Anatomia di uno scandalo: recensione della miniserie Netflix con Sienna Miller
Gli accenti di stile bon ton e i dettagli-trama cupi e drammatici realizzano il contrappunto narrativo di Anatomia di uno scandalo: la nuova miniserie Netflix disponibile in streaming dal 15 aprile 2022. Il legal drama, come suggerisce il titolo, che prova ad analizzare in modo minuzioso e sottile le origini e le conseguenze di uno scandalo sessuale, che arriva a sconvolgere, per poi mandare in rovina, il matrimonio di una personalità politica. Lo show seriale, tratto dall’omonimo romanzo di Sarah Vaughan e prodotto dalla Made Up Stories, vede Sienna Miller, Rupert Friend e Michelle Dockery nel cast principale, ed è sviluppato da David E. Kelley (marito di Michelle Pfeiffer) già dietro a successi come Big Little Lies e The Undoing, in collaborazione con Melissa James (House of Cards).
Anatomia di uno scandalo: le gravi accuse di stupro mosse contro un deputato inglese attivano un inevitabile processo mediatico
Con movimenti ampi e continui della macchina da presa che filmano il presente e con gli eventi del passato dei protagonisti che balenano alla mente (flashback che permettono di dare ulteriore profondità ai personaggi), la trama di Anatomia di uno scandalo, ambientata nell’elitario mondo della politica britannica, è incentrata sulla vita dei coniugi James (Rupert Friend) e Sophie Whitehouse (Sienna Miller). James è un membro conservatore del Parlamento; ha conosciuto sua moglie al college, che è una donna inappuntabile e totalmente devota al partner di successo. Sophie infatti ha sempre seguito in tutto suo marito, abbandonando per amor suo e dei suoi due figli, i suoi impegni lavorativi. L’idillio dura poco, perché la quiete della coppia sposata da ben dodici anni viene stravolta da uno scandalo che è già lì bell’e pronto da sbattere in prima pagina, quando esce allo scoperto la relazione extramatrimoniale di James con la ventottenne Olivia Lytton, una collaboratrice parlamentare, una delle sue assistenti, ma soprattutto quando, dopo poco, Olivia lo trascina in tribunale con l’accusa di stupro, di averla violentata nell’ascensore del Parlamento. I segreti della famiglia Whitehouse iniziano così a riemergere, mentre Sophie, che ha sempre creduto nel suo matrimonio, ora appare sconvolta dai dettagli che emergono sul conto di James; inizialmente si mostra comprensiva verso suo marito accusato di un crimine scioccante, poi inizia ad indagare sui punti oscuri della personalità di James. L’uomo ha stuprato davvero Olivia o è stato un rapporto consenziente tra i due ex-amanti?Chi mente?
La miniserie tratta il tema delicato del consenso della vittima nel reato di violenza sessuale
Quando sei un privilegiato sei sempre abituato all’avverbio sì; le risposte negative, che poi sono quelle che fanno capire che siamo diversi, con esigenze da considerare e da rispettare, non sono neanche udite, perché, probabilmente, sentire “no” significherebbe sentirsi a disagio. Indubbiamente Anatomia di uno scandalo sceglie di trattare il delicato tema del consenso della vittima nel reato di violenza sessuale, che in questo caso ha come sfondo il mondo autoreferenziale e chiuso della politica in cui tutti i privilegiati si proteggono fino a quando è possibile, e fa emergere invece le incredibili difficoltà di sfondare il muro eretto dal privilegio. La riflessione sulla cultura dello stupro e sulla “accettazione” come sistema di potere che ci ricorda il gioiellino di Emerald Fennell Promising Young Woman. Solo che, in questo caso non si vede ombra di preziosi, anche se lo spettatore assume spesso il punto di vista di Sophie, una nondimeno implacabile “donna promettente” – moglie tradita, anche lei vittima, e costretta a mettere in discussione la vera natura del marito. Anatomia di uno scandalo è un’opera mediocre che non riesce ad entrare nella lista dei meravigliosi prodotti seriali inglesi che con pochi capitoli, e in maniera intelligente, riescono a indagare tematiche controverse.