Sergio Marchionne e la malattia che l’ha portato alla morte. Solo colpa di un incontenibile vizio?
Le ultime ore di Sergio Marchionne hanno fatto parecchio parlare di sé, riguardo alla malattia contro cui combatteva da un anno.
Secondo la tesi prevalente dietro alla prematura perdita di Sergio Marchionne ci sarebbe stato un suo conclamato vizio. Ma non mancano le voci contrastanti
Per la prima volta, Rai Documentari ha realizzato uno speciale su Sergio Marchionne, l’uomo che ha rivoluzionato l’azienda più importante d’Italia: la Fiat. Nato in Abruzzo ed emigrato in Canada, prese il comando della compagnia mentre versava sull’orlo del fallimento e, in tre anni, ne risanò il bilancio e dinanzi alla Grande Recessione mondiale adottò un’imprevedibile strategia offensiva, sfidando l’impossibile.
Le sue intuizioni imprenditoriali, il suo modus operandi hanno generato passioni, diviso i media, anticipato la politica e irritato parecchi osservatori. Ma anche le circostanze della sua morte si sono prestate a innumerevoli voci, in parte confermate e in parte smentite da chi gli è rimasto accanto fino alla fine. In questo articolo cercheremo di ricostruire le ultime ore di Sergio Marchionne, sulla base delle comunicazioni ufficiali e dalle opinioni espresse da autorevoli figure nel campo della medicina.
Dopo le indiscrezioni sulle sue condizioni di salute e il rocambolesco cambio alla guida di Fiat Chrysler, con le dimissioni-lampo di Alfredo Altavilla a seguito della nomina del collega Mike Manley, il 25 luglio 2018 Sergio Marchionne è morto all’ospedale di Zurigo, dove era entrato per una operazione. Tolta la compagna Manuela Battezzato, secondo il sito Dagospia sarebbe stato proprio Altavilla il primo a essere avvisato dal capo dirigente. Una settimana prima della sua ultima apparizione, il 26 giugno a Roma, per la consegna della Jeep all’Arma dei Carabinieri, l’uomo dei due mondi (così come lo chiamavano affettuosamente) gli confidò un presentimento: di “avere una cosa grave”.
Poi, tuttavia, la situazione è degenerata: ricoverato a Zurigo, nei primi giorni si era parlato di un intervento alla spalla, ma in tanti avevano ipotizzato che dietro il decesso ci fosse un tumore ai polmoni. A rinfocolare i sospetti la lettera pubblicata dal Corriere di Franco Grande Stevens, in cui l’ex avvocato degli Agnelli aveva rivelato che sarebbero state le sigarette a tradire Sergio Marchionne. Quando dalla tv di Londra apprese che era stato ricoverato – riporta il messaggio -, pensò all’epilogo peggiore. Perché conosceva la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo.
Il giorno della scomparsa fonti vicine alla famiglia avevano fatto trapelare che le cause fossero imputabili a “inattese e improvvise” conseguenze post-operatorie, che avrebbero scaturito un arresto cardiaco. Portato immediatamente in rianimazione, l’ex Chief Executive Officer non dipendeva dalle macchine (a differenza di quanto indicavano i rumor iniziali) ma, a distanza di qualche ora, un secondo arresto del cuore si è rivelato fatale.
Nel rispetto del segreto di riservatezza, l’ospedale di Zurigo si è limitato a puntualizzare in un comunicato che da oltre un anno Sergio Marchionne si recava, a cadenza regolare, presso la loro struttura al fine di curare una malattia grave. Nonostante il ricordo a ogni trattamento offerto dalla medicina più all’avanguardia, per lui non c’è stato nulla da fare.
Stando a Lettera43, all’ex numero di Fiat Chrysler (oggi fusa con PSA in Stellantis) era stato diagnosticato un sarcoma alla spalla, di carattere invasivo. I sarcomi sono tumori maligni del tessuto connettivi. Forti dolori alla spalla affliggevano da tempo Sergio Marchionne, al punto che aveva difficoltà a muovere il braccio e assumeva cortisone per cercare di attenuare il dolore, si legge nell’articolo. Un tipo di neoplasia che non deriva dal corrispettivo tumore benigno, bensì nasce già con le caratteristiche di elevata malignità, ha argomentato Melania Rizzoli, medico chirurgo esperto in oncologia.
Tale patologia, che attacca l’1% dei 1,5 milioni di diagnosi di cancro redatte annualmente, è subdola, poiché si può dapprima manifestare come una tumefazione simile a un livido. Si sviluppa in profondità nel corpo e quando il paziente lamenta dolori da compressione di un organo o di un nervo, o scopre perdite di sangue, è ormai troppo tardi, sicché il sarcoma cresce rapidamente, e presto dà segni della sua maligna presenza.
Dunque, a portare via Marchionne non sarebbe stato il fumo. Ma le complicazioni di un’operazione in sé parecchio complessa. Qualunque sia la verità, di lui ci si ricorderà soprattutto per le brillanti iniziative manageriali, decisive per la messa in salvo del marchio Fiat, caposaldo del Made in Italy.