Quella volta che Ruggero Deodato finì in carcere per il suo film più famoso: ecco cosa accadde
La realizzazione del film ebbe anche degli strascichi in tribunale.
Se tra i tuoi fan hai Quentin Tarantino, Eli Roth e Oliver Stone un contributo importante al mondo del cinema lo devi aver dato. Così è stato per Ruggero Deodato, morto nella giornata di ieri, giovedì 29 dicembre 2022, all’età di 83 anni. Originario di Potenza, ebbe una brillante carriera, iniziata da semplice comparsa prima dell’approdo alla regia e alla sceneggiatura.
Il caso Cannibal Holocaust
Dopo essersi messo alla prova nel genere poliziottesco, si dedicò all’horror, per l’esattezza al sottogenere cannibal. L’apice lo toccò con la cosiddetta Trilogia dei cannibali, di cui ci si ricorda soprattutto del secondo capitolo, Cannibal Holocaust. Tra le più contestate degli Anni 80, l’opera scosse la sensibilità di parecchi critici e provocò una serie di diatribe con la censura.
Le scene molto cruente inserite da Ruggero Deodato in Cannibal Holocaust fecero gridare allo scandalo. Che si tramutò in un’enorme pubblicità, richiamando il pubblico in massa, alla ricerca di emozioni forti. Non fu, però, tutto rose e fiori, anzi.
Il conto da pagare fu elevato, in quanto Deodato fu costretto ad apparire in tribunale per rispondere alle accuse. Le vere uccisioni di animali presenti nella pellicola scandalizzarono le relativi associazioni, che, sebbene non godessero dell’influenza attuale, seppero trovare argomenti abbastanza convincenti da avere la meglio.
A seguito del processo, Ruggero Deodato fu punito a quattro mesi di carcere con la condizionale, in via formale per offesa al buon costume e alla morale. In realtà, la pena dipese dalla violenza estrema, ma non solo. Il cineasta impose ai membri del cast una clausola nel contratto, che imponeva loro di fare perdere le proprie tracce per un anno, in modo da alimentare la curiosità.
La prima parte di Cannibal Holocaust mostrò anche le potenzialità dei mockumentary, prevedendo finti filmati amatoriali.