Sam Mendes lapidario sulla settima arte: “l’epoca dei film al cinema sta morendo”
Il famoso regista inglese, in un'intervista per lo show Sunday With Laura Kuenssberg della Bbc, ha spiegato il suo triste punto di vista.
Sam Mendes è un nome che è difficile non conoscere, vista la sua incredibile carriera cinematografica che si è costruito nel corso del tempo. Il cineasta nativo di Reading, nella contea del Berkshire, ha debuttato sul grande schermo nel 1999 con American Beauty, che lo ha visto trionfare in ben 5 categorie agli Oscar, nello specifico Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista a Kevin Spacey, Miglior sceneggiatura originale e Miglior fotografia. Un lancio artistico decisamente altisonante che è stato però solo l’inizio di una vita cinematografica scoppiettante che lo ha visto dirigere altri titoli incredibili come Era mio padre (2002), Revolutionary Road (2008), Skyfall (2012), Spectre (2015) e molti altri ancora.
Sam Mendes ha esordito con l’affascinante American Beauty
Mentre attendiamo sul grande schermo l’ultimo titolo di Sam Mendes, ovvero Empire of Light, ecco che in un recente intervento per lo show Sunday With Laura Kuenssberg della Bbc (come riportato da ANSA), il film-maker si è lasciato andare a delle dichiarazioni molto avvilenti sull’esperienza cinematografica in sala. In altre parole ha spiegato che la grande epoca del cinema sta lentamente svanendo e che gran parte della sua produzione, probabilmente, se fosse uscita oggi, sarebbe finita direttamente in streaming. Di seguito le sue parole nel dettaglio.
Il ventesimo secolo, la grande epoca dei cinema, della grande forma di intrattenimento, quella di andare al cinema, sta morendo. Riguardo ai miei film credo che American Beauty, Revolutionary Road, American Life-Away We Go, oggi questi andrebbero tutti in streaming e ciò mi rende triste.
Sam Mendes ha poi aggiunto che ad ora i titoli con budget medio vanno direttamente in streaming senza passare sul grande schermo e che è un dato di fatto che i cineasti debbano accettare questa nuova forma di fruizione, visto che è inevitabile. Insomma, un ragionamento molto lucido che però suona come un triste e lapidario addio alla settima arte, perlomeno per come l’abbiamo sempre considerata.