Suicide Squad: il regista spiega quali sono i problemi degli ultimi cinecomic
David Ayer non ha risparmiato nessuno, parlando sia della DC che della Marvel.
Suicide Squad, in pieno Snyderverse, è stato uno dei film che ha segnato la storia della DC, purtroppo non in modo positivo ma, in questo caso, il regista David Ayer (Fury, The Beekeeper) ha spiegato a più riprese di essere parte, a detta sua, di un sistema che lo ha eccessivamente penalizzato. Il film, in particolare, racconta l’omonima squadra di antieroi presenti nei fumetti DC, tra cui ricordiamo Deadshot, Harley Quinn, Rick Flag e molti altri, che si alleano, riuniti da Amanda Waller, per compiere una missione suicida appunto. In caso di successo, il team avrebbe salva la vita, in caso contrario sarebbero uccisi all’istante. Dei presupposti molto interessante che, secondo il film-maker, sono stati indeboliti da una versione molto ridotta rispetto all’idea originale dell’autore.
Suicide Squad non ha convinto per nulla il pubblico e la critica
Non è un caso che lo stesso Ayer, negli ultimi mesi, ha provato in tutti i modi a far rilasciare la sua versione di Suicide Squad, che purtroppo è stata boicottata dalla Warner Bros. con il regista che si è sentito molto ma molto tradito da questa scelta. Detto ciò, il cineasta è tornato recentemente al cinema con il suo nuovo action, The Beekeeper, e, in una recente intervista con Screen Rant proprio riguardo questo film, ha raccontato quali sono secondo lui i problemi dei film supereroistici sia della Marvel che della DC.
“Ehi, corri. … No, penso che sia come qualsiasi altra cosa. È carattere. È carattere, vero? Molti film di supereroi di questi tempi sono stati davvero scherzosi e davvero sciocchi, e penso che dobbiamo tornare alle origini dove si trattava sempre di storie su come aggiustare il mondo, sai. Si trattava sempre di storie di outsider che sono sempre stati rifiutati dalla società e che, nonostante tutto, hanno un buon cuore e cercano di sistemare le cose. Penso che ci sia una nuova straordinaria generazione di narratori, ci sono molti nuovi strumenti là fuori. E, in realtà, hanno solo bisogno del permesso per raccontare le loro storie.”
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