Chez nous: intervista al regista Lucas Belvaux: “la cultura è riuscita a cambiare il mondo, più della politica”
La nostra intervista a Lucas Belvaux, regista del film Chez nous - A casa nostra, una tagliente critica ai partiti nazionalisti.
In occasione del Festival del Nuovo Cinema Francese Rendez – Vous di Roma abbiamo intervistato il regista Lucas Belvaux, in Italia per presentare il suo ultimo lavoro, Chez nous, tagliente critica ai partiti nazionalisti che si è attirato in patria gli attacchi dei sostenitori della leader del Front National Marine Le Pen.
Com’è nata l’idea del film?
“L’idea è nata mentre stavo girando un altro film (Pas son genre – Sarà il mio tipo?), in una regione del nord della Francia e in quel momento c’era in corso una campagna elettorale e vedevamo i sondaggi che davano il Front National al 30/40% come favorito.
Le persone che incontravamo sul set erano persone normali, simpatiche, piacevoli, coraggiose, e il giorno in cui abbiamo lavorato con 200 comparse statisticamente tra queste persone c’erano tra le 60 e le 80 che votavano per il Front National ma non si vedeva, erano come me, come te e soprattutto come il personaggio del film che stavo girando. E un giorno mi sono chiesto: ma la protagonista di questa storia che mi piace così tanto per chi vota?
E per chi voterà dopo la fine del film, dopo la fine della storia con un filosofo? A quel punto mi sono detto che dovevo fare un film su questo: quindi possiamo dire che Pauline è la cugina di Jennifer, la protagonista di Pas son genere.”
A me sembra che il personaggio di Pauline simboleggi le masse popolari che si fidano di questi movimenti e poi vengono deluse e anche ferite.
“Sì, è così. Durante le ultime elezioni comunali in Francia il Front National ha ottenuto 1500 rappresentanti. Due anni dopo 400 di questi avevano dato le dimissioni, una cifra altissima che non si è mai vista nella storia della Francia. Ci si rende conto che si tratta di persone che in quel momento non volevano vedere, non volevano capire che il Front National fosse un partito di estrema destra, pensavano si trattasse di un partito di lavoratori, che non fossero antisemiti, fascisti e una volta che si sono trovati dentro, una volta che sono stati eletti si sono resi conto di quella che era la realtà.
Da 15 anni a questa parte il Front National ha strutturato una strategia marketing molto importante per cambiare la propria immagine e rinnovarsi, controllando i propri discorsi, facendo molta attenzione ai termini che venivano utilizzati. Ad esempio, nella campagna elettorale di Marine Le Pen non troviamo più scritto Le Pen, c’è solo il nome, Marine. Non c’è più l’abbreviazione FN, adesso si chiama Rassemblement Bleu Marine, come se fosse un altro partito e ha funzionato questa strategia perché oggi il 50% dei francesi pensa che il Front National non sia un partito di estrema destra.”
Quello che ho notato nel film è che la sinistra, che in un certo senso è rappresentata dal padre di Pauline, è ferma, non fa niente, non ha voce. È così anche nella realtà francese?
“Sta cambiando. Oggi una parte della sinistra, in particolare Jean-Luc Mélenchon, sta tornando con un discorso fondato su veri ideali di sinistra e funziona. Sono convinto che ci vorrà del tempo per ritrovare questi valori, non sono sicuro che funzionerà per queste elezioni presidenziali ma nel giro di qualche anno si potrebbe tornare a una vera e propria sinistra.”
Secondo lei come potranno andare le prossime elezioni?
“Penso che “lei” non abbia alcuna chance.”
Il personaggio di Agnès Dorgelle è chiaramente ispirato a Marine Le Pen e ha naturalmente attirato le critiche dei suoi sostenitori. Anche il suo staff ha commentato il film?
“Da quando il trailer è uscito su internet, quindi prima che vedessero il film, che ancora non era nemmeno finito, nelle ore seguenti, sono stati pubblicati cinque tweet decisivi da parte di alcuni vicinissimi a Le Pen che hanno dichiarato che si trattava di un film di propaganda e mi hanno paragonato a Goebbels! Questo fatto l’ha detta lunga su come funziona questo partito, qual è il suo modo di agire e di pensare.
Loro pensano che appena si parli di loro si stia parlando contro di loro, se si è contro di loro si è loro nemico quindi il nemico va distrutto. È stato anche un modo di “istruire” i militanti prima che vedessero il film su cosa avrebbero dovuto dire e pensare. Si sono così susseguiti centinaia di post su internet che riprendevano le stesse idee espresse nei tweet sopracitati. Un’altra cosa bizzarra è che la mattina stessa dell’uscita del film in Francia, alle nove del mattino, su un portale di cinema equivalente a IMDb sono stati creati 600 profili che hanno cominciato a mettere 0 voti al film ancora prima che venisse proiettato per la prima volta al pubblico la sera.”
Hanno quindi dato conferma di quello che lei racconta nel film.
“Nel film in ogni caso è tutto reale, anche i dettagli.”
La cosa preoccupante è che anche le nuove generazioni, i ragazzi si fanno portavoci di queste idee violente, come il ragazzino che nel film realizza video di propaganda. Si tratta di episodi isolati o si sta diffondendo veramente questa tendenza in Francia?
Sono dei casi un po’ isolati ma ce ne sono diversi. La maggioranza dei voti al Front National è dei giovani e poi ce ne sono sempre di più che diventano militanti di movimenti estremisti. Non parlo solo di ragazzi ma anche di ragazze e non parlo solo di operai, di quel tipo di classe sociale, ma anche di ragazzi che frequentano l’università. È veramente trasversale come fenomeno.
C’è una connotazione trasgressiva in questa scelta, e poi si tratta di generazioni post-ideologiche, ragazzi che sono nati dopo gli anni ’80 in periodi in cui la destra e la sinistra democratica erano portavoci più o meno delle stesse idee politiche e questo ha dato uno spazio gigantesco al discorso populista.
Lei ha notato se dopo i diversi attacchi terroristici in Francia persone anche di sinistra, con idee democratiche, hanno sviluppato questo tipo di pensiero estremista per paura, per disperazione?
“No, gli attentati non hanno avuto nessuna influenza. Si sono fatte condizionare di più le persone che hanno subito la crisi o la trasformazione sociale, che hanno perso il lavoro. Gli attentati non hanno giocato in favore dei partiti populisti. Poi ci sono stati dei fattori reali che hanno fatto in modo che questo non accadesse: per prima cosa dopo l’attentato a Charlie Hebdo Jean-Marie Le Pen ha dichiarato Io non sono Charlie io sono Carlo Martello, figura dell’800 che avviò una battaglia contro i musulmani, quindi una figura di estrema destra.
Il secondo elemento è stato che gli attentati del 13 novembre hanno avuto luogo in un quartiere di Parigi frequentato dalla classe borghese che è considerata il nemico dal Front National e allo stesso tempo quello dei jihadisti.”
Questo film può essere uno strumento di sensibilizzazione per le prossime elezioni?
“Forse non per queste imminenti perché è un po’ tardi. Non basta questo film, ce ne vorrebbero altri, ogni sfaccettatura della cultura deve contribuire: la letteratura, il teatro, la musica devono lottare per far capire qual è il vero ideale democratico, per contrastare questa estrema destra. Penso che da secoli, da Omero, è la cultura che è riuscita a cambiare il mondo più di quanto non abbia mai fatto la politica.”