Barry: recensione della prima stagione in onda su Sky Atlantic
Barry, la dark comedy di Bill Hader, è un piccolo gioiello nel palinsesto elevisivo attuale, e ora disponibile in Italia su Sky.
Ci sono voluti due anni, ma alla fine Barry è arrivata anche in Italia. La dark comedy ideata, diretta e interpretata dal comico del Saturday Night Live Bill Hader porta sullo schermo una storia complessa e affascinante. Dietro la facciata da dark comedy, Barry ha molto più da raccontare di quello che inizialmente si pensi. La prima stagione è disponibile integralmente su Sky Go, mentre gli episodi vengono trasmessi su Sky Atlantic. Prodotta dalla HBO, negli Stati Uniti la serie è arrivata alla sua seconda stagione, e vanta diversi premi tra gli Emmy Awards per il Miglior attor protagonista a Bill Hader e Miglior Attore non Protagonista a Henry Winkler. Ebbene sì, avete letto bene, nella serie ritroviamo il Fonzie di Happy Days, qui nei panni di Gene Cousineau, un’insegnante di recitazione. Ma, al di là dell’ottimo cast, Barry è un prodotto ben scritto e diretto, in grado quindi di farsi guardare con profondo trasporto.
Un colpo di pistola tra un provino e l’altro
Bill Hader interpreta Barry Berkman/Block, un’ex marine degli Stati Uniti che si guadagna da vivere come assassino a pagamento. Apatico e insoddisfatto dalla sua vita, il nostro killer non riesce a uscire dal muro che si è costruito attorno a sé; una muraglia di pallottole e sangue. Segue le direttive del suo padre adottivo, il Monroe Fuches di Stephen Root, come se fossero parole scritte sulla Bibbia. Tutto questo andrà a perdersi, e Barry cercherà in tutti i modi di farsi una vita vera, costruita sulle sue scelte, e non quelle degli altri. Ma lasciare il mondo criminali non è facile, soprattutto quando di mezzo ci si mette la mafia cecena. Nel pedinare la sua prossima vittima, Barry scopre la scuola di recitazione di Gene Cousineau e così una passione che non pensava di avere. Da quel momento in poi ogni sua azione sarà dipesa dal fatto di voler mollare tutto e diventare un attore.
Le premesse della serie sono semplici e funzionali. L’assurdità di un killer a pagamento che vuole diventare un attore, è la base per qualcosa di davvero interessante. Eppure Hader non si ferma qui, alza l’asticella della sua creatura, regalandoci un prodotto complesso e ben realizzato. Perché Barry è un racconto introspettivo, dove la mente fragile del protagonista viene aperta come un vado di Pandora. È un racconto sui tormenti, sulle aspirazioni e, soprattutto, sulle conseguenze e i problemi di un grave PTSD (Stress Post Traumatico). Non solo, i folli attori della scuola di Gene, ci mostrano l’avidità e l’ipocrisia che vive dietro le grandi aspirazioni. Il mondo del teatro (e del possibile cinema) ripreso sotto la lente d’ingrandimento. La Sally Reed interpretata da Sarah Goldbeg ne è un esempio. Insomma, sketch e azione si danno il passo in una danza assurda e divertente.
Con il suo Barry, Bill Hader regala al pubblico la sua miglior interpretazione
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Barry è un piccolo gioiello, una di quelle serie in grado di lasciare il proprio marchio nel saturo palinsesto attuale. Il mercato è saturo di prodotti, uno la copia dell’altro. Bill Hader riesce a navigare in acque conosciute, per poi scoprire un’isola non ancora scoperta. Lì trova il suo tesoro, l’idea per qualcosa di nuovo e interessante in grado di raccontare qualcosa di più che una semplice storia. L’assurdo è alla base della comicità della serie, dove i criminali non sono solo tali. I Goran Pazar e Noho Hank, interpretati rispettivamente da Glenn Fleshler e Anthony Carrigan, sono davvero spassosi. Hank è un uomo dalle buone maniere, ben curato e un po’ sempliciotto. Entrambi i personaggi smontano la costruzione del villain serio e spietato. Niente di nuovo direte, eppure i due attori svolgono un ottimo lavoro. Perché se nella storia di Barry la recitazione è tutto, anche per la serie a livello estrinseco la recitazione svolge un ruolo primario. L’intero cast abbraccia il proprio personaggio, donandogli spessore.
Henry Winkler è perfetto nella parte di Gene Cousineau, un nome che è già tutto un programma. Un po’ ciarltrone, un po’ rubacuori. Gene è l’uomo di spettacolo in grado di fare proprie le situazioni e ribaltarle a suo a favore. La chimica tra l’ex attore di Happy Days e Hader è davvero stupefacente. Quest’ultimo dona profondità al protagonista, mettendone in risalto il tormento quanto il lato più infantile; un’arma che non vuole più essere tale. I morti si accatastano uno sopra l’altro, al suono del mantra “questo sarà l’ultimo”. Barry è convinto di essere una brava persona, lotta strenuamente per esserlo. Ma il destino lo chiude in loop di morte, e viene da chiedersi se veramente voglia smettere. La sua figura è continuamente messa in dubbio, da noi quanto dal personaggio in sé. La storia stessa lo mette alla prova. È come dice Barry sul palco ai suoi colleghi: “sono davvero senza speranza, uno psicopatico senza vie di redenzione?”. Su questa domanda si struttura tutta una serie dal grande spessore, ora disponibile anche per il pubblico italiano.