American Rust – Ruggine americana: recensione della serie tv Sky
Nella piccola cittadina di Buell, in Pennsylvania, il capo della polizia Del indaga su un caso di omicidio che potrebbe riguardarlo molto da vicino...
La serie televisiva American Rust – Ruggine americana, in prima visione su Sky Atlantic e in streaming su NOW a partire dal 25 ottobre 2021, si apre con un montaggio degli abitanti di una piccola cittadina che assumono le loro droghe quotidiane. Il protagonista Del Harris – capo della polizia psicologicamente fragile – schiaccia due pillole con un pestello, pesa la polvere risultante su una bilancia digitale e ne mette la giusta quantità nel suo caffè. Nel frattempo, l’interesse amoroso di Del, Grace Poe, in una pausa lavorativa assume degli antidolorifici da farmacia. E un amico di famiglia, il giovane Isaac, tormenta il padre disabile per fargli prendere un sonnifero.
Il messaggio è chiaro: siamo entrati in un microcosmo così disperato e deprimente che la gente del posto non riesce a passare un giorno senza assumere medicinali. Non a caso, del resto, siamo nella cosiddetta Rust Belt, la “cintura di ruggine” compresa tra Monti Appalachi e Grandi Laghi, un tempo cuore dell’industria pesante statunitense. Una zona in pieno declino economico, spopolata e afflitta da un pesante decadimento urbano. Tutti stanno male, in questo spicchio di America rurale, compreso il personaggio principale Del, tormentato dai suoi anni nella polizia di Pittsburgh e, prima ancora, dalla sua esperienza nella guerra del Golfo.
American Rust: la classe operaia (non) va in Paradiso
Tratta dall’omonimo romanzo di Philipp Meyer, American Rust attinge allo stesso immaginario di Omicidio a Easttown ed Elegia americana, con il tratteggio di una realtà ricolma di risentimento e di una quotidianità implacabile nel suo squallore. La molla narrativa, qui, è rappresentata dall’omicidio di un ex poliziotto, all’interno di un mulino fatiscente. Tutto potrebbe essere ricondotto a un giro di stupefacenti, la morte potrebbe essere collegata a un ex giocatore di football di nome Billy, o forse al già menzionato Isaac, che sta per scappare di casa con dei soldi che non gli appartengono.
Difficile trovare un unico colpevole, in verità: la comunità di Buell è piena di segreti e di “brave persone” che per un motivo o per l’altro si ritrovano a fare scelte sbagliate. Soprattutto nella sua prima parte, la serie ideata da Dan Futterman vive lunghi ed elaborati momenti di stasi, utili a comprendere la psicologia e le caratteristiche dei caratteri in gioco. L’assassinio, oltre che da punto di svolta, serve anche da grimaldello emotivo per entrare maggiormente in sintonia con gli abitanti universalmente infelici della cittadina. E, anche se si ragiona un po’ per stereotipi, il ritratto finale è convincente e stimolante.
Dove il sogno americano diventa incubo
L’altra faccia della medaglia, però, è meno rassicurante: nonostante la miriade di spunti abbozzati – questioni sociali e politiche rilevanti tra cui l’economia in crisi, l’epidemia di oppioidi e la mancanza di protezione del lavoro –, la serie lascia una curiosa e paradossale sensazione di superficialità. Anche, qua e là, di banalità, come se per far comprendere allo spettatore la profondità del contesto bastasse virare la fotografia al grigio mettendo in sottofondo una musica triste. Lo si potrebbe chiamare umile contegno, potrebbe essere una mossa voluta per immergerci nella rassegnazione stanca del mondo e nell’indolenza dei suoi personaggi, ma spesso l’espediente non aiuta chi guarda.
American Rust avrebbe forse potuto (e anche dovuto) osare di più, visto il materiale di partenza. In fondo questo è anche il racconto universale e senza tempo di come il desiderio di avere un futuro migliore debba fare i conti con la realtà, in cui il sogno americano è spesso nient’altro che un’illusione. L’idealismo poco si adatta alla realtà, specialmente in quella zona degli Usa che sembra sia stata dimenticata da tutto e da tutti. Tutte cose che però sapevamo già prima di guardare Ruggine americana, i suoi volti disillusi e stanchi (su tutti, un ritrovato Jeff Daniels, che si aggira per la città come una specie di figura paterna onnisciente, con i suoi demoni e il suo isolamento, tutto sguardi ininterrotti e battute sardoniche) e i suoi panorami sbiaditi.