Adorazione: recensione della serie TV Netflix
Adorazione, dal 20 novembre 2024 su Netflix, è la young adult che, rispetto all'opera di riferimento si fa più thriller e racconto mistery.
Amicizia, amore, famiglia, futuro. Gli adolescenti vivono tutto a pieno, con rabbia, gioia, rassegnazione, dolore. Elena (Alice Lupparelli) e Vanessa (Noemi Magagnini) sono amiche da sempre, amiche per la pelle, l’una l’opposto dell’altra, l’una lo specchio dell’altra. Si vogliono bene profondamente, come se fossero l’una il proseguimento dell’altra, come se l’una avesse ciò di cui l’altra è mancante. L’Agro Pontino, nel cuore della provincia, Roma sembra il sogno, e la scuola è finita da poco. Sono Elena e Vanessa in un certo senso le protagoniste di Adorazione, la serie composta da sei episodi, presentata ad Alice nella città alla Festa del cinema di Roma, ispirata dall’omonimo libro, finalista al premio Strega 2021 e, di Alice Urciuolo (Skam Italia, Prisma) e adattata da Donatella Diamanti insieme ad un team di autori e diretta da Stefano Mordini, disponibile su Netflix dal 20 novembre 2024. Elena e Vanessa sono giovanissime, sognano e si tengono per mano, hanno un rapporto viscerale, eppure qualcosa tra le maglie del silenzio e del nascosto sta accadendo. Quanto e cosa teniamo celato a chi amiamo? Perché temiamo tanto il giudizio? Elena ha un segreto, forse più di uno, e proprio per questo magma complesso e difficile da maneggiare sparisce, nel nulla, proprio nel giorno del compleanno di Vanessa. Dove è andata a finire? Lei è fuggita da sola o con qualcuno?
Adorazione: due amiche e una provincia
La sparizione di Elena è il casus belli della storia. Lei è la ribelle, la strana, colei che si dibatte tra una cosa e l’altra, che ruba un paio di orecchini per dividerlo con l’amica in modo da sancire, ancora una volta, il loro rapporto, che si veste come vuole, che viene bocciata e si lascia scivolare, almeno all’apparenza, il fallimento perché è più impegnata a vivere. C’è qualcosa che spinge e sospinge Elena, una forza sovraumana per tutti, o forse si tratta di un dolore, di una paura che la mangia e la scava dal di dentro.
Nel polo narrativo opposto, c’è Vanessa, bella, incanalata nel mondo e nella vita da una madre che sa, ha deciso cosa sia meglio per lei. La ragazza ha un fidanzato, voti alti a scuola, è una figlia perfetta, ma è questo ciò che lei vuole davvero? Lei è veramente una pallida immaginetta infarcita di tutti i cliché possibili e immaginabili o ha molto da mostrare?
Elena e Vanessa sono l’una completamento dell’altra, l’una ha ciò che l’altra vorrebbe, per questo quando la prima scompare la seconda si perde e si disperde, ha solo un bisogno e uno scopo: ritrovare l’amica. Vanessa pensa, ripensa, ricorda quel giorno (flashback) e si chiede come sia possibile che l’altra l’abbia lasciata sola, in quel luogo che aveva valore anche e forse soprattutto in sua funzione. Va alla ricerca di piccoli indizi, parla con chi potrebbe sapere qualcosa, gli amici, il ragazzo di lei, chi l’amava e chi l’odiava, si appoggia a Chiara (Barbara Chichiarelli), zia di una sua amica, Melissa, e poliziotta che si occuperà della scomparsa di Elena.
Vanessa capisce che ciascun amico o amica ha un legame segreto con Elena e forse ha a che fare con la sua misteriosa sparizione. Sarà l’inizio di un viaggio che, tra sospetti e rivelazioni, porterà ognuno dei ragazzi a fare i conti con verità nascoste e si fa anche educazione sentimentale e conoscenza/scoperta di sé.
