Baki – Stagione 2: recensione della prima parte della serie animata Netflix
La recensione de La grande saga del torneo Raitai, prima parte della seconda stagione di Baki, l'anime tratto dall’omonimo manga di Keisuke Itagaki, dal 4 giugno disponibile su Netflix.
La grande saga del torneo Raitai, prima parte della seconda stagione di Baki, l’anime tratto dall’omonimo manga creato negli anni Novanta da Keisuke Itagaki, ha finalmente fatto la sua comparsa su Netflix lo scorso 4 giugno. Il racconto riparte laddove la season precedente si era conclusa, con il diciassettenne Baki Hanma stanco, sfibrato e con il corpo segnato dai numerosi combattimenti da lui affrontati e vinti, ma comunque desideroso di partecipare alla più importante manifestazione di lotta degli ultimi cento anni che si tiene tra la Cina e Taiwan. Un torneo, questo, al quale prendono altri quindici formidabili e letali contendenti, tra cui suo padre, considerato l’essere vivente più forte del pianeta. Sconfiggerlo e trionfare nella manifestazione significherebbe per il giovane guerriero nipponico raggiungere a sua volta lo status di combattente più abile del mondo.
Baki 2, una successione di match privi di regole di ingaggio e senza esclusione di colpi (bassi)
Riuscirà nell’impresa? Sì, no, forse, alla visione l’ardua sentenza. Ciò che possiamo e vogliamo dirvi è che il cammino che Baki si trova ad affrontare è tutto in salita, con una serie di match privi di regole di ingaggio e senza esclusione di colpi (bassi) che lo metteranno a durissima prova. A rendere il percorso ancora più complicato c’è il livello medio degli avversari, più simili a semidei che a esseri umani iper-dotati. Il che fa delle varie fasi del prestigioso torneo una successione di gironi infernali, caratterizzati da combattimenti all’ultimo sangue nel vero senso della parola e dal grado d’imprevedibilità piuttosto marcato rispetto al verdetto finale. Aspetti che avvicinano moltissimo questa nuova stagione di Baki a un’altra fortunata serie presente sulla piattaforma di Netflix, ossia Kengan Ashura, anch’essa trasposizione audiovisiva di un manga (creato da Yabako Sandrovich e illustrato da Daromeon) che pone al centro del plot un “gladiatore” invischiato nella malavita, che combatte per conto di un magnate che scommette ingenti somme sui risultati delle brutali partite.
Ne La grande saga del torneo Raitai viene meno l’aspetto della clandestinità degli incontri ma i litri di sangue versati nell’arena, così come il numero di arti spezzati o seriamente compromessi nel corso degli incontri, raggiunge comunque cifre elevatissime in entrambi i casi. Il bollino V.M. 14 che campeggia sulla piattaforma è lì pronto a ricordarcelo, riportando la mente dei cultori della materia agli scontri mortali apparsi sugli schermi nostrani già ai tempi di quel capolavoro animato che risponde al titolo di Ken il guerriero.
La brutalità e la spettacolarità dei combattimenti tamponano le mancanze strutturali del racconto
La componente marziale e l’alto tasso di spettacolarità di alcuni match (vedi il combattimento in scena nel secondo episodio tra Baki e Kaioh Li, il migliore in tutta la Cina nell’uso della tecnica della mano velenosa, oppure quello estenuante tra Yujiro Hanma e il centenario detentore del titolo Kaioh Kaku che gli spettatori possono ammirare nel 7° e 8° capitolo), sono sicuramente il punto di forza di questa stagione e servono in gran parte a tamponarne le mancanze narrative e drammaturgiche.
La grande saga del torneo Raitai è di fatto un martial arts action godibile ma piuttosto minimale nello sviluppo del racconto e delle one-lines dei personaggi, nonostante il tentativo in fase di scrittura di puntare in maniera leggermente più marcata sull’introspezione e sul lato umano della storia (vedi il dialogo tra Jujiro Hanma e Kaioh Kaku che precede l’inizio del loro match), aprendo frequenti parentesi nel backstage del torneo per descrivere il passato dei combattenti e per illustrare in maniera più approfondita l’origine delle tecniche marziali da loro utilizzate, oppure altrettante digressioni per dare spazio all’elemento romance con il triangolo amoroso che coinvolge Baki, Mohammad Alai Jr. e Kozue.
Baki – Stagione 2: l’azione fine a se stessa come strumento di ludico intrattenimento
Questo per dire che, nonostante gli sforzi profusi dagli autori per dare sostanza al plot, è comunque innegabile constatare come l’anime faccia dell’azione fine a se stessa la sua vera colonna portante, nonché lo strumento di ludico intrattenimento per offrire al fruitore di turno dosi più o meno massicce di adrenalina. Un’impostazione che impoverisce la scrittura e potenzia la messa in quadro, quest’ultima visivamente d’impatto e sicuramente più incisiva quando dalle parole si passa ai fatti.
La prima parte della Stagione 2 di Baki è sviluppata da TMS Entertainment, con la regia di Toshiki Hirano, le sceneggiature di Tatsuhiko Urahata, il character design di Fujio Suzuki e Shingo Ishikawa. Si articola in 13 episodi da 23 minuti cadauno e include le storie collaterali dei altri volumi del manga appartenenti alle collection Lo scontro dei figli degli Dei e Revenge Tokyo. Disponibile su Netflix a partire dal 4 giugno.