Saltburn: la spiegazione del film e del finale
Analizziamo il finale e alcune scene cruciali di Saltburn, il film disponibile su Prime Video.
Saltburn, disponibile su Prime Video, è un film strano, a tratti angosciante, talvolta prevedibile, ma in ogni caso estremamente godibile. Si lascia apprezzare per la composizione scenica, per il peculiare intreccio e per quei messaggi disseminati lungo il tragitto.
Emerald Fennell (già regista di Una donna promettente) ci porta nell’Inghilterra degli anni 2000, in un college frequentato perlopiù da figli di papà che non badano a spese e nel quale Ollie (magnificamente interpretato da Barry Keoghan) cerca di effettuare la sua scalata sociale. Presentato come un emarginato sociale che va avanti grazie alla borsa di studio e con pochi soldi in tasca, riesce grazie a qualche stratagemma per architettato a stringere amicizia con Felix (Jacob Elordi) il quale, a differenza sua, è ricco, desiderato da tutte le ragazze e riesce a ottenere tutto ciò che vuole.
Il processo che lo porterà a compiere il suo piano sarà lento e si svelerà soprattutto nelle battute finali del film, in un mix tenace e avvincente in cui il sesso si aggancia alla morte, alla sete di potere, alle bugie galoppanti. Insomma, Saltburn è un thriller davvero avvincente e mutevole, una pellicola che cambia sempre forma avendo cura di mantenere alta la tensione e l’attenzione e che ci svela il percorso contorto di un arrampicatore sociale.
L’ossessione per la vita degli altri e il formato di Saltburn
Tutto provvede, all’interno del secondo film da regista della Fennell, a farci comprendere l’ambiente in cui ci troviamo. Si percepisce una profonda ossessione per la vita altrui, soprattutto se quest’ultima è desiderabile e perfetta e se a rimarcarne quel senso di accoglienza provvede una fotografia dai toni caldi come una tazza di cioccolata nelle serate d’inverno (opera di Linus Sandgren) e un formato (in 4:3) che limita la visuale, dandoci quel senso di piccolo quadretto antico e catapultandoci in un contesto chiuso, opprimente, ma nella sua condizione limitata anche controllabile, fatto di confini apparentemente tangibili e rassicuranti.
Di fatto questa visione si riflette presso l’università di Oxford in cui studiano i due protagonisti e che è a suo modo fatta di pochi e dettagliati luoghi (la camera, il pub, il giardino esterno), ma anche e soprattutto presso la tenuta di Felix, che dà il titolo al film. Saltburn è a dir poco incantevole: un microcosmo in cui tutto scorre secondo una propria logica fatta di lusso, lentezza, apparenza. Un ambiente in cui chiunque può essere accolto, a patto che desti curiosità, che sia così diverso dal resto della famiglia Catton da apparire ai loro occhi come una scimmietta in un circo, ovvero un’attrazione che serva ad aggiungere futili argomenti di cui parlare.
Sono tanti coloro i quali vengono accolti dai Catton perché stanno attraversando periodi difficili, o presumibilmente tali, vedasi Farleigh (Archie Madekwe) e Pamela (Carey Mulligan), nonché lo stesso Oliver, che più di tutti subisce il fascino della casa, cercando di rimanervi con tutte le sue forze.
Già, la casa, rappresenta una sorta di buco nero: un’attrazione così forte da essere quasi fatale; la sua presenza è così ingombrante da assumere i tratti di un ulteriore personaggio. Le stanze immense, la piscina, il labirinto, la sala da pranzo, la biblioteca. Tutto è impeccabile, inarrivabile, impossibile da abitare in solitaria, eppure così desiderabile da volerlo avere tutto per sé, da non volerlo dividere proprio con nessuno.
Potremmo dire che il piano di Oliver si perfeziona proprio nel momento in cui entra a Saltburn. Se prima era attratto semplicemente da Felix e dal suo charme, valicato il cancello della tenuta prende consapevolezza del fatto che deve agire con una cautela e una bravura maggiore e che nulla deve essere lasciato al caso. Così tutti gli oggetti che fanno parte della dimora divengono personificazione di uno status sociale, divengono desiderabili perché rappresentano una vita completamente differente da quella che il personaggi interpretato da Barry Keoghan ha vissuto fino a quel momento e la nonchalance con cui Felix e il resto della famiglia Catton li spiattellano è sintomo di una loro abitudine consolidata, un benessere a cui non fanno più caso e che passa proprio dal fatto di possedere qualcosa di costoso, di unico, di inarrivabile.
