Atypical – Stagione 3: recensione dei nuovi episodi della serie Netflix
Nella Stagione 3 di Atypical, le vicissitudini del protagonista divengono sempre meno dipendenti dall'intervento dei propri familiari, lasciando emergere un Sam maturo e resiliente, sempre più in grado di cavarsela da solo.
Nella stagione 3 di Atypical, le sfide quotidiane del protagonista Sam (Keir Gilchris), un ragazzo che vive alcune difficoltà relazionali e sensoriali legate al disturbo dello spettro autistico, continuano a svolgersi sullo sfondo del parallelismo etologico col mondo dei pinguini, i suoi animali preferiti.
È arrivato il momento del college, con tutta l’inevitabile serie di cambiamenti che tale passaggio comporta, e il nostro piccolo grande eroe si mostra sempre più equipaggiato e consapevole, mentre il resto della famiglia si concentra gradualmente più su di sé e le proprie problematiche, lasciando Sam finalmente più libero di sbagliare e imparare dai propri errori.
Tale importante momento di passaggio, nella vita del protagonista ma anche del resto della sua famiglia, viene accostato al tempo della muta per i pinguini, precedente al loro debutto nella società degli adulti; la morbida peluria da cuccioli lascia gradualmente il posto a un piumaggio compatto e coriaceo, impermeabile al freddo e alle intemperie… della vita, rendendo gli animali e l’intera famiglia di Sam sempre più capaci di quella resilienza indispensabile ad affrontare le nuove sfide che crescere e maturare comportano.
Atypical – Stagione 3: parole d’ordine resilienza e… etica
Nella Stagione 3 di Atypical, i genitori di Sam cercano di affrontare i cambiamenti legati alla loro grande crisi matrimoniale: Elsa (Jennifer Jason Leigh), maniaca del controllo per eccellenza, si trova costretta ad imparare a lasciare più spazio al marito Doug (Michael Rapaport), senza soffocarlo di cure e attenzioni non richieste, scoprendosi sorprendentemente anche una madre migliore, meno oppressiva e più capace di fiducia e ascolto.
La sorella di Sam, Casey (Brigette Lundy-Paine), nel frattempo si trova a fare i conti con l’ambizione legata alla sua carriera da atleta, giocandosi un posto alla UCLA di Los Angeles, mentre la propria personalità e sessualità vanno gradualmente a definirsi, con tutta la confusione e le conseguenze del caso.
E Sam? Come già accennato, nella Stagione 3 di Atypical le vicissitudini del protagonista divengono sempre meno dipendenti dall’intervento dei propri familiari, già sufficientemente presi dai propri problemi, ribadendo come le difficoltà di un ragazzo nello spettro autistico non siano necessariamente più gravose di quelle di un neurotipico, ma debbano semplicemente essere affrontate attraverso un percorso differente. Un percorso durante il quale Sam riuscirà a mostrare ulteriori risorse che lo renderanno finalmente protagonista della propria vita e un valido supporto e punto di riferimenti per gli altri, ribaltando completamente la prospettiva della propria vita, che sembrava destinata alla dipendenza e all’egocentrismo.
Grazie quindi alla “distrazione” dell’iperprotettiva madre e alle sopraggiunte nuove difficoltà proposte dalla vita al college, il nostro giovane “pinguino” si scontrerà per la prima volta con l’impossibilità di aderire perfettamente a rassicuranti regole, imparando – grazie anche all’inizialmente ostico studio dell’etica – come la vita sia costellata da dilemmi morali di non sempre immediata e univoca soluzione, la cui via d’uscita non può prescindere dalla scoperta dell’essenza delle persone, quella parte invisibile e fino a quel momento inaccessibile per l’iper-razionale Sam.
“Nessuno è normale” e tutti hanno bisogno di crescere e cambiare
Rispetto alle precedenti, quindi, la stagione 3 di Atypical è meno concentrata sulle difficoltà di Sam, che appaiono sempre più assimilabili a quelle del resto dei suoi coetanei e della propria famiglia e meno bisognose di supporto e soccorso da parte dei presunti “normali”, con l’unica pecca di non aggiungere molto al messaggio delle stagioni precedenti.
Il risultato – da una parte – è quello di rassicurare definitivamente gli spettatori circa il futuro di Sam – lasciando tuttavia una scia di nostalgia nei confronti di una storia che sembra avvicinarsi rapidamente all’epilogo, non sembrando avere molto altro da aggiungere.
Resta la gratitudine per questo (forse) breve ma intenso viaggio in una vita complicata e affascinante, vissuta attraverso gli occhi di un ragazzo diverso ma allo stesso tempo uguale agli altri. Perché “nessuno è normale”, si tratta solo di trovare le proprie strategie e i propri strumenti per cercare di normalizzare questa folle avventura chiamata vita.