Califfato: recensione della serie thriller Netflix
Califfato è un thriller svedese che mescola crime e thriller in maniera equilibrata e accattivante, pecca però di un mancato approfondimento psicologico e tematico.
Un thriller svedese incentrato sulla religione islamica e le sue forme radicalizzate, Califfato è una delle ultime serie disponibili su Netflix dal 18 Marzo, un prodotto scorrevole che si lascia guardare e costruito sul filo della tensione episodio per episodio.
La serie è diretta da Goran Kapetanović e creata da William Behrman e Niklas Rockström, e che arricchisce il catalogo del colosso di un altro prodotto svedese, dopo Quicksand, Ragnarok e The Rain.
Califfato: la trama della serie svedese Netflix
L’Isis sta progettando un attacco terroristico in Svezia e la poliziotta Fatima (Aliette Opheim), sotto le mentite spoglie di Eva, è in comunicazione costante con Pervin (Gizem Erdogan), una donna siriana che vive a Raqqa e che desidera tornare in Svezia. Suo marito (Amed Bozan) fa parte dell’organizzazione terroristica ed è tramite lui che riesce a rintracciare, correndo un grande rischio, le informazioni che possono aiutare Fatima a conoscere date e coordinate precise per provare a sventare prima l’attacco e salvare la Svezia.
Intanto in Svezia l’Islam è vissuto e percepito senza mezze misure: l’accostamento alla religione prende frequentemente le forme della radicalizzazione, generando paura in chiunque pensi solo di sposare la religione islamica. E’ quanto accade a Sulle (Nora Rios) e la sua migliore amica Kerima (Amanda Sohrabi), che fomentate da Ibbe (Lancelot Ncube), segretamente coinvolto a loro insaputa negli atti terroristici che si progettano in Svezia, desiderano allontanarsi dalla Svezia e giungere in Siria nella speranza di poter vivere questo loro trasporto religioso.
Califfato: Una serie thriller sporca, dinamica e binge watching
Composta da otto episodi dalla durata di circa 30-40 minuti ciascuno, Califfato è una di quelle serie Netflix da scoprire, e che probabilmente possono conquistarsi una buona fetta di pubblico per passaparola. Non brilla forse per estetica, si avvale di una regia e una fotografia sporche al servizio del caso, né ha la prorompenza di prodotti come La casa di carta ma sicuramente ne introietta la lezione del binge watching a partire già dal secondo episodio.
Il merito è sicuramente dell’ottimo equilibrio che si crea tra i tre filoni narrativi che in ogni episodio vengono ben distribuiti e amalgamati, dando sempre allo spettatore una chiara comprensione di causa ed effetti. L’obiettivo della serie infatti è proprio far comprendere attraverso l’azione, avvalendosi di vicende che traggono spunto dall’attualità, come si innescano le bombe ad orologeria del terrorismo, in questo caso con focus su quello islamico.
Califfato: informazione senza impegno, tutto in nome del pop
In Califfato manca però un approfondimento maggiore dei personaggi spesso compensata dalle buone performance degli attori, che avrebbe senz’altro alzato ancora di più il livello, permettendole di andare oltre la sintesi del si lascia guardare. Il finale della prima stagione lascia chiaramente intendere che molte situazioni innescate proprio sul finale restano sospese, e che quindi una seconda stagione sarebbe quasi scontata, seppure al momento non sono state rilasciate dichiarazioni in merito.
Sulla questione approfondimenti, si potrebbe sollevare una nota anche sulle modalità in cui viene trattata la questione islamica, di cui non ci giungono maggiori informazioni che vadano oltre quelle che siamo stati normalmente abituati ad ascoltare alla televisione. Una scelta che inquadra la serie perfettamente nei suoi intenti di essere pop, di informare senza troppo impegno e intrattenere, senza sfociare in strade critiche.
Ottimo quindi la dinamica in cui la vicenda viene sviluppata secondo i canoni del thriller e del crime, aderendo perfettamente al genere, ma una scrittura che non si fosse limitata a destreggiarsi bene nel genere, presentandoci magari una nuova prospettiva e un approfondimento delle vicende e dei personaggi, avrebbe dato a Califfato un appeal più incisivo.