The Dark Mile: recensione del film horror-thriller di Gary Love
The Dark Mile è un horror-psicologico ambientato nelle Highlands che ha tutte le potenzialità per essere un buon film ma si perde in un cortocircuito di allucinazioni e non detto.
Presentato come una sintesi tra The Wicker Man (1973) e Un tranquillo week-end di paura (Deliverance, 1972), The Dark Mile di Gary Love ci viene presentato come un horror-thriller psicologico totalmente ambientato nelle Highlands. Il film è stato presentato in anteprima al Festival Internazionale del cinema di Edimburgo.
The Dark Mile è un horror-thriller psicologico ambientato nelle Highlands, che fa del paesaggio il suo personaggio più riuscito contribuendo a creare quel senso di oppressione che ci accompagna lungo tutto il film
Louise (Rebecca Calder) e Clare (Deirdre Mullins), coppia di giovani donne londinesi, alcuni mesi dopo il trauma di aver perso il figlio che Louise portava in grembo, decidono di concedersi una vacanza in barca nelle Highlands per immergersi completamente nella natura e ritrovare la serenità perduta. Se le due vengono accolte da un paesaggio idilliaco, non si può dire altrettanto per gli strani personaggi che popolano i luoghi lungo il Canale di Caledonia. Allo stesso tempo, le due donne continueranno a essere tormentate dai traumi e dagli sbagli del passato.
Il cielo terso, gli abiti pesanti anche in estate, il vento che sferza il volto, le sterminate foreste disabitate, sono questi elementi così caratteristici del paesaggio scozzese che abbracciano lo spettatore e fanno da cornice a una storia sì banale ma sufficientemente ben orchestrata da mantenere desta l’attenzione e alimentare quanto basta la tensione. In The Dark Mile il paesaggio si fa certamente personaggio contribuendo a creare quel senso di oppressione e di ostilità della natura stessa nei confronti dello straniero. Allo stesso modo, la piccola comunità scozzese che accoglie le due donne è chiusa e ostile nei confronti delle forestiere, alimentando quel senso di alienazione che le accompagna lungo il viaggio.
La narrazione è spesso intervallata da rapidi flashback in bianco e nero di sale operatorie, lapidi e giocattoli per bambini, cui si vanno presto ad aggiungere immagini di cervi e idoli pagani. Il sostrato occulto del film si fa mano a mano più evidente, mentre la presa di coscienza che nel luogo veniva adorata una divinità pagana della fertilità che rapiva i bambini appena nati comincia a insinuarsi nella mente di Louise peggiorando il suo stato mentale.
The Dark Mile è un film che crede troppo nel potere auto-esplicativo delle immagini e lascia lo spettatore con più dubbi che soddisfazioni
Con dialoghi ridotti al minimo, The Dark Mile punta tutto sui suoi personaggi disfunzionali che arrancano nella comunicazione e nella ricerca di un equilibrio. Se Louise, dopo la perdita del figlio, ha chiuso fuori dal suo dolore Clare, questa ha cercato le attenzioni di un collega per sopperire alla mancanza di amore da parte della compagna ferita. Dispiace però vedere utilizzato un tale espediente narrativo, più stereotipato che non funzionale alla trama. Se è vero che la scoperta del tradimento costituirà un nodo importante che aprirà allo scioglimento finale, si stenta però a raggiungere quell’apice di tensione che il film va costruendo con cura per tutta la sua durata.
The Dark Mile si presenta dunque come un progetto acerbo, le cui potenzialità si riescono sì a intuire ma che necessitano del tempo necessario per poter maturare. Giocando con una sceneggiatura abbastanza banale e con personaggi eccessivamente eccentrici per risultare credibili, il film si perde in un cortocircuito allucinatorio il cui più grande peccato è non dire poco per paura di dire troppo.