A fare da sfondo a rapporti, sparizioni e vita che scivola tra le mani, e ad essere centro, c’è la provincia, elemento che era già in Prisma, l’Agro Pontino, è un luogo da cui non ci si riesce a liberare, si vuole fuggire da essa, è gabbia soffocante, ma è anche rifugio, casa in cui ci si sente protetti perché tutto è alla propria altezza e misura. Fa eco qui, nella paura dell’ignoto – di ciò che sta al di fuori della propria provincia -, una delle frasi più importanti del romanzo: “si è sempre la provincia di qualcun altro”, insomma si è sempre messi alla prova, si va incontro, da stranieri, ad un altro “luogo” da conoscere
Adorazione: le “madri” e il distacco tra mondo degli adulti e la Gen Z
Come tutte le serie young adult, è presente il rapporto tra giovani e adulti, che diventa dinamica su cui si poggia in parte la narrazione. Qui emergono le tre figure materne o che assurgono a tale ruolo: c’è la madre di Vanessa che sa cosa è meglio per la figlia, perché lei è un diamante e deve avere una vita espressione di ciò, c’è quella di Diana (Penelope Raggi), madre anch’essa perfetta (una sorprendente Noemi che dà profondità al suo personaggio), che gestisce un ristorante e che cerca di rendere responsabile e di spronare la figlia a fare, infine c’è la zia di Melissa, Chiara, forte, determinata che deve vestire un ruolo che potrebbe non competerle in toto, non essendo genitore della ragazza, eppure cerca di indirizzarla e di esserci proteggendola e riprendendola. Sono tre figure importanti che parano i colpi e che colpiscono loro volta, non capiscono, non sanno ascoltare e credono di avere la verità in mano. Il mantra di questi ragazzi figli della provincia, è “non mi capisci”, “non mi stai ascoltando” ed è vero, reale, perché spesso gli adulti non ricordano che figli sono stati.
I genitori giudicano, criticano non solo i propri figli ma anche i loro amici, pensano di sapere cosa sia meglio per tutti. Quando Elena svanisce nel nulla, vogliono, in realtà soprattutto la madre, che Vanessa torni alla vita di prima, gli adulti analizzano sotto una crudele e cinica lente d’ingrandimento l’esistenza di una ragazza che non si trova più (con chi se ne è andata, dove è andata, dando anche giudizi morali). Spesso però loro sono altrettanto fallaci, immaturi, incapaci di prendersi le proprie responsabilità.
Adorazione: mascolinità e società che decidono
Ci sono poi i ragazzi, gli amici di Elena e Vanessa, maschi figli di una cultura machista, maschilista e patriarcale. Si tratta di uomini spesso viscidi, che vogliono esserci nella vita della donna perché devono controllare, proteggere, insomma salvare la principessa perché non può farlo da sola. L’adorazione del titolo spesso può diventare qualcosa di totalizzante. Basta poco per uscire dal seminato e a farla diventare pura e semplice ossessione malata e disturbante, mostrando il substrato tossico in controluce e anche non in controluce. Adorazione mostra anche le storture di una società che sa essere giudicante, limitante, intrisa di tristi cliché, ancora infarcita di idee classiste e sessiste. A testimonianza di ciò, quasi ogni personaggio di questa serie ha una relazione poco sana, verso qualcosa o qualcuno, l’atto di venerazione, significato etimologico di adorazione, ha in sé un che di storto, errato, mettere sul piedistallo una persona vuol dire sì esaltarla ma anche contemporaneamente impedirle di muoversi, costringendola ad essere figura piatta, priva di profondità e tridimensionalità. Controllo e protezione, queste sono le parole che fanno parte del vocabolario della società di cui fa parte questo gruppo, ma c’è un momento in cui tutto ciò diventa troppo? Non adorazione ma ossessione?
Adorazione: valutazione e conclusione
Adorazione è una serie young adult che rispetto all’opera di riferimento si fa più thriller e racconto mistery. Se l’opera di Urciuolo è una narrazione del passato, invece la serie si concentra sul presente. Porta al centro un tema importante, il femminile e il rapporto che le donne hanno con gli altri, le aspettativi che pesano su di loro; la sparizione di Elena apre una voragine perché di situazioni così sono pieni i giornali. Adorazione segue le indagini attraverso i personaggi e si inizia così a conoscere anche gli altri, chi ruota intorno a Elena e a Vanessa, con un’atmosfera misteriosa e, a tratti, ansiogena, si scoperchia un vaso di Pandora da cui è difficile salvarsi perché quando scompare una ragazza spesso il dolore è pronto a esplodere. La serie è un prodotto che riesce a colpire chi guarda e non lo lascia in pace fino a quando il mistero si scioglie.