Blood Sex & Royalty: recensione della docu-serie Netflix su Anna Bolena
Prima di liquidare il docu-drama Blood Sex & Royalty, forse intimoriti da una nuova opera incentrata su Anna Bolena e Enrico VIII, vi spieghiamo perché vale la pena dare una possibilità allo show che, con humour e intelligenza, ci racconta uno dei matrimoni più celebri della storia inglese.
Dal 23 novembre 2022 è disponibile su Netflix – definitivamente manipolato dai grandiosi ascolti della bartoniana Mercoledì – uno show passato ingiustamente in sordina. Stiamo parlando della docu-serie Blood, Sex & Royalty – diretta da James Bryce -, che in tre episodi affronta una delle relazione più chiacchierate della storia inglese: quella tra Anna Bolena ed Enrico VIII.
Scopriamo insieme punti di forza e debolezze della serie che strizza l’occhio a I Tudors.
Blood Sex & Royalty: di cosa parla il docu-drama Netflix
Anna Bolena è tra le figure storiche più amate dal cinema e dalla televisione. Sullo schermo è stata interpretata da famosissime attrice di Hollywood, per citarne alcune: Vanessa Redgrave, Helena Bonham Carter, Natalie Dormer, Natalie Portman, Claire Foy. Ma allora, cosa offre di nuovo Blood, Sex & Royalty rispetto ai suoi numerosi predecessori.
Ebbene, per iniziare, lo show in questione è un docu-drama, pertanto alterna momenti tipici degli sceneggiati televisivi, ad interessanti interventi degli esperti.
Ci troviamo nel 1536. Anne Boleyn (Amy James-Kelly), in prigione nella Torre di Londra per tradimento, si apre allo spettatore rivivendo, attraverso dei flashback, tutte le tappe della sua vita: gli inizi della sua eccitante storia d’amore con Henry VIII (Max Parker), l’annullamento del primo matrimonio del re Tudor con Caterina d’Aragona, la rottura con la Chiesa, l’incoronazione di Anne come nuova regina e la sua successiva caduta in disgrazia – dovuta all’impossibilità di dare al re un erede maschio -, che culminerà nell’esecuzione della pena capitale.
Anne ci viene raccontata come un’eroina moderna e femminista. La vivacità, l’arguzia e l’intelletto della protagonista si oppongono agli antiquati dogmi della corte inglese, tra cui quello di considerare eretico chiunque possedesse una Bibbia che non fosse in latino. Anne è una giovane colta, e le sue idee riformiste sono influenzate da un testo scandaloso – e, pertanto, assolutamente proibito – per l’epoca: The Obedience of a Christian Man, del riformatore religioso William Tyndale (il primo ad aver tradotto la Bibbia in inglese, e giustiziato nel 1936 per eresia).
Anne, viste le sue idee rivoluzionarie, non impiega molto tempo a farsi nemici a corte, tra cui il Cardinale Wolsey (Callum Coates) e Thomas Cromwell (Stephen Fewell).
Tra gli esperti che commentano lo show e ci svelano curiosi fatti storici – tra cui una assurda partita a carte tra Anne, Henry e Caterina – troviamo le autrici Suzannah Lipscomb eTracy Borman (The Private Lives of the Tudors), Lauren Mackay (Among the Wolves of Court), lo storico Owen Emmerson, e la docente di Letteratura all’Università di Oxford, Nandini Das.
Uno show interessante che non rispetta le sue premesse
Il punto forte di Blood Sex & Royalty è, senz’altro, quello di guidare lo spettatore nel racconto seguendo il punto di vista di una delle – sei – mogli di re Enrico VIII: Anna Bolena.
Dall’unione tra i due – iniziata nel 1533 e terminata nel 1536 – nacque Elisabetta I, tra le più grandi monarche inglesi, il cui regno viene definito nei libri di storia come The Golden Age.
Lo show ci guida, nel corso di tre episodi, nel viaggio di andata e ritorno di Anne all’interno della corte inglese. Grazie alle testimonianze degli esperti scopriamo anche che la donna ha influenzato il marito nell’attuazione di alcune importanti riforme, tra cui la nascita dell’Atto di Supremazia, attraverso cui il re veniva proclamato capo della Chiesa di Inghilterra, senza dover obbedire al potere papale.
Seppur gli aspetti storici e i gossip di corte siano davvero in grado di catturare lo spettatore, è doveroso domandarsi quanto ci sia di Blood e Sex all’interno dello show. Il titolo del docu-drama Netflix è, infatti, fuorviante, in quanto in realtà sullo schermo non ci sono molti spargimenti di sangue né scabrose scene di sesso. Il drama è anche poco incisivo circa la brutalità di Enrico come sovrano e – più in generale – non c’è un grande approfondimento della psicologia dei personaggi. Tra le interpretazioni, l’unica davvero degna di nota, è quella di Amy James-Kelly, incarnazione di una Anne spiritosa, sarcastica, intelligente e affascinante.
In conclusione, la struttura di Blood Sex & Royalty è più simile a quella del classico documentario che non a serie tv scioccanti come I Tudors o Il Trono di Spade ma è apprezzabile la volontà di creare qualcosa di nuovo. L’utilizzo di elementi che contrastano con il passato – sulla scia di Bridgerton – come i costumi carnevaleschi e l’assordante musica pop, nel complesso funziona.