Amazing Stories: recensione della serie Apple TV di Steven Spielberg
Con Amazing Stories veniamo catapultati in un mondo pieno di inspiegabili stranezze
L’esordio di Amazing Stories su Apple Tv+ il 6 marzo 2020 non è avvenuto nel migliore dei modi. Il primo episodio La cantina, ha saputo affascinare lo spettatore con viaggi temporali e amori senza tempo, senza tuttavia dimostrare abbastanza maturità per distinguersi da molti altri contenuti a tematica simile.
Sebbene il prosieguo della serie non sia stato in grado di spiccare per originalità, i restanti quattro episodi di questa prima parte di Amazing Stories hanno raccontato storie dal discreto coinvolgimento emotivo, volte da un lato a commuovere, dall’altro a trasportare il pubblico in un mondo in cui è ancora bello essere bambini e credere in poteri straordinari.
Amazing Stories: poca originalità, ma un discreto coinvolgimento emotivo
Siamo abituati ad accostare il nome di Steven Spielberg a prodotti eccezionali, originali e appassionanti. Il reboot della serie antologica anni ‘80 Amazing Stories non ha saputo reggere il confronto con i capolavori del maestro, limitandosi a portare sullo schermo storie poco innovative, spesso prevedibili. L’esordio stesso avrebbe potuto dare di più, con una storia d’amore più coinvolgente, soluzioni narrative meno scontate e una maggiore padronanza di una tematica (quella del viaggio nel tempo) che, se maneggiata a dovere, può dare tante soddisfazioni.
Amazing Stories (2020): recensione del pilot della serie Apple TV
Nonostante le critiche poco felici di questo esordio, Amazing Stories si è risollevato con le quattro puntate successive, anch’esse tutt’altro che originali, ma scritte e dirette in modo da toccare le giuste corde.
Questa serie, prodotta da Spielberg in collaborazione con Edward Kitsis, Adam Horowitz, Darryl Frank e Justin Falvey, offre un divertimento semplice e trame generalmente poco complesse, per una visione che non richiede un grande impegno. Gli episodi, talvolta un po’ troppo lunghi per ciò che devono davvero raccontare, si fruiscono facilmente e non annoiano, riuscendo in alcuni casi a strappare una lacrima o un sorriso nostalgico nei confronti di un mondo infantile che ancora sentiamo come affascinante, come nell’episodio supereroistico 1×03 Dynoman e Volt.
Amazing Stories non dimostra dunque un grande impegno a livello della costruzione delle trame, ma offre un discreto intrattenimento per lo spettatore che non pretende complessità.
Amazing Stories: tra gli episodi della serie spiccano L’Ardore e Dynoman e Volt
In quanto serie antologica, Amazing Stories può toccare corde diverse per diversi tipi di spettatore, concentrando ogni episodio su sfumature diverse di uno stesso genere. Se per complessità fantascientifica si distingue l’episodio Segni di vita, spiccano per sensibilità emotiva L’Ardore e Dynoman e Volt, rispettivamente l’intensa storia di un’amicizia che prosegue oltre la morte e l’avvicinamento tra un burbero anziano e il suo nipotino, appassionato di fumetti.
Ne L’Ardore una giovane atleta di un quartiere popolare, Tuka (Hailey Kilgore), viene investita da un pirata della strada e rimane bloccata come spirito sulla terra, in attesa di trovare il modo per passare oltre. Il suo rapporto con la migliore amica Sterling (Emyri Crutchfield), rafforzato dall’esperienza condivisa della corsa, non si interrompe nemmeno dopo l’incidente, e dà vita a situazioni struggenti, nelle quali il senso di ingiustizia e il destino si intrecciano.
Sebbene la trama sia poco innovativa, molti elementi riescono a mantenere alta l’attenzione dello spettatore e il coinvolgimento emotivo: una buona regia, una scelta sonora eccellente, la valida interpretazione delle attrici protagoniste e la vicenda stessa, la storia di un legame indissolubile, che non conosce limiti.
In Dynoman e Volt il legame presentato è molto differente e riguarda Dylan (Tyler Crumley), un bambino dalla spiccata creatività e dalla passione per i fumetti e il suo burbero nonno Joe (il compianto Robert Forster nella sua ultima interpretazione), ospite a casa sua per una frattura al ginocchio. Il carattere dell’uomo lo ha più volte messo in contrasto con il resto della famiglia e rende piuttosto complesso un rapporto sincero con il bambino, ma a legarli è proprio l’interesse per il mondo dei supereroi. Quando l’anziano riceve per posta l’anello giocattolo dell’eroe Dynoman, da lui ordinato da retro di un fumetto sessant’anni prima, la realtà fantascientifica dei fumetti diventa realtà e permette il rafforzarsi del legame tra nonno e nipote.
Dynoman e Volt è l’incontro di generazioni quasi opposte, fatte di abitudini e ideali diversi, ma capaci comunque di mettersi a confronto su un piano comune. Il mondo dei supereroi è vissuto dal piccolo Dylan come un sogno e come ambizione per il futuro (dato che il bambino desidera diventare un disegnatore), mentre per Joe rappresenta il ricordo nostalgico di un passato ancora innocente. Stabilire un legame con il nipote significa per l’uomo ristabilire anche un legame con la propria parte bambina e ritrovare la forza simbolica della giovinezza, la capacità di sognare, di andare oltre i limiti del verosimile e capire cosa significhi essere un “eroe” per la propria famiglia.
La serie stessa sembra voler ripristinare questo contatto con la parte bambina dello spettatore, offrendogli vicende fantascientifiche al limite del credibile, ma dal fascino intramontabile.