1670: recensione della serie polacca Netflix
La recensione della serie storico-satirica made in Polonia interpretata dalla star Bartłomiej Topa, disponibile su Netflix dal 13 dicembre 2023.
L’industria audiovisiva polacca si sta dando sempre più da fare anche sul piano seriale, lo confermano i tanti show in procinto di approdare o già approdati nel catalogo di Netflix come 1670, rilasciato sulla piattaforma a stelle e strisce il 13 dicembre 2023. Si tratta della miniserie in 8 episodi (da 40 minuti circa cadauno), scritta da Jakub Rurzałło per la regia di Maciej Buchwald e Kordian Kądziela, che già sulla carta era apparsa come un prodotto assai bizzarro, piuttosto curioso e anomalo perché molto diverso da quelli realizzati nell’area geografica interessata. La serie in questione è infatti un period che mescola l’elemento storico con quello satirico, dando alla luce un qualcosa che da quelle parti in termini di caratteristiche genetiche esce non poco dal seminato. Il ché depone a favore dell’operato dei creatori e del risultato, al di là dei meriti e dei demeriti riscontrabili.
Una serie ambientata nel XVII secolo che non ha però nessuna ambizione di ricostruire la storia
Le lancette dell’orologio, come anticipato dal titolo, ci riportano nel XVII secolo, per la precisione al 1670, anno in cui sono ambientate le avventure e le disavventure di Jan Adamczewsky, un capo sarmata di una nobile e ricca famiglia di origini polacco lituane. Tutte le sue energie sono rivolte a diventare la persona più famosa della nazione mentre deve gestire scontri tra i contadini, le liti familiari e le problematiche quotidiane. E in tal senso il lavoro non gli manca visto che la moglie Zofia, la bellissima figlia Aniela e i due figli maschi, Stanislaw e Jakub, lo riempiono di preoccupazioni ogni giorno. Ed è come di volta in volta il protagonista proverà a porre rimedio agli incidenti diplomatici, dentro e fuori dalle mura domestiche, che si sviluppa la linea orizzontale di questa divertente serie fuori dagli schemi e senza peli sulla lingua che nonostante ci teletrasporti nel passato non ha però nessuna ambizione di ricostruire la storia attraverso un mix tra lo stile di Love and Death di Woody Allen, quello dei Monty Python, la satira di Sacha Baron Cohen (Il dittatore, Bruno e Borat) e la serie cult statunitense The Office.
Il personaggio principale non si ispira a nessuna figura realmente assistita
L’apertura di un sipario con la quale prende il via ogni episodio, i continui a parte con i quali i personaggi si rivolgono direttamente al pubblico, stanno proprio a indicare tale volontà di evadere dalla verità per abbracciare la teatralità e la messinscena. Motivo per cui non vale la pena spremersi le meningi per cercare assonanze con eventi realmente accaduti o figure realmente esistite, a cominciare da quella di Jan Adamczewski interpretata con discreta efficacia e brio dalla star polacca Bartłomiej Topa, che ha dato corpo e voce a un padre e marito amorevole, ma allo stesso tempo a uno stereotipato imprenditore malvagio, invidioso, spaventato e geloso, la cui meschinità non si adatterebbe a nessun ritratto del passato.
I creatori hanno provato a incorporare i problemi contemporanei nelle realtà della nobiltà polacca del XVII secolo
Il protagonista è dunque fittizio, creato ad hoc senza nessun fondamento storico alla base. Il ché lo ha messo nelle condizioni di sparare a salve su tutto e tutti senza preoccupazioni. L’arma della satira utilizzata da lui e da chi lo ha creato con ritmo e grande agilità si serve di battute politicamente scorrette, humour nero, doppi sensi e allusioni. Ma dietro i costumi e i modi di un’epoca così distante c’è neanche troppo velata la volontà di ridere e mettere alla berlina la Polonia attuale. Lo fa con una comicità che offre alla platea di turno un intrattenimento a buon mercato e una serie frecciatine, alcune delle quali colgono nel segno e altre no. Quando 1670 scherza con il fuoco e cambia tono andando a toccare tematiche più serie e sensibili come l’emancipazione femminile, i diritti delle donne e il cambiamento climatico attraverso i siparietti di Aniela, allora lo show vanifica quanto di buono fatto sull’altro fronte. I creatori hanno provato a incorporare i problemi contemporanei nelle realtà della nobiltà polacca, presentandoli in una convenzione comica, ma questo tentativo non va purtroppo sempre a segno.
1670: valutazione e conclusione
Un serie satirico-storica ambientata nel XVII secolo per ridere e mettere alla berlina la Polonia di oggi. È questo il tentativo che Jakub Rurzałło ha voluto portare avanti con 1670, uno show che diverte e funziona solo quando percorre i binari della commedia. Quando li abbandona per toccare temi più seri e complessi invece sbanda pericolosamente. Il risultato soffre questi squilibri dal punto di vista narrativo e drammaturgico, ma la confezione e le performance attoriali, a cominciare da quella di Bartłomiej Topa nei panni del protagonista, tengono a galla il tutto.