Big Mouth – stagione 6: recensione della serie TV
Su Netflix arriva dal 28 ottobre 2022 la sesta stagione di Big Mouth, la serie animata che racconta le vicende ormonali di un gruppo di adolescenti senza freni
Big Mouth è ancora un esperimento incredibile. Arrivato alla sua sesta stagione, lo show ideato da Nick Kroll, Andrew Goldberg, Mark Levin e Jennifer Flackett continua a raccontarci gli imbarazzi dell’adolescenza e le difficoltà dei sentimenti alla sua maniera: creature magiche e linguaggio scurrile.
Continuiamo a seguire Nick, Andrew, Jesse, Missy, Jay e compagni nel loro viaggio verso l’età adulta; alla scoperta dell’amore e del sesso, ma anche della vergogna, dell’invidia e dell’ansia. È quasi sorprendente soffermarsi a pensare che alcuni prodotti sono stati cancellati per molto meno. In fondo quelli che stiamo guardando sono adolescenti che si masturbano, che si strofinano, che si radono, che hanno la candida e che si accoppiano con oggetti inanimati. Eppure, come per magia, la sincerità di Big Mouth riesce sempre ad eliminare qualunque componente morbosa dall’equazione.
Big Mouth 6: la forza dell’immedesimazione
L’unico sentimento possibile che possiamo provare durante la visione di Big Mouth è, per la sesta volta, immedesimazione. E se ci pensate è davvero un miracolo che chiunque, in ogni parte del mondo e in ogni generazione, riesca in qualche modo a identificarsi con i giovani protagonisti di questa serie animata. E questo accade per un motivo davvero semplice: Big Mouth è onesta, con se stessa e con i suoi spettatori. Sa esattamente quello che sta facendo; è autoreferenziale (in questa stagione più che mai), è autoironica ed ha fatto dell’onestà il suo indiscusso cavallo di battaglia.
Perché in fondo non importa quanti anni abbiate, le insicurezze e le incertezze che Big Mouth cattura sullo schermo – con stregoni della vergogna, mostri ormonali, zanzare dell’ansia e gatti della depressione -, continuano a essere presenti; e il modo in cui la serie ce le presenta, con comicità sorprendentemente intelligente che ci evita di sacrificare neuroni per godercela, pare davvero essere senza tempo.
Big Mouth 6 e e lo spin-off Human Resources
Questa sesta stagione si intreccia più volte con lo spin-off Human Resources senza però discriminare gli spettatori che hanno deciso di non vederlo. Consiglia loro di recuperarlo (ve lo consigliamo anche noi), ma non perde troppo tempo a supplicare e ci spiega in maniera abbastanza esaustiva quanto uno show abbia influenzato e influenzerà in futuro l’altro e viceversa.
Non neghiamo che le stagioni precedenti abbiamo avuto picchi più alti: non è possibile volare sempre sopra i nuvoloni della ripetizione, soprattutto quando uno show va avanti da così tanto tempo. Eppure rimane raro trovare un prodotto che riesca a mantenere il livello alle stelle quanto Big Mouth. Nel nuovo ciclo di episodi c’è meno sentimentalismo e la crescita di alcuni personaggi sta avvenendo in maniera un po’ strana, ma non c’è dubbio che stia avvenendo. Ci sono anche un paio di episodi più concentrati su alcuni aduli della serie che non pensavamo valesse la pena approfondire: ci sbagliavamo.
Nella nuova stagione si canta di più (rimane un punto fisso la bella colonna sonora fatta da brani recenti e dalla insaltabile sigla, la Changes di Charles Bradley) grazie alla scelta di raccontare i sentimenti dei protagonisti con elaborati numeri musicali, più o meno azzeccati.
E, sebbene certe battute possano risultare un po’ complicate, vi consigliamo di guardarlo in lingua originale: il doppiaggio di Kroll, di John Mulaney e delle guest star che spaziano da Jordan Peele a Tyler The Creator è una perla davvero imperdibile.
Big Mouth 6 ci insegna a ridere degli imbarazzi passati
Non ci sono tante serie che sono in grado di catturare il disagio dell’adolescenza bene quanto Big Mouth. Lo avviciniamo solo ad un altro prodotto (sempre di casa Netflix): il britannico Sex Education. In entrambi i casi ci viene chiesto di abbandonare ogni freno, in quanto spettatori, e di farci coraggio per affrontare quel lato di noi che, forse, abbiamo cercato di dimenticare. Il lato dell’esplorazione, della scoperta, quel lato tipico dei nostri anni formativi. Li sotterriamo terrorizzati che qualcuno possa scoprirli, inconsapevoli che tutti (quasi senza eccezioni), abbiamo vissuto la stessa identica esperienza fatta di umiliazioni e di illuminazioni.
La forza di Big Mouth sta proprio qui. Sta nell’abilità di trarre il proprio humor da questi avvenimenti, dai traumi e dai ricordi. Ce li racconta senza vergogna, con il delizioso meccanismo dell’esagerazione e l’utilissima arma del tempo che passa. In più di un’occasione, infatti, i protagonisti si sono visti con gli occhi del futuro, con lo sguardo saggio di loro stessi da adulti, consapevoli che quei momenti imbarazzanti sono passati e che il mondo non è finito. Anzi.
La salvezza forse consiste nell’imparare a fare lo stesso: siamo stati tutti vittimi di orribili mostri ormonali e siamo tutti sopravvissuti.