Batman: The Caped Crusader – recensione della serie Prime Video

Batman torna in una nuova serie animata ideata da Bruce Timm, J. J. Abrams e Matt Reeves

È disponibile su Prime Video, dall’1 agosto 2024, la nuova incarnazione animata di Batman, Batman: Caped Crusader, prodotta da Matt Reeves (regista del recente The Batman, 2022), J.J. Abrams e Bruce Timm, l’ideatore dell’iconica Batman The Animated Series (1992-1995).

Batman: Caped Crusader Cinematographe.it

Fra gli sceneggiatori coinvolti, invece, troviamo Ed Brubaker, firma storica dei comics che lavorò nei primi anni Duemila proprio sulle principali testate dedicate al Cavaliere oscuro, Batman e Detective Comics, nonché co-creatore di Gotham Central, serie dai toni fortemente crime e noir.
Proprio il noir è ancora una volta, apparentemente, il genere di riferimento per questa nuova trasposizione animata, che, per volontà di Timm è ambientata negli anni Quaranta, il periodo in cui il personaggio di Bob Kane e Bill Finger mosse i suoi primi passi.
Il character design è tendenzialmente una rielaborazione di quello della serie dei Nineties, così come l’architettura di Gotham City è frutto di una semplificazione della Gotham dark déco di quella serie. A una prima visione, perciò, il rischio maggiore per l’opera, composta da dieci episodi, è quello di apparire un prodotto derivativo. Ed effettivamente negli sfondi si notano personaggi di contorno apparsi nel vecchio cartoon, mentre alcuni luoghi e situazioni sono fin troppo familiari. D’altronde le similitudini si fermano a questi elementi superficiali.

Batman: The Caped Crusader, fra neo-noir e horror

Laddove la serie classica si basava su episodi autoconclusivi, la narrazione, qui, presenta una trama orizzontale prettamente crime, che si incentra sulla corruzione del sistema legale gothamita e sul tracollo del procuratore distrettuale Harvey Dent. Invece la struttura verticale interna ai singoli episodi, basata sul cattivo di turno, piuttosto che pescare dall’estetica del cinema noir, preferisce attingere all’horror classico degli anni Trenta. Proprio tale aspetto, che informa l’intera prima stagione, contribuisce a distanziare definitivamente il cartoon dalla vecchia serie animata di Timm.

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Quest’ultima rielaborava, infatti, la mitologia batmaniana alla luce degli stilemi noir hard boiled, innestandovi alcuni elementi del cinema horror, dei film cappa e spada, della fantascienza e della screwball comedy. Dal canto suo, Caped Crusader parte da una cornice neo-noir, in cui le dinamiche interne al sistema giudiziario e all’istituzione poliziesca sono centrali, per poi virare in maniera radicale sull’horror gotico, tipico dei film della Universal. Ė infatti presente tutto il “bestiario” classico del genere: mad scientist in stile Frankenstein, vampire, killer mutaforma a metà strada tra Boris Karloff e Vincent Price, fantasmi reazionari (una delle trovate più carine!), omaggi a figure quali Lon Chaney Sr e il truccatore Jack Pierce, che si muovono fra cimiteri, laboratori, case stregate e sugli immancabili tetti sormontati da gotiche gargolle.

Il Cavaliere Gotico

Il filo conduttore della serie, ancorché elemento fondante delle avventure di Batman, è anche un topos gotico per eccellenza. Si tratta della stevensoniana doppia personalità.

Bruce Wayne è presentato come un uomo completamente scisso, che non riesce a trovare un equilibrio fra la sua identità mondana e la maschera di Batman. A differenza che in altre incarnazioni, però, l’eroe qui opta per lasciarsi guidare dall’aspetto più vendicativo e oscuro del suo io, così che Batman diventa una sorta di freddo Mister Hyde, emanazione del senso di vuoto e della rabbia che Bruce nasconde sotto la facciata da playboy. L’idea non è nuova e il character arc dell’eroe segue infine la parabola umanizzante – da gotico vendicatore a eroe empatico – già presente in The Batman di Reeves. Attorno al tema della dicotomia, in Caped Crusader, però si costituisce l’intero universo seriale. Gotham è divisa fra ricchi e poveri, le istituzioni fra onesti e corrotti. La stessa idea di giustizia si sdoppia nel contrasto fra una visione liberal, garantista e impegnata nella lotta alle disuguaglianze sociali, incarnata da Barbara Gordon – qui avvocato difensore – e quella più manichea (onestamente repubblicana, se si vuole) incarnata dal padre della donna, il buon vecchio commissario Gordon. Ogni villain inoltre presenta la stessa scissione identitaria dell’eroe, atta ad amplificare le questioni sociali tirate in ballo. In quest’ottica è naturale che Dent/Two Face si configuri come il villain del climax del finale di stagione.

