Per Luca Guadagnino Challengers è una metafora sulla vita
Luca Guadagnino e il tennis come metafora della vita in Challengers, ma il successo è tutto merito di Zendaya!
Luca Guadagnino prima di realizzare Challengers non sapeva nulla di tennis. Una cosa di cui è però maestro è il saper raccontare il desiderio, come ci ha ampiamente dimostrato anche nei suoi precedenti lavori, come Melissa P. (2005) o Chiamami col tuo nome (2017), per il quale ha vinto l’Oscar alla migliore sceneggiatura non originale. Sotto il suo sguardo, il tennis diventa un mero pretesto per sezionare tre personaggi pieni di strati e segreti, alcuni confessabili e altri meno, e per esplorare le dinamiche di potere che si instaurano tra loro.
E, come in ogni triangolo amoroso, tutti finiscono per rimanere feriti. “Penso che i film siano in grado di trasmettere profondità quando c’è un’infrastruttura intelligente per farlo. In questo caso, c’è un’ingegneria brillante nella sceneggiatura di questa partita, che è la finale di un torneo, in cui si sfidano due personaggi il cui rapporto è rivelato nei 13 anni precedenti. Vediamo cosa è successo a loro e alle partite che hanno giocato, sia a loro che a lei, l’altra protagonista. Quindi per me non si trattava del tennis in sé, ma di questo come metafora delle complicazioni e destini inevitabili. Anche per i premi e gli imprevisti che puoi ottenere nella vita quando hai qualcuno davanti a te”, ha raccontato il regista durante un’intervista con il magazine Fotogramas.
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Nel film, Zendaya (reduce del successo senza precedenti di Dune – Parte Due) interpreta una futura stella del tennis la cui carriera viene bruscamente interrotta da un infortunio. Successivamente diventa la feroce allenatrice di suo marito, interpretato da Mike Faist (West Side Story). Il terzo in lizza è interpretato da Josh O’Connor (The Crown), ex migliore amico dell’uno ed ex fidanzato dell’altra. “Tutti loro, a causa di destini diversi nella vita, sono come repressi nella loro vita adulta. E quando la repressione viene instillata in qualcuno finisce per generare una lotta. In qualche modo sentono di dover domare quel sentimento di scintilla e di libertà che quando sei giovane pensi che durerà per sempre, e in realtà non è così. Quindi il conflitto ha a che fare con la ridefinizione del significato del possibile e dell’impossibile. Non è un film sull’inevitabilità della fine utopia giovanile, ma il contrario. Praticare l’utopia, ma dobbiamo rompere le barriere e i muri che abbiamo costruito e lanciarci nella vita.”
Tutto merito del potere di Zendaya
Una delle sorprese di questo film è vedere Zendaya interpretare una donna adulta, per la prima volta nella sua carriera. Inoltre, l’attrice funge anche da produttrice e, ciascuna delle sue apparizioni durante la promozione della pellicola, è diventata un evento orchestrato attorno ai suoi outfit a tema tennis. “È una stella impressionante, una di quelle da cui non puoi distogliere lo sguardo. Le sue performance ti permettono di vedere l’esperienza della vita. È tremendamente intelligente e ha un’enorme ambizione. Una sana ambizione, il desiderio di conoscere e comprendere le sfumature del comportamento umano. È stato incredibile vederla interpretare con enorme maturità un personaggio che va dai 18 ai 35 anni. Quando ho visto l’intero film mi sono reso conto che non riuscivo a staccare gli occhi da lei”, commenta Guadagnino.