Orange Is The New Black: recensione della quarta stagione

Dal 18 giugno Netflix ha pubblicato la quarta stagione di Orange Is The New Black. Per chi non la conoscesse, è ambientata in un carcere femminile americano, all’interno del quale esiste l’umanità più varia che sia possibile trovare.

Orange Is The New Black

Orange Is The New Black è sempre stata una serie emotivamente forte. Come è possibile immaginare, dovendo affrontare le storie – spesso tragiche, volontariamente stereotipate e sconvolgenti – delle carcerate è inevitabile che giochi sulla sensibilità del suo pubblico. Non tutte le ospiti del penitenziario hanno una storia triste. Alcune sono semplicemente criminali, ma altre sono solo vittime della società. Vittime di scelte sbagliate dettate da errori di gioventù e da contesti familiari e culturali chiusi attorno a loro, come un recinto. Nel corso della quarta stagione queste emozioni si sono, in qualche modo, amplificate. Mai come questa volta la serie si è occupata di ingiustizie e di diritti civili. Sono stati 13 episodi forti e difficili da digerire. Un climax di peso allo stomaco, fino al tragico, devastante, finale di stagione.

Avverto chiunque non avesse ancora visto la quarta stagione di Orange Is The New Black, che ci saranno diversi spoiler. Ritenetevi avvertiti, perché questo è il punto di non ritorno.

Orange Is The New Black 4: massima sicurezza, diritti civili e ingiustizie

La quarta stagione inizia esattamente dalla fine della terza: le detenute sono evase nel laghetto dietro alla prigione. Le guardie hanno disertato lasciando Caputo (Nick Sandow), nominato nuovo Direttore dell’istituto, a doversela sbrigare da solo. La situazione viene risolta dall’arrivo di alcune guardie dall’ala di massima sicurezza, evento che condiziona tutta la stagione.

I nuovi agenti, diretti dall’irreprensibile Piscatella (Brad William Henke), non perdonano nulla e, spesso, abusano del loro potere. Usano violenza fisica e psicologica nei confronti delle detenute, discriminandole in base alla razza. Calpestano i loro diritti con noncuranza e strafottenza. Spesso i limiti vengono superati come mai prima d’ora. Nelle scorse stagioni, le guardie, erano caricature. Persino il cattivo George Mendez – lo spacciatore/stupratore pornobaffo (Pablo Schreiber) – non era tanto pericoloso.

Orange Is The New Black Agenti

Nel corso della quarta stagione assistiamo ad una serie di terribili ingiustizie. Dalla detenzione della transgender Sophia Burset (Laverne Cox) in una cella di massima sicurezza “per la sua protezione”, alle discriminazioni razziali. Assistiamo alla storia della vita di Lolly Whitehill (Lori Petty), una schizofrenica complottista, colpevole di essere malata di mente. Vediamo il momento del suo arresto – dovuto, come ci hanno mostrato in molti altri casi, ad un malinteso – e assistiamo alla sua reclusione nell’ala psichiatrica. Scopriamo perché Crazy Eyes/Suzanne Warren (Uzo Aduba) è in carcere. Ci vengono mostrati, finalmente, nuovi dettagli della sua storia e ciò non fa altro che amplificare la tenerezza che lo spettatore prova nei suoi confronti.

In questa quarta stagione ci sono state mostrate, più che mai, le vittime del sistema. Coloro che, per motivi diversi, si ritrovano esclusi dalla collettività. E’ vero, Orange Is The New Black si è sempre occupato di queste cose, ma sembra quasi che l’ingiustizia sia stato il filo conduttore di tutta la stagione. L’obbiettivo è quello di far sentire lo spettatore parte di questa ingiustizia: gli occhi di Sophia che si spengono davanti all’ennesimo rifiuto della libertà o le pareti della sua cella ricoperte di sangue. Lolly che viene trascinata nel reparto psichiatrico, mentre urla “Mr Healy, non se ne vada“. Suzanne che viene piegata, fino a diventare apatica e pericolosa. E così via.

Orange Is The New Black Sophia

Orange Is The New Black 4: un finale sconvolgente

Chi guarda serie tv, è ormai abituato a dire addio ai suoi personaggi preferiti. In certi show la possibile morte dei protagonisti è, addirittura, il tratto distintivo. Fin’ora, Orange Is The New Black si era distinto da questa tendenza. Alcune morti di personaggi più o meno principali, erano avvenute comunque fuori dalle mura della prigione. L’unico altro caso era stata l’overdose di Tricia Miller (Madeline Brewer), ma ora si sono spinti molto oltre.

Nella penultima puntata “The Animals” le detenute, stanche dei soprusi delle guardie, mettono in atto una protesta pacifica salendo in piedi sui tavoli della mensa. La reazione delle guardie è quella di iniziare a farle scendere con la forza. Una guardia – Baxter Bayley (Alan Aisenberg) – afferra Suzanne, che dà di matto. Poussey (Samira Wiley) si precipita ad aiutarla, ma Bayley la ferma e la immobilizza a terra. Mentre l’agente continua ad affrontare Suzanne, non si rende conto che sta soffocando Poussey schiacciandola con la gamba. La uccide.

Orange Is The New Black Poussey

L’ultimo episodio è dedicato alla sofferenza per la sua morte. La rabbia e la tristezza delle detenute è alternata ad un flashback di Poussey: la miglior notte della sua vita. Si trova a New York e, dopo aver perso di vista i suoi amici, incontra gente strana, bizzarra e divertente e si ritrova a vivere una vera e propria avventura. La puntata “Toast Can’t Never Be Bread Again” va avanti così. Vediamo le sue amiche piangersi e disperarsi, ma poi vediamo lei che scorrazza per la città in compagnia di finti monaci buddisti. Quel sorriso un po’ storto, mentre guarda la cinepresa è uno degli addii più belli che un personaggio principale abbia mai dato ad una serie tv.

Orange Is The New Black 4: una rivolta in corso

La stagione termina con una vera e propria rivolta in corso. Le detenute, scatenate dalla morte di Poussey e scandalizzate dal trattamento che la poverina ha ricevuto, si sono ribellate. Marciano per i corridoi, furiose. Dopo una colluttazione con una guardia, Dayanara (Dascha Polanco) prende la sua pistola e la punta contro gli agenti. E’ un momento clou, di attesa. Daya non è stata molto presente in questa stagione, se non per una breve parentesi all’uscita di prigione della madre. Ora si ritrova in una situazione terribile. Non può più tornare indietro. Ha puntato la pistola e minaccia le guardie. Ma lo schermo diventa arancione.

E’ un finale interrotto, è vero, ma con maestria. La situazione rimane col fiato sospeso. Ci chiediamo come andrà a finire, ma sappiamo anche che gli scenari possibili non sono molti. In fondo ci troviamo in una prigione. La rivolta verrà repressa e Daya verrà pesantemente punita. Tra un anno intero, scopriremo quale sarà la soluzione e quali le conseguenze di questi eventi tanto importanti.
E’ stata una stagione forte e costellata da momenti difficili da mandar giù. Orange Is The New Black si conferma show di qualità e il suo prolungamento ad altre tre stagioni, non è mai stato più sensato.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Recitazione - 3.5
Fotografia - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 5

3.8

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