Bombay Begums: recensione della serie indiana Netflix
Donne emancipate che si scontrano con una società ancora patriarcale e con ataviche imposizioni sociali.
Rani, Fatima, Lily, Ayesha e Shai nella Bombay contemporanea si ritrovano ad affrontare le insidie, i pregiudizi e le violenze che in una società fortemente patriarcale le donne ancora subiscono. Bombay Begums è la nuova serie indiana originale Netflix, disponibile sulla piattaforma dall’8 marzo, che racconta le vicende di quattro donne e di un’adolescente alle prese con gli sconvolgimenti della sua età, i dubbi, l’amore, i cambiamenti fisici.
Bombay Begums – La trama
Rani (Pooja Bhatt) è la CEO della Royal Bank di Bombay, una donna forte e indipendente, cinica quando si tratta di affari e costretta, come spesso accade quando si raggiungono posizioni di alto rilievo, a scontrarsi continuamente con i tiri mancini dei colleghi invidiosi e che non accettano di essere i dipendenti di una donna. Una donna vincente sul lavoro ma con una vita personale complicata con un marito che non riesce a dimenticare la prima moglie morta prematuramente e la figliastra, l’adolescente Shai (Aadhya Anand), che non la sopporta. È proprio lei la voce narrante di tutta la serie: Shai si rivolge alla madre morta anni prima interrogandola sulla condizione della donna nella società, raccontandole i suoi problemi da adolescente, i suoi primi amori, la difficoltà di accettare un corpo non ancora sviluppato o attraente come le ragazzine della sua età sognano, e le sue riflessioni commentano indirettamente le vicende delle protagoniste. Come Fatima (Shahana Goswami), una delle dipendenti di Rani, che vuole disperatamente un figlio con suo marito ma ha già avuto diversi aborti e non riesce più a trovare un equilibrio tra la vita privata e il desiderio di fare carriera. O come Ayesha (Plabita Borthakur) giovane e sfacciata che quella carriera la sogna ma gli ostacoli sono tanti. Come quelli che incontra Lily (Amruta Subhash), un ex ballerina diventata prostituta, che vuole una vita normale e un lavoro dignitoso per garantire un futuro a suo figlio ma il suo passato non le viene perdonato.
Bombay Begums – Donne padrone del loro destino
Bombay Begums mostra un volto diverso della condizione delle donne in India rispetto a quello al quale siamo abituati: donne emancipate, anche più degli uomini, padrone del loro destino. Nonostante questo lo spettro del patriarcato più becero continua a ostacolare il loro riscatto totale, una situazione contraddittoria nel momento in cui , per esempio, Lily, che vuole un lavoro onesto, per la società, e in particolare per gli uomini, non può farlo perché per loro rimarrà sempre una prostituta; una società che è ancora influenzata dal sistema delle caste e quando Fatima decide con il marito di ricorrere alla fecondazione assistita per avere un bambino il medico le suggerisce di scegliere una donatrice di una casta di livello superiore. Ayesha, invece, non riesce a trovare un appartamento in affitto perché è una ragazza single e come tale viene considerata una poco di buono e quando rischia di perdere il lavoro teme di tornare dai suoi genitori ed essere costretta a un matrimonio combinato. “Alcune donne aspirano segretamente a diventare regine – dice Shai – ma la società ha insegnato loro che non possono aspirare a cose così grandi. Quindi mentono sui loro veri desideri e fanno scelte in cui non credono pienamente. Tutte le donne devono mentire a sé stesse per sopravvivere?”. Una riflessione che coinvolge le donne di tutto il mondo, spesso inconsciamente vittime dei pregiudizi, degli stereotipi e delle imposizioni sociali.
Ma le cinque protagoniste sono anche delle donne moderne in tutti i sensi che tradiscono, che fanno sesso fuori dal matrimonio, che hanno relazioni con delle donne, che bevono e fumano e hanno comportamenti normali per un’occidentale, niente che in India si possa dare per scontato. Sono delle donne che non accettano più alcuni vincoli della loro religione pur essendo, la maggior parte, praticanti e rispettose del loro credo ma prima di tutto di loro stesse. Ed è questo l’aspetto interessante della serie creata da Bornila Chatterjee e Alankrita Shrivastava perché mostra quanti progressi hanno fatto le donne ma quanta strada ancora c’è da fare per la totale emancipazione femminile in India. Per questo il disclaimer che Netflix ha deciso di aggiungere a ogni inizio puntata, per scongiurare qualsiasi responsabilità e polemica, risulta fuori luogo: “Questa è un’opera di fantasia. Non intendiamo incoraggiare e sostenere affermazioni o azioni visibili nella serie. Ogni riferimento a persone, luoghi o religioni e puramente casuale. Non intendiamo offendere alcuna religione”. Una dichiarazione quanto meno contraddittoria visto che i comportamenti delle protagoniste non sono assolutamente condannabili e con un avvertimento del genere Netflix, chiaramente assoggettato al politicamente corretto, sembra dire il contrario, vanificando in questo modo il messaggio della serie.