Assembled – Il dietro le quinte di Loki: la recensione del nuovo episodio
Come di consuetudine con tutte le serie Marvel su Disney Plus, arriva il dietro le quinte di Loki. L’episodio fa parte dei documentari di Marvel Studios: Assembled, e ci porta direttamente dentro il set della serie ora giunta a conclusione. La voce narrante è quella di Tom Hiddleston, aka Loki. L’attore sarà il nostro cicerone, la nostra guida all’interno delle stanze degli studios. Per quanto non siano molte le rivelazioni della puntata, della durata di un’ora, scopriamo comunque qualche aneddoto curioso sulla realizzazione della serie; la chicca è forse soltanto una, ma ne parleremo in seguito. Ciò che invece ci interessa è l’ufficialità del personaggio di Kang il conquistatore, visto nel finale di stagione sotto forma di statua in una TVA alternativa. Jonathan Majors ha infatti impersonato Immortus, una variante più vecchia e meno malvagia del famoso villain.
The Making of Loki segue un percorso lineare, dalle prime apparizioni del dio dell’inganno in Thor e Avengers fino alla sua morte in Endgame e alle avventure della variante nella nuova serie Marvel. Chiuso l’incipit, la docu-serie analizza episodio per episodio, esplorando personaggi e interpreti. Come dicevamo, non ci vengono regalate molte novità e i minuti passano in attesa di qualcosa di interessante che non arriverà mai veramente. Al di là di ciò, vediamo cosa ci ha raccontato questo nuovo dietro le quinte di casa Marvel.
Il dietro le quinte di Loki: quasi un anno di duro lavoro
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Le riprese di Loki sono iniziate il 10 febbraio 2020 alle otto del mattino. Il wrap finale è stato dato 299 giorni. 7.176 mila ore di sudore sul set per la realizzazione della serie. Queste le stime che Hiddleston ci elenca all’inizio dell’episodio. Quasi un anno di lavoro condensato in 6 episodi. Il risultato finale è encomiabile, soundtrack e fotografia sono tra le migliori delle ultime serie Marvel: WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier. L’intero cast ha dato prova del proprio talento e il cliffhanger finale è forse uno dei più importanti del Marvel Cinematic Universe. Ci sono stati personaggi leggendari, come il Classic Loki di Richard E. Grant, e una buona analisi introspettiva del dio dell’inganno. Ciò che ci è mancata è stata una certa coerenza narrativa, un’escalation di adrenalina. Loki è stata come un petardo. All’inizio siamo contenti del nostro acquisto e accendiamo il nostro petardo (primo e secondo episodio). Dopo la fiammella iniziale si blocca, e ci chiediamo se abbia fatto cilecca (terzo e quarto episodio). Infine lancia qualche scoppiettio, un piccolo barlume di speranza prima di esaurirsi (quinto e sesto).
Insomma, la serie ha avuto degli alti e dei bassi, come un elettrocardiogramma pazzerello. Per fortuna il Loki di Hiddleston, grazie anche al carisma di Owen Wilson (Mobius) e alla simpatia di Sophia di Martino, riesce comunque a portare a casa il risultato. Wilson ha infatti dichiarato di aver subito amato il suo personaggio a partire dal nome: “quando tutti mi chiedevano quale personaggio interpretassi davo sempre la stessa risposta: non ho un mantello, né un costume o dei superpoteri, ma solo un nome fichissimo come Mobius”. Anche Wunmi Mosaku è rimasta entusiasta della sua B-15, la prima donna “tosta” della sua carriera. La costumista Christine Wada ci fa notare un piccolo particolare dell’elmetto di B-15 e come ci siano incisi i giorni passati alla TVA.
Tra identità, grandi set e quel cameo mancato
“Ha combattuto suo fratello Thor, suo padre, elfi oscuri, giganti di ghiaccio e gli Avengers. Ma la più grande battaglia di Loki è sempre stata con sé stesso”. Infatti, lo scopo della serie, è sempre stata quella di portare Loki ad amarsi. Il percorso ha preso il via dopo l’incontro con Sylvie (Sophia Di Martino). Soltanto nella sua variante, il dio dell’inganno, ha potuto esplorare le vie del suo animo, della sua psiche. Questo gli ha permesso di aprirsi, rivelarsi all’altro senza nessuna illusione. Il pilastro su cui poggia Loki è proprio l’identità, quella con la I maiuscola. Sylvie, per esempio, nasce dalla fusione di due personaggi: incantatrice e Loki. È un personaggio del tutto nuovo creato apposta per la serie. Il suo outfit parte da zero e dalla necessità di raccontare il suo background. A tal proposito, il dietro le quinte, ci racconta la creazione di due stili di combattimento differenti. Quello aggraziato di Loki, cresciuto a palazzo, e quello feroce e di strada di Sylvie. Quest’ultima è infatti cresciuta in fuga, nascosta tra le apocalissi.
Ma veniamo alla vera chicca dell’episodio. In un concept art della TVA notiamo una variante di Rocker Racoon. Questo ci fa supporre, anzi è chiaro, che il progetto iniziale prevedeva la presenza di molte più varianti in attesa di processo, e tra queste vi era anche l’iconico membro dei Guardiani della Galassia. Non sappiamo cosa abbia fatto scartare l’idea, ma di certo sarebbe stato un cameo davvero interessante. Un’altra curiosità è legata alla realizzazione delle porte temporali. In fase di realizzazione non volevano costruire qualcosa di troppo complesso, così si sono ispirati all’effetto Holtzman degli scudi corporei di Dune. Nel particolare all’effetto glitch che distorce la luce. Ma ciò che sorprende di più è come la città di Lamentis-1 sia stata completamente ricostruita in studio (fatta eccezione per la nave spaziale che esplode alla fine della puntata). Un set davvero enorme e suggestivo, “fotografabile a 365º”. Nessun dettaglio è stato lasciato al caso, come la pittura fluorescente o gli inserti tecnologici. Questo, a parer nostro, ha giovato moltissimo al piano sequenza che ha visto Loki e Sylvie correre verso la salvezza.