Altro che caffè: recensione della serie Netflix sulla cannabis
Recensione di Altro che caffè, una sorprendente serie francese che tratta in maniera ironica, ma intelligente l'argomento della cannabis.
Altro che caffè (Family Business) è una serie televisiva francese del 2019 di genere commedia creata e diretta da Igor Gotesman, conosciuto per aver scritto e diretto Five nel 2016 e aver collaborato nello stesso anno alla sceneggiatura di Famiglia all’improvviso – Istruzioni non incluse. La serie ha come protagonisti Gérard Darmon, Jonathan Cohen, Julia Piaton e Liliane Rovère, è disponibile sul catalogo Netflix dal 28 giugno 2019 ed è composta da 6 episodi dalla durata di circa mezzora l’uno.
Altro che caffè racconta una storia surreale tra cannabis e tradizioni ebraiche
La storia è ambientata nel quartiere storico Le Marais di Parigi, dove Gerard cerca di portare avanti la macelleria kosher (che rispetta dunque i precetti alimentari ebraici) di famiglia dopo la scomparsa della moglie. Vorrebbe cedere l’attività al figlio Joseph, che fino ad allora ha vissuto d’espedienti, ma questo non ne vuole sapere, sino a quando scopre tramite una vecchia conoscenza delle scuole che il futuro ministro della Sanità francese intende legalizzare la marijuana. A quel punto il piano di Joseph è chiaro: trasformare assieme al suo amico Olivier la macelleria nel primo coffee shop di Parigi. In attesa della sperata legalizzazione però l’attività deve restare nascosta, ma non tutto è semplice come sembra.
Altro che caffè è una serie francese che diverte molto e pone al contempo uno sguardo riflessivo su alcuni aspetti della contemporaneità
La serie è una piacevole sorpresa tra le novità di Netflix, lanciata in mezzo ad alcuni masterpieces del catalogo come Dark e Stranger Things, merita infatti d’essere scoperta da un vasto pubblico date le sue caratteristiche che ben si prestano a una fruizione da parte di un’utenza eterogenea. In primis Altro che caffè – discutibile la scelta della traduzione italiana del titolo che poco ha a che fare con il reale imprinting della vicenda – ha i connotati adeguati per il binge watching, considerato il numero ridotto d’episodi di durata contenuta e il fatto che ognuno di essi sia perfettamente collegato al successivo, facendo sembrare la serie quasi un unico film da gustare tutto d’un fiato. Inoltre la storia si basa su una sceneggiatura molto credibile dove i dialoghi hanno un solido costrutto, i tempi comici funzionano perfettamente e l’intreccio tra i personaggi si sviluppa progressivamente in maniera dinamica e coinvolgente, con una scorrevolezza che fa passare d’episodio in episodio senza soluzione di continuità.
Il prodotto francese si regge su un ottimo equilibrio di registri e stili, presentando una preponderante caratura comica, ma non trascurando momenti maggiormente emozionali, spunti riflessivi e attimi di serietà. Si ride, si sorride molto ma ci si affeziona anche ai personaggi e alle loro vicende, passando dal “non-sense” di alcuni accadimenti volutamente surreali e marcati (e particolarmente riusciti) ad altri momenti in cui si approfondiscono i rapporti tra i protagonisti, sviluppando – per quanto possibile nella breve durata della serie – le loro personalità. Un punto di forza di Altro che caffè sono le vicende “collaterali” che si affiancano e intersecano al filone della storia principale creando un amalgama coeso e pienamente funzionante. Anche gli attori, non famosi a livello internazionale, si dimostrano ottimamente calati nei loro ruoli e affiatati, creando un cast complessivamente azzeccato.
Altro che caffè: la serie di Gotesman mette al centro l’argomento della cannabis in una comedy intelligente e ben strutturata
Inoltre il consumo della cannabis è un argomento di forte attualità e la comedy francese si propone come uno strumento ironico e dissacrante, il quale però sotto la leggerezza della superficie presenta un’analisi sociale di un fenomeno che non ha ancora trovato una pacificazione nell’accettazione politica e sociale. In più attraverso la serie si può riflettere sulle difficoltà dell’accettazione dei cambiamenti e della modifica di usi e costumi, oltre a trarre degli spunti sulle criticità del mondo lavorativo odierno. Infine anche l’ebraismo (religione della famiglia Hazan) viene posto sotto i riflettori da un lato dissacrandone alcune rigidità, dall’altro mostrandone la significativa adattabilità ai contesti che ne permette la sopravvivenza.
In definitiva Altro che caffè riesce a configurarsi come un ottimo prodotto d’intrattenimento, pur non essendo una produzione ad alto budget e pur non partendo da una particolare originalità di fondo, ma divertendo molto e al contempo gettando uno sguardo intelligente su alcuni aspetti del mondo attuale.
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