Borgen – Potere e gloria: recensione della serie TV danese

Con la sua prima fetta di episodi Borgen - Potere e gloria riesce a non andare fuori tema e a coinvolgere.

Lottare per il diritto di decidere: è quello che si fa in politica. Ma rimanere al vertice richiede qualcosa per cui combattere e in cui credere, e soprattutto l’abilità di destreggiarsi. Borgen – Potere e gloria, la serie TV danese prodotta dalla SAM Productions (L’uomo delle castagne) e ideata da Adam Price, segue le vicissitudini familiari e politiche della carismatica ministra degli esteri danese Birgitte Nyborg. Il nuovo coinvolgente political drama di Netflix affronta le insidie del potere, perché quando si ricoprono posizioni di alto livello si può cadere in qualsiasi momento; essere schiacciati o attaccati dagli stessi alleati di Governo (o dai propri collaboratori), dai membri dell’opposizione, dai giornalisti, dall’opinione pubblica. Perciò rimanere a galla, persino quando si viene coinvolti in situazioni di business internazionale, richiede qualità inusuali e da predatori. La prima stagione di Borgen – Potere e gloria, con i suoi otto episodi, è disponibile su Netflix dal 2 giugno 2022.

Borgen – Potere e gloria: rimanere al potere è destreggiarsi sul ghiaccio

La protagonista è Birgitte Nyborg (Sidse Babett Knudsen), ex primo ministro di Danimarca, che ora è la nuova ministra degli esteri al palazzo di Christiansborg, comunemente definito Borgen (castello). Birgitte deve gestire, dopo poco tempo dalla nomina, un evento problematico: l’improvvisa scoperta da parte di una compagnia petrolifera dell’oro nero in Groenlandia, da sempre un paese “fratello” della Danimarca. Il problema è che la Nyborg è una politica democratica, che ha promesso ambiziosi obiettivi climatici. Infatti le sue idee sono molto chiare, e inizialmente lavora per convincere i groenlandesi a rinunciare a diventare produttori di petrolio; a tal fine nomina un ambasciatore artico ad interim della Danimarca (interpretato dall’affascinante attore con l’aria da mister perfettino – che non dispiace – Mikkel Boe Følsgaard – già visto in A Royal Affair, L’uomo delle castagne). Ma è difficile immaginare una politica che non sia anche “mediatica”; infatti l’intreccio, che è infarcito della sovrastruttura mediatica, si concentra sulla lotta per il potere della politica Birgitte Nyborg e, più in generale, sulle conseguenze del diritto di decidere sia a livello lavorativo che personale. Per andare incontro alle esigenze di altri: opinione pubblica, alleati e oppositori, Nyborg si trova costretta a cambiare opinione politica e a rivalutare la posizione della Groenlandia favorevole alle estrazioni. Molte difficoltà porteranno la donna a valutare persino di sacrificare la propria carriera.

La storyline principale dedicata a Birgitte si incrocia con la trama secondaria dello show televisivo, che affronta sempre la lotta per rimanere al potere: destreggiarsi metaforicamente sulla più grande lastra di ghiaccio groenlandese. Non è meno interessante l’intreccio secondario incentrato sul quarto potere, che segue il percorso di un’altra donna: Katrine Fønsmark (Birgitte Hjort Sørensen), che dopo essere stata a capo dell’ufficio stampa di Birgitte, ottiene un posto come direttrice dei notiziari per l’importante stazione televisiva nazionale TV1. Nella lotta senza scrupoli per gli affari e le posizioni, le gerarchie, gli alleati, le amicizie, persino i legami familiari, iniziano a sgretolarsi. Pubblicamente, ma anche nel privato, Birgitte viene colpita anche dalla sua ex collaboratrice in cerca di scoop…

Il potere che logora chi ce l’ha

Con la sua prima fetta di episodi Borgen – Potere e gloria riesce a non andare fuori tema: anche lo sviluppo politico è lento. Lo show, che contiene ripetizioni e ridondanze nella scrittura, e che per gli aspetti tecnici non incanta per originalità, riesce comunque a incuriosire, e a intrattenere, grazie a un cast di attori noti al pubblico danese capaci di creare empatia, e a una storia che semplicemente funziona mettendo in scena con molto realismo gli assetti politici mondiali in cui piccoli paesi devono continuamente misurarsi con le grandi potenze, che, avendo molto a cuore il loro business, con tutti i mezzi, e senza il minimo indugio, provano ad annientare gli avversari. Partendo dalla regola che un giocatore può influenzare il comportamento/risultato di un altro, la serie Tv sfoggia la sua “teoria dei giochi” spostandoci dallo scacchiere degli equilibri internazionali ai contrappesi tra la sfera privata e la vita professionale. Per dirla con Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord, “il potere logora chi non ce l’ha”, ma Borgen – Potere e gloria rappresenta la verità dell’altra faccia della medaglia. Mettendo in scena l’impatto devastante degli impegni di un certo livello sulla routine familiare di Birgitte e di Katrine suggerisce che non tutti sono fatti per il potere, che non bastano le buone intenzioni, i giusti ideali e l’ambizione. Per rimanere primi (per non essere attaccati al potere) bisogna attaccare, avere le caratteristiche dei rapaci: vivere cacciando le prede, avere un potente senso della vista, utilizzare il becco e gli artigli nella lotta. Basterà guardare la serie scandinava per scoprire quale delle due donne è la vera predatrice.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

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