Furiosa – A Mad Max Saga: recensione del film di George Miller visto a Cannes 2024

Il film con Anya Taylor-Joy e Chris Hemsworth è stato presentato fuori concorso alla 77ª edizione del Festival di Cannes

Furiosamente effettistico, furiosamente attrattivo; George Miller è tornato a regalarci visioni mozzafiato, che esaltano furenti il proprio fascino attraverso gli schermi colossali della 77ª edizione del Festival di Cannes, dove Furiosa: A Mad Max Saga – quinto capitolo del franchise ideato dal cineasta e prequel dell’ormai cult Mad Max: Fury Road – è stato presentato fuori concorso, in anteprima internazionale, alla presenza del regista accompagnato dal produttore Doug Mitchell (Happy Feet, Mad Max: Fury Road), da Tom Burke (Il progetto Lazarus), Chris Hemsworth e Anya Taylor-Joy, nei panni della giovane protagonista, interpretata nel precedente da Charlize Theron.

7 minuti di applausi hanno accolto la prima del nuovo colossal targato Miller presso il Grand Théâtre Lumière del Festival, suscitando la commozione dei protagonisti e encomiando l’unicità ed il valore di una saga che perfettamente risponde all’amletico quesito dei nostri tempi, riguardo alla natura e al senso del cinema come luogo – una saga meritevole della sconfinatezza dei grandi e grandissimi schermi.

Furiosa – A Mad Max Saga: le origini della furia

Anya Taylor Joy cinematographe.it

Le desertiche distese di un mondo alla deriva trovano pace solamente nel Luogo Verde delle Molte Madri, ove Furiosa cresce come abile e scaltra combattente e raccoglie i frutti di un luogo ameno, avulso da tutta la brutalità che lo circonda. Il contesto erroneamente parso idilliaco è però costretto subito ad affrontare la ferocia della banda motociclistica guidata dal Signore della Guerra Dementus (Chris Hemsworth), il quale costringe sotto la propria ala la giovane eroina, nonostante i propri tentativi di fuga e la forza di una madre sacrificatasi in suo nome.

Inizia così il viaggio di Furiosa, un percorso di formazione violento, sottomesso alla disumana efferatezza del furente Dementus e alla guerra da egli scatenate nei confronti di Immortan Joe e della sua cittadella. Si assiste alla trasformazione di lei, che assorbe dai potenti e pianifica un ritorno a casa che passi dalla vendetta e che la avvicini a quella Furiosa esperta e consumata dal suo passato, vista in Mad Max – Fury Road e, se nel precedente la tossica e violenta mascolinità era equilibrata dal Max Rockatansky di Tom Hardy, è qui la figura di Praetorian Jack (Tom Burke) a rappresentare quel barlume di speranza in grado di dare una nuova possibilità di rinascita a quella che la stessa Anya Taylor-Joy definisce “una Furiosa innamorata.

Il peso di quel che precede

Furiosa - A Mad Max Saga cinematographe.it

L’incredibile successo ottenuto dal precedente Mad Max: Fury Road, in grado di definirsi cult in pochissimi anni e di portare in auge una saga forse troppo sottovalutata fino a quel momento, poteva rappresentare un forte rischio per Miller ed un franchise che ha voluto rilanciarsi e ripartire da quel furore femmineo che con Charlize Theron aveva conquistato tutti. Il peso delle origini si avverte in maniera binaria, laddove la pellicola si configura come un perfetto continuum del precedente, ponendo le basi, ricontestualizzando ogni premessa in maniera definitiva e arrotondando la costruzione di un personaggio ora ancor più incastonato nella storia del cinema.

Leggi anche Mad Max: Fury Road è il miglior film degli ultimi 25 anni

Furiosa – A Mad Max Saga: valutazione e conclusione

Furiosa cinematographe.it

La distopia post-apocalittica ha un nome e un cognome: George Miller. Il regista australiano si conferma un talento della visione, un donatore di immagini immersive. Gli effetti speciali meritano un Oscar anticipato, le scenografie riprendono quella magnetica profusione desertica che ci avvolge in una tempesta sabbiosa, travolti dalla potenza sonora dei roboanti motori che imprimono il proprio passaggio sul terreno arido di un domani indicibilmente violento. La trama non sbava, si ricuce perfettamente al suo divenire, con la possibilità posta da Miller dell’arrivo di un ulteriore pezzo del puzzle nei prossimi anni.

Infine i due, anzi tre, volti che condiscono l’opera di una spietatezza espressiva all’altezza del suo passato: Burke è l’espressione di un’umanità sconosciuta, Hemsworth il volto di follia cruenta e Taylor-Joy la perfetta manifestazione dell’eroica volontà di rivalsa, in quello che lei stessa definisce “una monumentale opera rock filosofica“.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4.5
Sonoro - 4
Recitazione - 4
Emozione - 3.5

3.9