Torino Film Festival: secondo giorno
C’è stata grande attesa al Film Festival di Torino per il film di Woody Allen <Magic in the moonligth> con Coling Firth e Emma Stone. La realizzazione di questo film ha portato il regista nel sud della Francia, fra la Costa Azzurra e la Provenza. Una cornice rurale alla fine degli anni ’20 che ci presenta la bella società ancora spensierata e pronta a godersi la vita rodendosi al più per questioni di cuore o di arguto pettegolezzo. Non c’è davvero niente di nuovo in questo film, che rielabora lo spunto della magia e ne fa una storia sull’illusione: quella del protagonista, illusionista scettico e razionale Colin Firth; ancor di più quella di una medium, sospetta ciarlatana, ma dal sorriso che stende, interpretato da Emma Stone.
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Una scena di Magic in the Moonlight
Uno vuole smascherare l’altra, spinto dalle sue radicate convinzioni, convinto che Dio, la magia, magari anche l’amore a prima vista, non esistono, ma così è condannato a una vita di pessimismo e misantropia, impiegata a idolatrare Nietzsche e Hobbes limitando le interazioni con il resto del mondo alla mancata rassegnazione della mediocrità che lo circonda. L’amico, al singolare, serve a ricordare anche a lui quale genio artistico, di stile e classe lui sia. Tutto in questo film rispecchia il classico Allen. Altra grande attesa è stata la proiezione italiana <N-Capace> di Eleonora Danco, al suo primo lungometraggio.
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Una Scena di N-Capace
Il film gira tutto attorno alle tematiche classiche di sesso, scuola e religione. La protagonista si avventura in un viaggio esistenziale che da Terracina la conduce a Roma, spinta dalla negazione nella morte di sua madre. Lungo la strada incontra vari personaggi tra cui anziani, ragazzi ed è attratta dai loro volti, dai racconti di vita vissuta e dalle loro emozioni. Uno di questi anziani che incontra è suo padre, al quale propone le stesse domande che propone agli altri ma lasciando trasparire molta vita reale della Danco. E’ un film molto intimo e per alcuni tratti anche molto familiare che colpisce lo spettatore nel suo intimo, nell’io-bambino che tutti gli adulti nascondono.