Varda by Agnès: in uscita il film testamento della regista Agnès Varda
In arrivo nei cinema l'ultimo film della regista francese Agnès Varda, intitolato Varda by Agnès, accompagnato da retrospettive di altri suoi film.
Varda by Agnès il film testamento della regista della New Wave francese Agnès Varda arriva al cinema accompagnato da una retrospettiva di altri suoi film tra i quali Cléo dalle 5 alle 7
Un anno fa , il 29 marzo 2019 ci lasciava Agnès Varda. La Cineteca di Bologna le rende omaggio portando dal 2 marzo, nelle sale italiane, il suo film testamento, Varda by Agnès, presentato al Festival di Berlino 2019, poche settimane prima della morte della regista. Per accompagnare l’uscita in sala di Varda by Agnès, la Cineteca di Bologna rende disponibili 4 dei film di Agnès Varda, tra cui Cléo dalle 5 alle 7 del 1962, considerato uno dei suoi capolavori. Tra gli altri titoli presenti ci sono Daguerréotypes, dove racconta la sua città, la Parigi degli ultimi anni ’70 concentrandosi sulla via dove aveva sede la sua casa di produzione: Rue Daguerre; Salut les cubains, un reportage da Cuba del 1963; Réponses de femmes, sull’universo femminile come risposta alle abituali domande sulla figura della donna. Dopo il film realizzato da Agnès Varda con l’artista JR, Visages Villages, la Cineteca di Bologna presenta, appunto, l’ultima opera di Agnès Varda: Varda by Agnès.
“Il progetto è quello di fornire le chiavi della mia opera. Il film si divide in due parti, una per secolo”, dichiarò Agnès Varda. “Il Ventesimo secolo va dal mio primo lungometraggio La Pointe courte nel 1954 all’ultimo del 1996, Cento e una notte. Nel mezzo ho girato documentari, film, lunghi e brevi. La seconda parte di Varda by Agnès inizia nel Ventunesimo secolo, quando le piccole cineprese digitali hanno cambiato il mio approccio al documentario, da Les Glaneurs et la glaneuse nel 2000 a Visages Villages diretto con JR. Ma in quel periodo ho creato soprattutto installazioni d’arte, i Triptyques atypiques, le Cabanes de Cinéma, e ho continuato a fare documentari, come Les Plages d’Agnès. Tra le due parti c’è un piccolo promemoria della mia prima vita di fotografa. Potremmo chiamarla lectio magistralis, ma non mi sento una maestra e non ho mai insegnato. Non mi piace l’idea. Non volevo farne una cosa noiosa. Così si svolge in un teatro pieno di gente, o in un giardino, e cerco di essere me stessa e di trasmettere l’energia o l’intenzione o il sentimento che voglio condividere. È quello che chiamo cine-scrittura, in cui le scelte partecipano a qualcosa che si chiama stile”.