Sfruttando la grammatica delle cose l’autrice dipinge la società consumistica in cui tutti noi siamo immersi e nella quale il possesso di oggetti costosi va a sostituire l’essenza stessa della vita, divenendo più importante della personalità di ognuno. Ciò che conta passa da ciò che si è in grado di possedere, poiché ciò che vale non è la bellezza interiore, lo spirito che muove il corpo, bensì l’involucro esterno, la qualità fatiscente dell’essere, quella che abbaglia, che si mostra desiderabilmente finta, lasciando trasudare all’esterno la copertina, nient’altro che la copertina. Così la realtà si scolla definitivamente dall’apparenza e il risultato è una voglia di inglobare un certo modus vivendi, inglobarlo non perché ci fa stare a nostro agio, non perché ci fa sentire più autentici, ma semplicemente perché rispecchia l’idea di desiderabilità che crocifigge la nostra era.
È dunque per questo che gli oggetti in Saltburn acquistano un potere che va oltre la loro spettacolarizzazione: possederli equivale ad apparire ricchi ed eccezionali e corrisponde altresì a essere eccitanti anche dal punto di vista sessuale. Non è un caso se Felix riesce a portarsi a letto tutte le ragazze che vuole senza sforzo alcuno, solo perché è ricco e bello e ciò basta ad averle ai suoi piedi.
Assecondando questa filosofia, l’oggetto del desiderio non si compone solo di abitazioni, suppellettili e vestiti, bensì raggiunge persino i corpi dei ricchi, il cui possedimento fisico equivale ad assimilare un po’ della loro personalità e del loro status symbol.
Saltburn e il significato dietro la scena della vasca e la sequenza del ciclo mestruale
In quest’ottica acquistano particolare enfasi due scene in particolare, ovvero quella della vasca e quella del ciclo mestruale.
Nel primo caso facciamo riferimento alla sequenza in cui Oliver sbircia Felix che si masturba dentro la vasca da bagno. Va premesso che in più di un’occasione Saltburn ci fa quasi credere che Oliver sia innamorato di Felix e che desideri avere un rapporto sessuale con lui, che voglia possederlo in maniera così carnale e irripetibile, ai limiti della venerazione, cosa che giustificherebbe quel gesto così raccapricciante ed erotico in cui lo vediamo leccare il buco di scarico della vasca da bagno, come a voler bere ciò che resta del liquido seminale di Felix (una scena che a tratti ricorda quella della pesca in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino).
Altra sequenza cruciale in Saltburn vede protagonisti Oliver e Venetia (Alison Oliver), la sorella di Felix. La ragazza ha diverse problematiche, perlopiù ignorate dai familiari, come la tendenza a lasciarsi usare dai ragazzi e l’abitudine a rimettere tutto ciò che ingerisce. Il modo in cui Oliver la fa sentire accolta è singolare e raccapricciante insieme: ha un rapporto orale con la ragazza nella parte esterna della tenuta, nonostante lei abbia il ciclo mestruale. Una scena a tratti vampiresca e che rimanda a un altro film alquanto noto per via della rappresentazione dei corpi, ovvero The Neon Demon di Nicolas Winding Refn.
In entrambi i casi a emergere è una specie di cannibalismo, una tentazione blasfema verso i fluidi corporei della famiglia Catton, che fungono da una sorta di Santo Graal, di bevanda di accesso a una dimensione diversa da quella in cui si trova Oliver, nonché mezzo di una trasformazione fisica, di un adeguamento corporale alla sostanza di cui sono fatti i ricchi.
Bere il liquido seminale e il sangue mestruale corrisponde a possedere i corpi dei Catton, a studiarli dall’interno e quindi a prendere adagio il loro posto.
Oliver è un parassita. Scopriremo che viene da una famiglia normalissima e che, a differenza di quanto dice, non ha nessuna situazione drammatica alle spalle, nessuna violenza o episodi di droga. Il suo unico scopo è diventare come il miglior rampollo dei Catton e, a differenza di quest’ultimi, ormai rammolliti dal lusso, disabituati alla fatica, Oliver sa che per ottenere ciò che vuole deve fare dei sacrifici e lavorare sodo; deve essere più scaltro di loro, deve cambiare la pelle che abita, svestire i panni della dignità, divenire appetibile, apparire vulnerabile e infiltrarsi nella dimora di quei ricchi a cui la vita ha dato tutto il superfluo di cui necessitano per sentirsi forti e al sicuro, per fingere di stare bene.
Oliver, a differenza loro, ha un metodo di sopravvivenza, una tecnica per impadronirsi del corpo della sua preda demolendola dall’interno, pezzo per pezzo, per poi eliminarla fisicamente.
