Baby – stagione 2: recensione dei primi episodi della serie Netflix

La nostra recensione dei primi episodi della stagione 2 di Baby, serie Netflix che racconta i retroscena delle baby-squillo dei Parioli di Roma.

Siamo di nuovo ai Parioli. Incrociamo di nuovo Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani), belle e disinibite, giovanissime ed erotiche per i loro “clienti”, e Damiano (Riccardo Mandolini), sempre così duro esternamente, ma buono e tenero internamente. Netflix ci ributta lì, tra le parioline, tra i segreti e le bugie del Liceo immaginario Carlo Collodi, e dal 18 ottobre 2019 Baby torna sulla piattaforma. La sceneggiatura è firmata ancora da GRAMS, collettivo di scrittori composto dai cinque giovani autori Antonio Le Fosse, Re Salvador, Eleonora Trucchi, Marco Raspanti e Giacomo Mazzariol, la regia è di Andrea De Sica, affiancato da Letizia Lamartire.

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Baby cinematographe.itBaby 2: continua a essere un teen-drama con poca analisi

Dopo aver cercato e sperimentato vie di fuga dal quotidiano, il gruppo di adolescenti deve fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni. Questo capita prima di tutto a Chiara e a Ludovica che nella precedente stagione si sono trovate invischiate in una situazione molto più grande di loro, ma anche i loro compagni di scuola e amici si trovano di fronte a loro stessi e ai conti che la realtà presenta. Chiara e Ludo sono sempre più divise tra la vita di ogni giorno, tra lezioni, amori, feste e la vita notturna tra soldi facili, uomini più vecchi, e vivono sempre più con difficoltà questa spaccatura: il liceo sta per finire, ognuno di loro si trova davanti a un futuro incerto, e dall’altra parte c’è il loro “business” che deve essere portato avanti o fermato per continuare una vita “normale”.

Da queste poche notizie è chiaro che Baby 2 continua a essere un racconto neanche troppo originale sull’adolescenza, un teen-drama che sulla carta sarebbe dovuto essere qualcosa di diverso e in questa seconda stagione la serie si allontana ancora di più dall’idea originale. Baby era stata presentata come una narrazione che prendeva le mosse dall’inchiesta giornalista sulle baby squillo che aveva scosso le alte sfere romane, invece il testo seriale non nasce per nulla dall’urgenza del racconto. Non spiega la vita “complicata” delle parioline che fanno le escort scuotendo opinione pubblica (i media si interrogavano su “che fine hanno fatto le nostre bambine?” e non tanto sugli uomini che sceglievano di pagare ragazzine che sarebbero potute essere loro figlie), politica, élite nel momento in cui diventa notizia sui giornali e nei tribunali.

La cosiddetta Roma bene continua a essere mostrata come un “luogo” a cui ambire, il set di un enorme party dove ci si diverte, si bullizza il più debole (crudele il momento in cui i “machi” della scuola picchiano Fabio, ridicolizzandolo mettendogli il rossetto), e Baby diventa ancor di più un prodotto più simile a un film di Moccia che al racconto di un caso di cronaca. Il diventare baby squillo sembra essere a tratti figlio del desiderio di cambiare strada per sentire qualcosa, la parola d’ordine potrebbe essere trasgressione – rappresentazione “temporale” di essa è la notte, “punto” in cui le cose si trasformano e le identità cambiano –  ma non acquista il significato che dovrebbe: avere una relazione segreta, vendere droga, fare l’autista, frequentare persone adulte sono azioni che danno la stessa adrenalina di andare a scuola, partecipare a una festa, essere a cena con i genitori.

