Io non mi arrendo: chi è Roberto Mancini? La storia vera dell’ispettore a cui si ispira la fiction con Beppe Fiorello

Ecco chi è il poliziotto su cui si basa la miniserie Rai, Io non mi arrendo.

Giuseppe Fiorello è uno dei volti di punta delle fiction Rai. Nel corso degli anni, l’attore siciliano è stato protagonista di tante fiction basate su storie realmente accadute come nella miniserie del 2016 Io non mi arrendo. In quell’occasione ha interpretato Marco Giordano, un giovane ispettore di provincia che insieme ad un gruppo di collaboratori scopre il traffico di rifiuti tossici sversati nelle discariche abusive dall’avvocato Gaetano Russo con il lasciapassare di Don Antonio Pomarico. Ma chi è in realtà Marco Giordano? Scopriamolo subito!

La storia vera dietro la miniserie Io non mi arrendo

Io non mi arrendo; cinematographe.it

Beppe Fiorello in una scena di Io non mi arrendo

Il personaggio di Marco Giordano, in realtà, è basato su Roberto Mancini, il poliziotto della Criminalpol conosciuto per essere stato il primo poliziotto che con la sua squadra ha indagato sullo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossici nei territori della Campania, che sono stati definiti le terre dei fuochi.

Nato a Roma il 27 luglio 1960, ha frequentato il Liceo Ginnasio Statale Augusto della capitale dove ha collaborato con il collettivo studentesco di estrema sinistra. Per i suoi ideali politici viene soprannominato “il poliziotto comunista” o “il poliziotto con il Manifesto“. Dopo essersi diplomato, nel 1980 si arruola nella Polizia di Stato. Dal 1994, insieme alla sua squadra, comincia a svolgere delicate indagini sul clan dei Casalesi, fino a produrre una preziosa informativa che nel 1996 consegna alla direzione distrettuale antimafia di Napoli. L’indagine vede coinvolto l’avvocato Cipriano Chianese, principale intermediario tra le aziende e i Casalesi nello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi nelle discariche abusive tra Caserta e Napoli.

Il poliziotto eroe Roberto Mancini

Dopo diversi anni, durante i quali le indagini vengono ostacolate e lo stesso Mancini trasferito, il pubblico ministero Alessandro Milita, riapre le indagini, convocando Mancini a testimoniare nel processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere in Campania. Tra i principali imputati il “broker dei rifiuti”, ovvero l’avvocato Cipriano Chianese. Nel 2002, i medici gli diagnosticano un linfoma non-Hodgkin, probabilmente formatosi a causa del suo contatto ravvicinato con rifiuti tossici e radioattivi durante la sua attività investigativa. Il comitato di verifica del Ministero della Finanze gli riconobbe un indennizzo di 5.000 euro giudicati dallo stesso Roberto Mancini non sufficienti a coprire neanche le spese relative alle cure mediche.

Il 2 giugno 2010 è stato nominato Cavaliere al merito della Repubblica Italiana e gli è stata conferita la Medaglia d’oro al valore civile con la seguente motivazione “per l’essersi prodigato, nell’ambito della lotta alle ecomafie, con straordinario senso del dovere ed eccezionale professionalità nell’attività investigativa per l’individuazione, nel territorio campano, di siti inquinati da rifiuti tossici illecitamente smaltiti. L’abnegazione e l’incessante impegno profuso, per molti anni, nello svolgimento delle indagini gli causavano una grave patologia che ne determinava prematuramente la morte. Mirabile esempio di spirito di servizio e di elette virtù civiche, spinti fino all’estremo sacrificio“.

Roberto Mancini è morto a Perugia il 30 aprile 2014, lasciando moglie e figlia. Il suo funerale si tenne a Roma presso la basilica di San Lorenzo al Verano e vi parteciparono numerosi rappresentanti della Polizia di Stato e il parroco del rione Parco Verde di Caivano, don Maurizio Patriciello.