Baghdad Central: recensione della serie tv su Sky Atlantic

Marzo del 2003. Una giovane donna irachena, vive a Baghdad, non può ballare in casa per festeggiare il compleanno perché sconveniente. Non può sognare di diventare qualcuno, di lottare per le proprie idee. La sua storia è fatta di una madre morta e di un fratello ucciso perché oppositore del regime di Saddam. Sogna questa ragazza di diventare libera dopo l’arrivo degli americani. Ad un certo punto Sawsan (Leem Lubany), così si chiama la ragazza, decide di sparire, senza lasciare traccia. Inizia così Baghdad Central, la miniserie di sei episodi (su Sky Atlantic) firmata da Stephen Butchard, partendo dall’idea del romanzo di Elliott Colla.

Baghdad Central_Cinematographe.itBaghdad Central: il racconto del nulla è come sembra

A Baghdad nulla è davvero come sembra. Baghdad Central è la narrazione di una ricerca, quella di un padre, Muhsin al‑Khafaji (Waleed Zuaiter), di una cittadina per la libertà, di una popolazione per un domani migliore. Bagdad Central è un thriller ambientato nell’Iraq occupato dagli americani dove i liberatori, in realtà, sono oppressori, e coloro che liberano sono crudeli cospiratori. In quello spazio di tempo – quello post caduta e ricostruzione -, in quella piccola parte di mondo c’è chi resta fedele alla tradizione e c’è anche chi si ribella, chi lotta sperando nella nuova Repubblica dopo la caduta di Saddam Hussein e chi è costretto a mimetizzarsi per poter sopravvivere. C’è Sawsan che fa di tutto per costruirsi un futuro e c’è Muhsin Kadr al-Khafaji che farebbe di tutto, e lo ha fatto, per ritrovare sua figlia, sparita nel nulla, lasciando solo un tesserino dell’autorità di coalizione americana, di cui la giovane faceva parte come traduttrice con il nome di Susan. Dopo i primi due episodi la situazione si complica, il cappio intorno ai protagonisti si fa sempre più stretto; Muhsin conosce le regole del gioco, è un ex ispettore e sa che nella Green Zone tutto è governato da un sistema di do ut des e di compromesso. L’uomo è di fronte ad un bivio, da una parte c’è Sawsan, il desiderio di riabbracciarla, dall’altra c’è Mrouj, l’altra figlia malata e che, grazie all’alleanza del padre con il “nemico”, può sperare nella guarigione. Muhsin con ogni suo gesto lo dice, lì, a seconda di chi è al potere, ci si deve adeguare, mimetizzare per sopravvivere, in nome della cosa per lui più importante, la famiglia.

C’è un momento però in cui Muhsin deve ribaltare la situazione, deve sbrogliare i nodi per salvare le proprie figlie e lavorare per il bene della propria Nazione. Baghdad Central è un racconto di pistole da tirare fuori, di pugni in faccia e calci per far capire al nemico che sta sbagliando, di prese di posizione dopo le quali nulla sarà come prima.

Baghdad Central_Cinematographe.itBaghdad Central: la narrazione di un paese complesso

Con Baghdad Central si narra un paese, un periodo storico complesso, la guerra e la caduta di Saddam e di quanto sia difficile decidere da che parte stare perché ogni scelta ha le sue conseguenze. Si rischia la vita, le cose a cui si tiene di più, la propria famiglia, si è in bilico tra America e Iraq, fra sogni e realtà, fra tradizione e futuro. Sawsan sa tutto questo ma non ha paura di svestirsi degli abiti della tipica donna irachena per cambiare il futuro della patria; lei diventa metafora di una storia di resistenza femminile, di donne al centro di un cambiamento sociale epocale. Per le donne è ancora più rischioso scegliere – lo ha detto in più di un’occasione la professoressa di Sawsan, Zubeida -, rimanere ancorate alle proprie idee vuol dire perdere più di quanto possano perdere gli uomini, essere ferite molto di più e più profondamente.

In Iraq le cose precipitano, in un mare di bugie, spionaggio e tradimenti. Lo spettatore assiste a ogni cosa, partecipando ad una narrazione che sovverte ciò a cui siamo abituati, Baghdad Central è anomala anche grazie al ritmo talmente dilatato che sembra non accadere nulla e invece accade tutto. Tra le mura degli edifici, nell’oscurità dei rapporti tra le persone sulle stesse barricate o su quelle diverse, la realtà è sempre più complessa. La città è calda, polverosa, desolata e lì convivono gli iracheni e l’esercito americano in tute mimetiche. Di episodio in episodio quella polvere viene spazzata via e persone, rapporti, realtà si mostrano con la loro abbacinante potenza. Chi si comportava come nemico è un amico e viceversa, dove prima si pensava di aver trovato una casa c’è una prigione lugubre, in cui regna una grottesca legge del più forte. Sono proprio le donne a rimanere coerenti con sé stesse, a non indietreggiare e nel caso in cui debbano riconsiderare le convinzioni, come ad esempio avviene nel finale, lo fanno rimanendo fedeli alle proprie idee.

Baghdad Central: un prodotto che perde a causa del ritmo fin troppo lento

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Bagdad Central è un buon prodotto che però si perde lungo gli episodi anche a causa del ritmo; vari sono i suoi punti di forza: la recitazione dei protagonisti, la rappresentazione della situazione irachena, l’atmosfera tesa.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2