Cannes 2017 – Dopo la guerra: recensione del film di Annarita Zambrano
Dopo la guerra affronta la tematica importante del terrorismo nostrano, seguendo gli effetti delle azioni di un uomo sulla sua famiglia. Ma a mancare è una valida tesi.
Dopo la guerra (Après la guerre) è il film d’esordio per la regia di Annarita Zambrano presentato nella Selezione Ufficiale Un Certain Regard di Cannes 2017, seconda opera italiana in concorso nella sezione, insieme a Fortunata di Sergio Castellitto. Un film che affronta un argomento importante, quello dell’impatto delle azioni dei terroristi rossi italiani sulle vite dei propri familiari, indirettamente condizionate da una ricerca di giustizia vista come concetto soggettivo, in cui seminare morte è lecito, se fatto in nome di un ideale di libertà.
Libertà che Marco (Giuseppe Battiston) rischia di perdere quando – a 20 anni di distanza dall’omicidio di un giudice, reo di aver condannato i suoi compagni combattenti – l’adozione della Dottrina Mitterand da parte della Francia, dove vive con la figlia, decreta la sua estradizione in Italia, al fine di scontare la pena prevista per il suo crimine.
Marco, però, non accetta il suo destino e – all’insegna del cheguevariano “o victoria o muerte” – decide di fuggire da Parigi prima per nascondersi in una zona rurale e poi per fuggire all’estero, noncurante dello sconvolgimento che tale decisione provoca nella figlia adolescente Viola, obbligata all’improvviso a lasciare tutto perché suo padre resti libero.
Nel frattempo, la sua famiglia italiana – complice la stampa che, in occasione del procedimento giuridico a carico di Marco, ne ha diffuso nuovamente foto e dati – subisce le minacce ed il disprezzo della comunità, che la addita come “la famiglia del terrorista”. Le conseguenze della discutibile espressione degli ideali dell’uomo finiranno così per provocare numerose reazioni a catena, alle quali risulterà indispensabile trovare una via d’uscita.
Dopo la guerra (Après la guerre): gli effetti collaterali di una guerra senza senso
Dopo la guerra (Après la guerre) affronta la delicata tematica dell’impatto delle proprie azioni sulla vita di chi ci circonda, chiamando in causa l’assurdità di una guerra condotta da sedicenti giusti che- tuttavia – per proteggere se stessi ed il futuro dei propri figli non hanno guardato in faccia quelli degli altri. Dilatando i tempi ed indugiando nel trovare una soluzione all’inesorabile vessazione subita dalla madre di Marco e dalla famiglia della sorella Anna (Barbara Bobulova), il film di Annarita Zambrano sembra voler sfruttare l’attenzione che un tema scottante come quello trattato inevitabilmente provoca, senza tuttavia giustificarne il ricorso, confezionando un film dalle risposte deboli e personali a domande enormi.
Lo stesso impatto devastante che la notizia dell’estradizione di Marco provoca nella sua famiglia, appare pretestuoso e poco credibile, essendo passati vent’anni da eventi dai quali la madre e la sorella si sono dissociate completamente, interrompendo ogni rapporto con l’uomo.
Dopo la guerra (Après la guerre): un tema difficile con un finale facile
Il risultato è una sensazione generale di forzatura, coronata da un “finale comodo” in cui è un disegno superiore a scegliere e giudicare, lasciando nelle mani dello spettatore la parte più ostica, ovvero la presa di posizione nei confronti di una soluzione che non può essere certo giudicata la migliore, pena la creazione di un vortice semantico in cui è proprio l’etica ad avere la peggio.
Dopo la guerra (Après la guerre), dopo il passaggio a Cannes 2017 e al Biografilm, verrà distribuito nelle sale italiane in autunno, grazie a I Wonder Pictures. Il film è prodotto da Mario Mazzarotto ed Emanuele Nespeca per Movimento Film; nel cast troviamo anche Charlotte Cétaire, Jean-Marc Barr, Fabrizio Ferracane, Elisabetta Piccolomini e Marilyne Canto.