Non solo Avatar: 100 anni fa il primo film in 3D ti permetteva di scegliere il finale
Un secolo fa, il primo film in 3D della storia che ti permetteva di scegliere il tuo finale preferito, semplicemente strizzando un occhio.
Dopo il successo mondiale di James Cameron con Avatar, al cinema si è visto un boom di film realizzati in 3D (nella migliore delle ipotesi), o convertiti a tale formato (nella peggiore delle ipotesi). Negli ultimi dieci anni non c’è stato fine settimana che ha risparmiato i cinema con una première tridimensionale, meglio ancora se in IMAX. E la cosa divertente è che il 3D non è certo una cosa recente, dato che il primo film in 3D risale al 1922.
Il 3D non è stato esplorato solo prima della nascita del sonoro, ma prima che nascesse il cinema stesso. Il primo esperimento è del 1833, con l’animazione stroboscopica in qualcosa che veniva chiamato Fenachistoscopio. La tecnica si è evoluta, ma tutti i tentativi realizzati poco dopo l’invenzione del cinema sono caduti rapidamente in disuso, come un brevetto della fine degli anni Novanta dell’Ottocento che mostrava due film contemporaneamente, collegati tramite uno stereoscopio. Era così scomodo che non osarono nemmeno portarlo sul grande schermo.
Nel 1915 (più precisamente il 10 giugno) furono effettuate le prime prove davanti al pubblico di qualcosa che avrebbe finito per rivoluzionare il settore: lo schermo verde e rosso unito da vetri che avevano, su ciascun lato, un colore diverso. Tuttavia, dopo una proiezione a New York di tre cortometraggi di prova, non si seppe più nulla per anni… fino al 1922. E per sapere perché esistette questo primo tentativo, bisogna parlare di Harry K. Fairall, un cameraman nato nel 1882 che creò la Binocular Stereoscopic Film Company. Spoiler: ebbe fama e influenza, sì, ma l’avventura non andò molto bene.
Amore 3D con due finali: tragico e felice
Fairall ha lavorato molto duramente per creare film in 3D o, come li chiamava lui, “film binoculari”. Per fare questo ha creato l’illusione della tridimensionalità nel modo più classico e rustico possibile, cioè creando immagini di un colore per l’occhio sinistro e di un altro colore per il destro che lo spettatore, indossando occhiali bicolori, riesce poi a unire nella sua testa. E così, all’età di quarant’anni, Fairall pubblicò il suo primo film, convinto che sarebbe stato il leader dell’industria. Alla fine, sarebbe stato l’ultimo.
Il film si intitolava The Power of Love e fu presentato in anteprima al cinema all’Ambassador Hotel di Los Angeles il 27 settembre 1922. Fu co-diretto da Fairall e Nat G. Deverich, e questa grande première ha segnato anche il loro addio al settore. Tanto che, alla fine, la Binocular Stereoscopic Film Company divenne una normale fabbrica.
Per circa un’ora e un quarto, i fortunati telespettatori hanno potuto vedere la storia di María, una giovane donna il cui padre l’ha promessa sposa al ricco e malvagio Don Álvarez per risolvere i suoi problemi finanziari. Álvarez uccide il padre di María e incolpa Terry, ma tutto si risolve quando lei dimostra che il suo corteggiatore è un assassino e… il finale è a scelta.
Esatto. Tu, come spettatore, potevi decidere quale finale volevi vedere. Se volevi qualcosa di tragico, dovevi guardare solo attraverso la finestra di sinistra. Se ne volevi una felice, guardavi a destra. In questo modo prevalevi sull’altro colore e, nello stile di un primitivo “Scegli la tua avventura”, potevi concederti il piacere di decidere come finiva la storia.
Le recensioni furono molto positive, venne addirittura proiettato alla stampa una seconda volta al Rivoli Theatre di New York, ma subito sorsero dei problemi: come avrebbero potuto produrlo su larga scala? Il pubblico non capì appieno il sistema proposto da Fairall e, alla fine, il film cadde nel completo oblio e oggi si ritiene scomparso per sempre. L’anno successivo, Lewis J. Selznick (il padre di David, che in seguito avrebbe diretto Via col vento) acquistò i diritti del film per distribuirlo, senza però l’espediente 3D. Così, in 2D, ha cambiato nome in The Forbidden Lover, una versione che, tra l’altro, è considerata perduta tutt’oggi.
Il 3D, fino alla sua popolarità negli anni ’50 – quando anche Alfred Hitchcock fece i suoi primi passi nell’ambito – era più una curiosità da nota a piè di pagina che solamente alcuni consideravano il futuro dell’industria. Ad esempio, Louis Lumiére girò nel 1933 un remake in 3D del suo L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat.
Dopo essere stato per decenni un trucco utilizzato solo in film specifici come Spy Kids 3D, James Cameron è riuscito a realizzare ciò che Harry K. Fairall aveva solo sognato: trasformare le tre dimensioni nel presente della settima arte, almeno per qualche anno in cui tutti, Nintendo compresa, si prostrarono davanti alla potenza di un trucco iniziato quasi un secolo prima. Fairall, alla fine, aveva ragione.