Batman: The Social Justice Crusader

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Con un’operazione prettamente postmodernista, Timm, Brubaker e compagnia, utilizzano l’idea della soggettività scissa per parlare dell’attuale realtà sociale statunitense, divisa anch’essa fra masse di persone sempre più vicine alla povertà e un’élite di miliardari e celebrities che dettano le coordinate politiche e spettacolari, attraverso cui narrare la contemporaneità. Una realtà in cui si scontrano spinte progressiste/rivendicazioni postcolonialiste e rigurgiti di violenza reazionaria, pronta a inghiottire il meccanismo del confronto democratico.

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Purtroppo però tutto questo apparato ideologico, da un lato, appare troppo esplicito, rischiando l’effetto moralizzatore. Dall’altro il fatto che la narrazione sia orientata, in definitiva, verso modalità estetiche spettacolari, che privilegiano l’azione e gli effetti fantastici, va a discapito dell’analisi di quelle complessità e contraddizioni che i vari discorsi ideologici, messi in campo, richiederebbero. Per esempio il paradosso del sistema legislativo che esonera dalla propria azione chi lo amministra – Dent e i vari poliziotti corrotti – è un tema interessante, che, legato alle questioni di classe accennate, avrebbe potuto generare una storyline più avvincente, se trattato con maggiore sottigliezza. Così come il cambio di etnia di Gordon e sua figlia sarebbe risultato davvero pregnante, se fosse stato utilizzato per affrontare il tema delle discriminazioni razziali, che negli Usa dei Forties erano ancora ben radicate nelle strutture socioeconomiche del paese. Invece gli autori optano, seguendo la tendenza di molte serie contemporanee, per quella normalizzazione delle differenze etniche che comporta una ipocrita riscrittura fittizia della storia americana, in cui le storie delle minoranze e delle categorie marginali vengono private delle loro specificità (e del riconoscimento delle ingiustizie subite), per essere inglobate in una narrazione egalitaria di un sistema socio-economico tutt’altro che egalitario.

Batman: Caped Crusader: valutazione e conclusione

Batman: Caped Crusader, al netto di queste debolezze ideologiche, comunque, intrattiene bene, grazie alla capacità degli autori di mixare le prime storie pulp del personaggio con elementi tratti da saghe più moderne come Year One e The Long Halloween e, soprattutto, grazie alla riscrittura di alcuni elementi specifici della lore del supereroe DC. La trasformazione dei vari Robin in ragazzini residenti nell’orfanotrofio finanziato da Wayne, i cameo di villain minori come King Tut, le citazioni alla vecchia serie, la presenza di altri personaggi Dc, come Plastic Man e lo Spettro, che compaiono nelle vesti dei loro alter ego; le apparizioni mute di Lois Lane e Jimmy Olsen reminiscenti dei cartoni di Superman dei Fleischer (serie quest’ultima che ha influenzato tutto il percorso artistico di Timm); l’attrazione saffica fra Montoya e la nuova Harley Quinn, il mondo horror che fa capolino ovunque e persino il provocatorio genderswap di un amato villain, sono tutti elementi che, alla fine, contribuiscono a non annoiare lo spettatore e a iniettare nuove potenzialità all’interno di un quadro narrativo altrimenti abbastanza prevedibile.

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In definitiva si può sostenere che Batman: Caped Crusader, pur non raggiungendo i picchi estetici e la profondità contenutistica di Batman The Animated Series, rappresenti un’ottima visione per chi fosse interessato a una versione alternativa del mondo del Cavaliere oscuro, in grado di giocare in maniera postmoderna con una mitologia ormai classica.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.5