Il piano di Oliver: eliminare i Catton uno per uno
Se la prima testa che salta è quella di Pamela, a venire eliminati sono man mano tutti coloro che potrebbero prendere il suo posto, a partire dai Catton stessi.
Le danze mortifere di Ollie iniziano proprio da Felix, il membro della famiglia che gli ha aperto le porte di casa, ma anche colui che ha smascherato la sua vera natura, rendendosi conto dell’inganno.
Il primo suicidio in Saltburn avviene la sera della festa di Oliver, quella che Felix decide di non annullare e all’indomani della quale porterebbe il protagonista lontano dal suo obiettivo. Se ciò non avviene è perché Felix muore per mano di Ollie, il quale versa qualcosa nella sua bottiglia di champagne, raggiungendolo nel labirinto di siepi, mentre mezzo ubriaco si accinge a godere di qualche momento intimo con una ragazza. La mattina seguente il corpo senza vita di Felix sarà trovato proprio lì e la reazione della famiglia darà vita a una delle scene più significative del film: Venetia e Farleigh non riescono a mantenere la compostezza a tavola, mentre i genitori – Lady Elspeth Catton (Rosamund Pike) e Sir James Catton (Richard E. Grant) – tentano di mantenere impeccabile la loro dignità fingendo che tutto vada bene e irritandosi dinnanzi all’atteggiamento dei due giovani.
È in questo frangente che Oliver accusa Farleigh di aver fornito a Felix una grande quantità di cocaina e causando così l’allontanamento definitivo del ragazzo.
Il passo successivo? Eliminare Venetia inscenando un il suo falso suicidio (la ragazza viene trovata morta dentro la vasca da bagno). A questo punto James, sconvolto per la morte dei figli, arriva addirittura a pagare Oliver affinché si allontani da casa sua e a quanto pare ciò avviene, ma intuiamo che in questo frangente il ragazzo lavora al fine di raggiungere il suo scopo, al punto che qualche tempo dopo lo vediamo incontrare in maniera apparentemente casuale Elspeth in un bar e da qui ritornare a Saltburn.
Provocata la morte anche di quest’ultima, adesso l’eredità è completamente nelle sue mani!
La scena della tomba
Facciamo però un passo indietro per esaminare un’altra scena cruciale di Saltburn, ovvero quella in cui Oliver ha praticamente un rapporto sessuale con la tomba di Felix. Il motivo che lo spinge a questo atto estremo consiste nella gioia di aver raggiunto il suo obiettivo, ovvero di aver preso il suo posto, di essersi messo nei panni dell’altro. Sorride con gusto mentre si accinge a godere nel luogo della morte, animato estremamente da tutti quei sentimenti che i Catton disconoscono: rabbia, amore, ambizione e dedizione; tutti sentimenti che adesso iniziano a dargli dei risultati e, mentre odia profondamente quella famiglia che gli ha aperto le porte, allo stesso tempo la ama, la ama al punto da sostituirsi a loro e l’eliminazione fisica di Felix è il primo tassello fondamentale del suo piano diabolico.
La spiegazione finale di Saltburn
Tornando al finale, il piano di Oliver viene svelato nelle battute finali di Saltburn, in cui la Fennell ci mostra alcuni dettagli cruciali delle sue azioni, facendoci capire gli snodi principali della trama e quindi sollevandoci da eventuali dubbi circa la natura di Oliver.
La scena più liberatoria e artisticamente godibile è forse quella finale: Oliver ha finalmente ottenuto ciò che vuole, la tenuta è nelle sue mani e può goderla appieno. Lo vediamo danzare completamente nudo sulle note di Murder on the Dancefloor di Sophie Ellis-Bextor, come se si stesse accingendo ad avere un rapporto sessuale con la casa. Dopotutto è proprio Saltburn la sua vera ossessione, sono le sue pareti, i suoi oggetti, l’idea che la dimora rappresenta. Saltburn è la sua musa, la sua preda, il suo punto d’arrivo.
Ci chiediamo quale sia e se ci sia un messaggio di fondo nel secondo film da regista di Emerald Fennell e giungiamo alla conclusione che esso consista in una feroce critica sociale, nell’idea di ambire a essere la fotocopia scalfita di qualcun altro che non è autentico, non è migliore, semplicemente è più desiderabile allo sguardo altrui. I personaggi che mette in mostra in Saltburn sono tutti a loro modo vuoti e persino il registro che usa cambia repentinamente, come se volesse sconvolgerci, come se volesse farci capire che non esiste un volto autentico, una chiave univoca; tutto muta adagiandosi su un bisogno effimero e vacuo.