The Watchers, la figlia di Shyamalan si difende dalle accuse di nepotismo: “Cerco di onorare il privilegio”

L'arrivo nelle sale di The Watchers mette sotto i riflettori l'influenza della famiglia a Hollywood.

Il 9 agosto il regista M. Night Shyamalan rilascerà Trap, un film misterioso con protagonista Josh Hartnett e con canzoni ed esibizioni della figlia musicista Saleka Shyamalan. Un’altra delle sue figlie, Ishana, ha seguito le sue orme dietro la macchina da presa e ha appena pubblicato l’horror The Watchers, uscito nei cinema questa settimana per Warner Bros.

In un clima di creatività e collaborazione, la poliedrica famiglia affronta l’estate congratulandosi a vicenda per i risultati ottenuti, e ora, in una recente intervista al New York Times, le sorelle Shyamalan hanno parlato del fortunato momento in cui si sono fatte conoscere e della loro dinamica familiare. Secondo Saleka Shyamalan, la sua passione e fiducia nei confronti della musica scoraggiava suo padre: “Penso che una volta che ha visto che ne ero appassionata nello stesso modo in cui lui era appassionato di cinema, lo ha capito e ha detto, okay, sono con te, facciamo in modo che ciò accada. È un padre molto coinvolto. Penso che abbiamo sempre sperimentato insieme, fin da quando ero piccola”.

Il padre ha sempre attribuito molta importanza allo stare insieme e al perseguire i loro sogni, ma ora l’ambiente è sempre più ostile nei confronti dei cosiddetti “nepo baby”, ma ciò non ha rallentato la fame delle due donne per portare al pubblico le loro creazioni, secondo la regista di The Watchers Ishana Shyamalan, che parla dell’equilibrio tra la loro identità e la loro carriera: “Si tratta di essere all’altezza di quel privilegio e onorarlo con l’etica del lavoro più pura e dura possibile, essere la persona più brava possibile e spingersi fino agli standard più alti possibili.”

Parlando al New York Times, M. Night Shyamalan ha attribuito il suo coinvolgimento nel successo delle sue figlie al suo senso di tradizionalismo. “Siamo una classica famiglia di indiani asiatici, ma forse la differenza interessante è che, invece di indirizzarci verso la medicina, o l’ingegneria, o il diritto, ci indirizziamo verso le arti. Codificare un processo è la cosa difficile, perché in quei campi quei passi sono già predestinati e tracciati per te, mentre questo è amorfo come genitore, non vuoi mai che si facciano male. Quindi vederle raggiungere il limite e superarlo per questi progetti è stata dura”.