Addio alla Terra: recensione della serie sudcoreana Netflix
Un gigantesco asteroide minaccia di distruggere la Terra nel k-drama post-apocalittico tratto dal romanzo di Kōtarō Isaka. Dal 26 aprile 2024 su Netflix.
La serialità sudcoreana è ormai una presenza costante nel palinsesto delle piattaforme, in particolare di Netflix che ogni mese propone ai suoi abbonati uno o più show appartenenti ai generi e filoni più disparati. Molto gettonata in tal senso è la fantascienza nelle sue diverse espressioni e declinazioni tra cui quella distopica, che vede il nostro bistrattato e malconcio pianeta fare da cornice alle storie di turno. Se riavvolgiamo il nastro sono recenti infatti i rilasci da parte del broadcaster di serie con caratteristiche analoghe come Badland Hunters, Black Knight e Sweet Home, tanto per citare qualche titolo. Il 26 aprile 2024 è toccato invece ad Addio alla Terra, adattamento del romanzo The Fool At the End of the World dello scrittore giapponese Kōtarō Isaka, sbarcare sulla piattaforma a stelle e strisce.
La durata complessiva di Addio alla Terra, con una timeline monstre che va a sfiorare le dodici ore, è a conti fatti lo scoglio più difficile da superare per portare a compimento la visione
L’arduo compito di sviluppare questo k-drama post-apocalittico in 12 episodi da 60 minuti circa cadauno è caduto tutto sulle spalle di Jung Sung-joo, che a sua volta ha poi consegnato al connazionale Kim Jin-min che l’ha diretta le migliaia di pagine che vanno a comporre il corposissimo script. C’è da dire a tal proposito che la capacità di sintesi non è mai stata una delle doti principali degli sceneggiatori sudcoreani e anche in questo caso l’autore si è fatto sfuggire decisamente di mano la situazione. La durata complessiva della serie con una timeline che va a sfiorare le dodici ore è alla fine lo scoglio più difficile da superare per portare a compimento una visione che per moltissimi, anche per gli spettatori allenati come noi, potrebbe tramutarsi in un autentico supplizio. Il fatto che Addio alla Terra, a differenza di altri prodotti audiovisivi provenienti della medesima area geografica, non sia rientrato immediatamente nella top ten dei titoli più visti nella settimana di uscita dice molto. La durata monstre e il plot avranno sicuramente spaventato e scoraggiato anche i più temerari, fungendo a disincentivo.
Addio alla Terra è un k-drama post-apocalittico in cui un gigantesco asteroide minaccia il pianeta e la razza umana
Per raccontare cosa accade all’umanità quando scopre di avere solo duecento giorni di tempo prima che un asteroide entri in rotta di collisione con l’atmosfera terrestre decretando la fine del mondo, lo showrunner ha avuto bisogno di un numero spropositato di capitoli e per quanto ci riguarda eccessivo rispetto alle reali esigenze narrative e drammaturgiche della vicenda. Quest’ultima tra l’altro non si dirama su larga scala, bensì rimane circoscritto alla prospettiva di tre personaggi chiave: Se-kyung (Ahn Eun-jin), un’insegnante di scuola media che lotta con tutte le sue forze per proteggere i bambini che sono diventati bersagli di crimini; Sung-jae (Jeon Seong-woo), un prete che offre conforto alla sua comunità scossa; e In-a (Kim Yoon-hye), un comandante di battaglione che lavora instancabilmente per mantenere la pace e proteggere le persone durante questi tempi difficili. Motivo per cui non siamo al cospetto di un racconto corale, ciononostante il minutaggio sale e si accumula lo stesso perdendosi inspiegabilmente tra futili divagazioni e superflue parentesi che appesantiscono la fruizione, rendendola a più riprese soporifera. Se non fosse per i momenti dinamici e più concitati legati agli scontri armati tra le fazioni in campo (chi crede all’imminente catastrofe e gli scettici, i carcerati che nel frattempo sono evasi dalle prigioni e l’esercito che prova a mantenere l’ordine con la corte marziale) che smuovono ciclicamente le acque scuotendo lo spettatore dal torpore, si farebbe davvero fatica a giungere a un epilogo annunciato quanto scontato. Insomma è come se qualcuno in un momento di raptus o di trip creativo decidesse di mescolare L’ordine del tempo e Don’t Look Up con disaster movie quali Deep Impact e Armageddon per vedere l’effetto che fa.
Il problema di fondo sta nel continuo girare a vuoto, nell’incapacità di arrivare al punto e di cambiare marcia quando è il motore del racconto a chiederlo insistentemente
Il problema di fondo sta dunque nel continuo girare a vuoto, nell’incapacità di arrivare al punto e di cambiare marcia quando è il motore del racconto a chiederlo insistentemente. Si preferisce invece indugiare su situazione e dinamiche fotocopia che si ripetono e ripetono all’infinito nel corso degli episodi. Questo purtroppo è il punto debole che finisce con l’incidere negativamente sull’operazione nel suo complesso. Eppure il potenziale per fare bene e di più c’erano tutto, a cominciare dalla materia prima di partenza, ossia le pagine del bestseller di Isaka che per chi non lo conoscesse è anche l’autore di altri testi che sono approdati sul piccolo e grande schermo: da Fish Story di Yoshihiro Nakamura a Golden Slumber di Noh Dong-seong, passando per Grasshopper di Tomoyuki Takimoto e Bullet Train di David Leitch. Questo per sottolineare quanto cinematografico sia il modo di concepire e finalizzare la scrittura da parte dell’artista nipponico. Caratteristica che si può ritrovare pure nell’opera letteraria che c’è alla base di Addio alla Terra. Eppure il collega Kim Jin-min non ha saputo farla sua al punto da metterla al servizio della trasposizione. A impedire che la fruizione diventi un’odissea per coloro che hanno deciso stoicamente di portarla a termine ci provano Kim Jin-min e il cast a disposizione. Quest’ultimo schiera interpreti di sostanza e talento capitanati da un’intensa Ahn Eun-jin per tentare con delle performance emotive di coinvolgere il pubblico, mentre il regista dal canto suo mette in campo tutte le indubbie qualità tecniche precedentemente espresse in Extracurricular o My Name per attutire il colpo e dinamizzare ove possibile la timeline (vedi le scene di guerriglia che animano l’episodio inaugurale). Peccato che gli sforzi seppur nobili profusi in questa direzione restano suo e nostro malgrado fini a se stessi.
Addio alla Terra: valutazione e conclusione
Non tutte le ciambelle sudcoreane vengono con il buco e l’adattamento seriale del romanzo The Fool At the End of the World di Kōtarō Isaka è la riprova. Lo showrunner Jung Sung-joo depotenzializza e stressa l’ottimo materiale letterario di partenza messo a disposizione dall’autorevole scrittore giapponese trasformando la linea orizzontale del racconto e la timeline che ne scaturisce in un’odissea per sé e per tutti coloro che decidono di avventurarsi nelle dodici infinite ore di visione. Tra giri a vuoto, situazioni e dinamiche fotocopia, futili digressioni e un ritmo generale altalenante, la fruizione si appesantisce al punto da diventare soporifera. A poco servono gli sforzi del regista Kim Jin-min di smuovere le acque ove possibile con scene più dinamiche e spettacolari, così come quelli del cast capitanato dalla brava Ahn Eun-jin nell’alzare e abbassare la temperatura emotiva per provare a coinvolgere lo spettatore. Su Addio alla Terra pesa una zavorra legata alla scrittura che impedisce alla serie nel suo complesso di restare a galla sulla linea della sufficienza.