Bodyguard: recensione della serie Netflix
Un thriller politico con un contenuto fortemente d’attualità, ottimamente costruito e molto coinvolgente
Bodyguard è una serie televisiva britannica prodotta da World Productions e distribuita fuori dal territorio inglese e irlandese da Netflix. È andata in onda nel Regno Unito sul canale BBC One facendo registrare il miglior share degli ultimi dieci su qualunque canale nazionale.
La prima stagione della serie è composta da 6 episodi di durata media di un’ora l’uno. Ideata, scritta e prodotta da Jed Mercurio, già penna di Strike Back, è diretta da Thomas Vincent e John Strickland, e vede come protagonista Richard Madden, già noto al grande pubblico per il suo ruolo di Robb Stark ne Il Trono di Spade.
Bodyguard è una complessa vicenda che racconta del rapporto tra una guardia del corpo e il ministro da lui protetto con intrighi politici e terrorismo sullo sfondo
La serie si caratterizza come un thriller politico incentrato su vicende di fantasia ma più che mai attuali. La storia ruota attorno al personaggio di David Budd, veterano della guerra in Afghanistan affetto da disturbo post-traumatico e ora agente di protezione nel comando del Metropolitan Police Service di Londra che viene assegnato come guardia del corpo al Ministro dell’Interno Julia Montague, ambizioso politico distante anni luce dagli ideali di Budd. Il rapporto tra i due si intensificherà ma attorno a loro si svilupperà un intreccio tra complotto politico e terrorismo islamico, che porterà a inevitabili conseguenze, scelte dolorose e sorprendenti sconvolgimenti di prospettiva.
Una serie di qualità sia nei contenuti sia negli aspetti tecnici
Bodyguard è un prodotto raffinato, pregevolmente diretto e ottimamente scritto. Sorprende per la cura dei dettagli e la caratterizzazione dei personaggi, oltre che per un intreccio sofisticato ma mai esagerato, elaborato ma equilibrato. È una serie compatta da guardare tutta d’un fiato, dove non si verificano cali di tensione, e l’evoluzione delle vicende – condita da vari colpi di scena inseriti sempre al momento giusto -riesce a mantenere per tutta la durata un livello elevato di attenzione e curiosità.
La partenza, già dal primo avvenimento proposto, mette in evidenza tutte le potenzialità della storia, presentando una tesissima sequenza incentrata su un attentato da sventare in treno, costruita in maniera sapiente e restituendo tutta quella suspense che caratterizzerà in forma crescente gli episodi successivi. Tutto l’intreccio è costruito con un giusto mix di elementi che contribuiscono alla costruzione di un mosaico armonioso e completo. Troviamo difatti gli intrighi politici, che si intessono con le minacce terroristiche, troviamo la guerra e le sue conseguenze, che fan da sfondo alla vicenda umana del protagonista, così come troviamo la componente sentimentale-erotica, quella drammatico-familiare e l’azione pura “alla James Bond”.
Bodyguard ha una sceneggiatura solida e curata, impreziosita da ottime interpretazioni attoriali
L’eccelsa sceneggiatura presenta una caratterizzazione dei personaggi ben costruita e si rivela particolarmente coraggiosa nello sconvolgere a metà serie le aspettative e gli orizzonti della narrazione con un evento che farà uscire di scena in maniera inaspettata un personaggio chiave del racconto. La sceneggiatura è poi valorizzata da un cast ispirato e solido, trascinato in primis da Madden, il quale sorprende nella resa della complessità del suo personaggio, e affiancato splendidamente da Keeley Hawes, capace di trasmettere tutta l’ambivalenza del politico da lei interpretato.
Una serie ricca di contenuti d’attualità, dove si parla di intrighi politici, terrorismo, traumi post-bellici e lacerazioni psicologiche
A fianco del semplice intrattenimento emergono inoltre le grandi questioni legate al nostro presente, gettando uno sguardo sapiente e intrigante sul mondo contemporaneo. L’occhio del regista e la penna dello sceneggiatore si addentrano in maniera tagliente negli “affari di palazzo”, ritornandoci uno sguardo impietoso sulle lotte di potere e le collusioni tra parti dei vertici politico-governativi londinesi, che diventano specchio dell’intera società occidentale. Così come viene offerto uno spaccato significativo sul contrasto tra vita pubblica e privata di un politico di primo piano, tra le sue dichiarazioni dal marchio elettoralistico e i suoi reali pensieri fatti anche di dubbi e interrogativi. Di pari passo a questo si analizza la lacerazione tra professionalità e convinzioni personali che attraversa il protagonista nel rapporto con un ministro che rappresenta tutto ciò che lui ha sempre rigettato, ma con il quale si creerà un rapporto intimo, fatto di complesse sfaccettature. Significativa è poi l’introspezione psicologica che porta a un j’accuse rispetto alle conseguenze che la guerra lascia nella mente di chi l’ha vissuta in prima persona, le condizioni psico-fisiche di Budd sono difatti alla base dello sviluppo narrativo della serie. Infine importante e impattante è il discorso che viene costruito sul terrorismo islamico e non solo – come si avrà modo di scoprire nel corso degli episodi – offrendo una prospettiva di particolare interesse, impreziosita da un colpo di scena finale che aggiunge ulteriore carne al fuoco, destando anche un acceso dibattito nel momento dell’uscita inglese della serie.
Siamo dunque di fronte a un prodotto sorprendente, che convince sia negli aspetti formali sia in quelli sostanziali e che sicuramente potrà trovare larghi consensi in un pubblico eterogeneo. Non ci resta che attendere la notizia di una seconda stagione, chiacchierata ma non confermata, per quanto il prodotto di Jed Mercurio si riveli già con la prima pienamente esaustivo e soddisfacente.