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Forse fin troppo semplicisticamente e moralisticamente Ludo e Chiara si “trasformano” in escort quando si sentono sole, basta questo a spiegare una delle pagine più complicate e “misteriose” della storia contemporanea? La solitudine diventa minimo comune multiplo di tutti i personaggi: sono soli i genitori che fanno scelte sbagliate, non sono presenti nella vita dei figli e fingono di non notare campanelli d’allarme chiari (la mamma di Ludo/Isabella Ferrari trova, tra le cose della figlia, borse, occhiali, abiti che una ragazzina di quell’età non potrebbe possedere, ma non fa nulla), si dimostrano immaturi e volubili tanto quanto i ragazzi (Monica/Claudia Pandolfi continua la sua relazione con Niccolò nonostante sia la sua insegnante), e lo sono anche gli adolescenti che cercano un modo per riempirsi la vita. Questa però è una solitudine superficiale, di facciata: quando Chiara non riesce a vedere Damiano lei diventa Emma, Ludo per colmare i vuoti seduce gli uomini e si fa riempire di soldi e regali.

Baby cinematographe.itBaby 2: è un testo in cui le parole sono prive d’importanza e i dialoghi sono poveri e scevri di contenuto

Baby 2 non torna sui suoi passi, continua a descrivere i Parioli come una gabbia dorata in cui i ragazzi corrono avanti e indietro, in cui le bugie vengono raccontate da tutti, adolescenti e genitori – non a caso il Liceo si chiama Collodi come il padre di Pinocchio. Non c’è quasi mai la paura di farsi scoprire, di venire messi all’angolo; questa sarebbe potuta essere una strada interessante ma non viene scelta da Baby 2: è ovvio che chi passa la notte con una escort minorenne dovrebbe temere di essere scoperto e vive il momento con il “mistero” del caso, qui invece ogni cosa è rappresentata con superficialità.

Ludo e Chiara sono dentro a una bolla tra borse firmate e occhiali a farfalla, Damiano è immerso nella “malavita” e non riesce a sciogliere i legami con essa – fino a quando qualcuno non fa un grande gesto per lui – e compie ogni mossa per salvare qualcun altro. Si toglie in questo modo la “pericolosità” della situazione dando un’aura di eroismo – come quando il giovane per proteggere l’escort di cui è l’autista picchia uno dei suoi uomini.

La stessa situazione da fiaba tocca a Chiara che dopo essere riuscita a rompere il ghiaccio con Damiano, in un primo momento decide di lasciare il mondo della notte ma poi qualcosa non funziona e deve continuare a essere Emma. Salvare qualcuno, non essere soli non sono vere e proprie motivazioni o anche se lo fossero devono essere supportate da un lavoro di scrittura migliore. In una serie come questa, tutto dovrebbe incentrarsi sui dialoghi, sulle parole, e anche sul non detto, invece Baby 2 manca totalmente di questo, è zoppicante proprio nella sceneggiatura. Non ha profondità né sostanza, tutto è stereotipato, dicono ciò che ci aspettiamo e lo dicono anche male.

Gli attori, anche i più capaci, cadono in un gorgo di mediocrità e quindi la Porcaroli resta intrappolata nel suo viso d’angelo, diventando l’escort con il fascino conturbante da Lolita, Mandolini con il suo accento romano sembra una protesi dello Step di Tre metri sopra il cielo, la Pandolfi e la Ferrari che sarebbero potute essere due personaggi interessanti finiscono in se stesse – la prof. innamorata dell’allievo e la madre più immatura della figlia -, rimanendo piatti e senza sostanza.

Baby  Cinematographe,itBaby 2: nei primi episodi poco è cambiato rispetto alla prima stagione, l’unica possibilità è una sterzata per intraprendere un nuovo percorso

Baby 2 nei primi episodi non dà molto di più di quanto abbia dato nella prima stagione, mostrando molto ma raccontando poco, cadendo in piccoli paternalistici moralismi che forse non servono nell’economia della storia – Damiano in più di un’occasione vive male l’atteggiamento ammiccante di Chiara dicendole, parafrasando “così non mi piaci” –, rielaborando cose, situazioni già viste.

L’unica speranza è che Baby cambi repentinamente nei prossimi episodi, narrando qualcosa di più, mostrandoci qualcosa di più profondo di servizi fotografici fatti nella propria cameretta, di liti con i genitori che o si comportano come genitori o si interessano più delle apparenze che dei propri figli, di rapporti sessuali tra adulti e adolescenti.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8

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