Netflix sospeso in Russia. Così il colosso dello streaming prende posizione
Il gigante dello streaming ha messo in atto altre attività come presa di posizione nel conflitto.
Non solo la sospensione: tutto quello che Netflix sta facendo contro la Russia
La notizia era nell’aria da alcuni giorni, ma ora è arrivata l’ufficialità: Netflix ha sospeso il proprio servizio in Russia come forma di protesta per l’attacco in Ucraina. La notizia non giunge nuova perché alcuni giorni fa lo stesso gigante dello streaming aveva annunciato la sospensione temporanea di tutti i progetti (in particolare, quattro serie televisive) che aveva in ballo con la Russia. Inoltre, Netflix aveva rifiutato di trasmettere attraverso il proprio servizio i venti canali della televisione di stato russa nonostante una legge lo richiedesse. Se con la sospensione non sarà possibile creare nuovi account in Russia, cosa succederà a chi invece ha già un abbonamento Netflix? A costoro sarà garantito il servizio fino al termine dell’abbonamento mensile in corso.
Netflix è approdato molto tardi in Russia, nel 2016, come joint venture con il National Media Group. Anche se il numero di abbonamenti non è alto, le quattro serie TV in lingua russa a cui stava lavorando indicano la volontà da parte di Netflix di espandersi anche a livello internazionale, come dimostrano del resto prodotti di successo come Lupin, Squid Game o La casa di carta, nati proprio con l’obiettivo di catturare il mercato francese, giapponese o spagnolo. Anche in Italia Netflix sta lentamente producendo e distribuendo serie TV originali, come Baby, Curon e Summertime.
Non sono le uniche mosse pensate da Netflix come forma di protesta, boicottaggio e presa di posizione contro la Russia. Ha infatti annunciato che il suo documentario del 2015 Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom (nominato agli Oscar come miglior documentario nel 2016) sarà disponibile gratuitamente anche su YouTube. Il documentario racconta la protesta della popolazione ucraina in seguito agli accordi presi dall’allora presidente Viktor Yanukovych, che invece di avvicinarsi all’Unione Europea aveva deciso di stringere ulteriormente i propri rapporti con la Russia. Le proteste avevano portato all’espulsione del presidente ucraino, dando a Vladimir Putin un pretesto per invadere la Crimea.