LFF16: La Masterclass di William Friedkin
In un Cinema Centrale di Lucca assediato dagli appassionati ha avuto luogo la masterclass del maestro William Friedkin, che la sera precedente era stato insignito del prestigioso premio alla carriera del Lucca Film Festival 2016. Il Maestro ha deliziato il pubblico presente in sala con alcuni irresistibili aneddoti della sua vita e della sua carriera, imbeccato dal giornalista Gabriele Rizza e dalla critica Daniela Catelli.
William Friedkin a LFF16: due ore di ricordi, curiosità e ironia con una leggenda vivente del cinema
“A me non interessano i problemi della produzione. L’unica cosa che conta è quello che si vede sullo schermo: alle persone o piace, o lo amano, o non piace o lo odiano.” Ha esordito William Friedkin, ribadendo l’importanza del prodotto finale a discapito dei travagli subiti per realizzarlo. Il regista ha dichiarato la grande importanza della realtà nel suo cinema e di quanto essa sia fondamentale per un certo tipo di film. Diversamente da com’era per Federico Fellini, che Friedkin ha citato come esempio di cinema onirico e immaginifico. Il Maestro si è soffermato in particolare sulla scena iniziale di 8½, definita da lui come una delle scene migliori su un tremendo tormento interiore che si cerca di superare, aggiungendo che il cinema è il lavoro dell’immaginazione e dei sogni.
William Friedkin si è poi soffermato sul suo film più celebre e discusso, cioè L’esorcista. Il cineasta ha affermato che fare questo film per lui è stato come produrre un documentario, perché è basato su una serie di diari di preti, medici, infermieri e pazienti coinvolti in un caso di possessione realmente avvenuto. “Quando ho fatto L’esorcista credevo al 100% nella realtà della storia: è un film che ho fatto come credente”, ha aggiunto il Maestro.
Tornando al discorso sulla tecnologia nel cinema già affrontato durante la premiazione del giorno precedente, William Friedkin ha detto che la tecnologia è il presente e il futuro del cinema, dichiarandosi estremamente favorevole all’utilizzo del digitale in quanto impedisce il processo di deterioramento tipico della pellicola. Secondo il Maestro, la tecnologia utilizzata durante le riprese non va a intaccare la storia o i personaggi del film, ma fa parte del processo produttivo, per cui utilizzare al giorno d’oggi la pellicola è una scelta scomoda e controproducente. Friedkin quindi non fa parte della cerchia dei registi nostalgici del 35mm, sui quali ha ironizzato dicendo che le coloro che preferiscono girare in pellicola anziché in digitale sono le stesse che preferiscono andare in giro con la carrozza con i cavalli invece che con l’automobile o la bicicletta. Nonostante il suo approccio moderno al cinema, il regista americano non è però un amante della cinematografia recente della sua nazione. William Friedkin infatti non è un grande amante dei cinecomic, che considera distanti dal suo modo di intendere la Settima Arte; preferisce quindi vedere o rivedere i grandi classici del passato.
A proposito del suo avvicinamento al mondo del cinema, William Friedkin ha rivelato che da bambino si sentiva intimidito dai grandi capolavori del passato di tutte le forme d’arte tranne che quella cinematografica, motivo che lo ha portato a intraprendere questa strada. Nel corso della sua vita, il Maestro ha però avuto modo di recuperare alcuni classici della Settima arte che non aveva avuto modo di apprezzare precedentemente. È stato allora che Friedkin ha potuto godere delle opere di Buster Keaton, che considera uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale e autore di alcune delle più grandi scene d’inseguimento mai girate, davanti alle quali, secondo lui, la celeberrima sequenza della corsa in auto ne Il braccio violento della legge scompare. Per questo motivo, il cineasta americano ha quindi confessato che se avesse visto prima le opere del re del cinema muto, probabilmente non avrebbe intrapreso questa strada.
William Friedkin considera il cinema la forma d’arte più collaborativa, perché, anche se il regista si prende le critiche e i riconoscimenti, un film è un lavoro di squadra che coinvolge professionisti di diversi settori e con differenti competenze. Secondo il Maestro, il regista è una figura equiparabile a quella del capitano di una nave.
A proposito del comparto sonoro di una pellicola, William Friedkin ritiene che la colonna sonora non debba dire allo spettatore come si deve sentire, anche perché è prodotta separatamente dalle immagini; nel corso della sua carriera, spesso il Maestro ha chiesto ai compositori che aveva ingaggiato di produrre la colonna sonora in base alle sue sensazioni sul film ancora prima che fosse girato. Friedkin ha anche svelato che il suono dell’immortale sequenza del collo girato di 360° della protagonista de L’esorcista è stato ottenuto con un vecchio portafoglio con al suo interno delle carte di credito che veniva contorto vicino al microfono, creando così quel sinistro rumore di ossa sgretolate.
William Friedkin si è poi concesso alle domande del pubblico, rivelando altri curiosi aneddoti della sua carriera, come quello che ha portato alla creazione del documentario Fritz Lang Interviewed by William Friedkin: sapendo che il regista tedesco viveva vicino a lui, il cineasta americano ha insistito nel volerlo incontrare, ottenendo dopo una diffidenza iniziale una serie di cinque incontri da un’ora l’uno, nei quali Fritz Lang ha svelato alcuni retroscena della propria esistenza come quello del suo incontro con il ministro della propaganda del Terzo Reich Joseph Goebbels. Il girato di questi incontri è rimasto a lungo nel garage di Friedkin, finché in occasione del conferimento di un premio alla sua carriera, il regista americano ha deciso di montare il materiale in suo possesso e regalare ai cinefili di tutto il mondo una chicca di inestimabile valore. William Friedkin ha anche confermato le voci secondo le quali era stato vicino alla regia della seconda stagione di True Detective, da lui rifiutata in quanto non stimolato a sufficienza dalla sceneggiatura; ha inoltre dichiarato il suo grande apprezzamento per David Lynch, che lo ha preceduto al Lucca Film Festival due anni fa. Dopo quasi due ore di chiacchierata, il Maestro si è congedato dal pubblico con un messaggio di speranza per il futuro del cinema: “Spero che un giorno la tecnologia torni a servire la trama e i personaggi”.