sono soddisfatta del mio lavoro. Credo di aver toccato un nervo scoperto del paese. Ho voluto realizzare un film contemporaneo ambientato nel passato, perché penso che purtroppo molte cose siano rimaste le stesse. Naturalmente ci sono stati dei progressi, sono cambiati i diritti, sono cambiate le leggi, ma non del tutto, non nella mentalità“. Di qualche settimana fa, la rivelazione che C’è ancora domani non ha ricevuto alcun finanziamento pubblico perché classificato dal Ministero della Cultura come “opera di scarso valore“.