Audaci: recensione della serie TV Netflix
Ntsiki riceve dei poteri sovrannaturali, e decide di usarli per vendicare la morte della sorella. Ma cosa c'è dietro?
Audaci è una miniserie di 6 episodi distribuita da Netflix, creata da Akin Omotoso (regista, insieme a Rolie Nikiwe) e prodotta da Ochre Moving Pictures.
Una donna sembra essere la reincarnazione di una dea, e utilizza i suoi poteri sovrannaturali per vendicare la sorella morta e insieme vendicare la sua famiglia.
Audaci parte molto bene, intrisa fin dall’inizio delle forme e dei colori abbastanza sconosciuti all’audiovisivo mainstream più frequentato in Italia.
Ma il bello del colosso dello streaming dalla N rossa è proprio questo: come ha mostrato con Squid Game (Oriente) o con La Casa Di Carta, ma anche The Innocent (paesi iberici), L’Uomo Delle Castagne e Ragnarok (nord Europa), al di là dei suoi difetti Netflix mette al centro delle sue produzioni una ricerca costante a 360° sulla narrativa e sulle suggestioni di immagini declinate attraverso latitudini lontane e poco praticate.
Il contributo culturale diventa in questo modo non indifferente: perché questa pratica mette in risalto i tanti sguardi dell’audiovisivo a seconda del posizionamento geografico, che non avrebbero avuto probabilmente nella propria patria il riscontro come poi è avvenuto sul mercato internazionale.
D’altra parte, non è così facile giocare con il glocal (global su local), perché non basta esportare la tradizione di un paese lontano per farla apprezzare. Perché Audaci parte poi con una sigla che fa risuonare l’epicità d Game Of Thrones, e poi intesse le sue trame ma soprattutto le dinamiche dei personaggi tenendo bene in mente il genere dei cinecomics. Insomma, forse troppa carne al fuoco
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Audaci: una serie diversa dal solito?
Certo è che Omatoso sa bene come raccontare la sua terra senza cadere in facili cliché: le puntate hanno un impianto visivo fortemente affascinante, che si addentra nel labirintico intreccio sociale, culturale e umano del continente africano, superando le prevedibili trappole e ingenuità di un racconto diviso tra il nero dell’alta finanza e i colori della vita del villaggio.
È per questo che la fusione tra il genere young adult e le origin story made in Marvel è la carta vincente dello show: la cosmogonia delle religioni native africane (come quella del popolo Serer) sono un terreno su cui attecchisce la parte drammatica ma perfetto anche per quella action.
Eppure, alla fine dei sei episodi, lo spettatore rimane interdetto: perché tante domande basilari restano senza risposta (una su tutte, perché proprio Ntsiki è stata toccata dai poteri della dea?), e perché le tante, interessanti componenti della serie non sanno combaciare alla perfezione in una struttura drammaturgica che non sa essere omnicomprensiva.
Si spera allora che la restrizione della produzione a soli sei episodi sia stata la causa che ha intaccato la riuscita complessiva dell’operazione, e che The Brave Ones torni con una seconda stagione che sappia costruire su quanto già piantato e restituire un urban fantasy in piena regola.
Per adesso, Netflix non ha fatto sapere nulla sull’eventuale conferma dello show: che però non è stato neanche ancora cancellato.