Carmen San Diego – stagione 2: recensione
La nostra recensione della stagione 2 della serie animata Netflix Carmen San Diego, tra colori sgargianti, avventure attorno al mondo e classici musicali.
La giovane Carmen San Diego torna nella seconda stagione dell’omonima serie con una nuova consapevolezza e con un aspetto decisamente cresciuto rispetto agli episodi precedenti. Fin dall’apertura della nuova tornata di puntate, Carmen e la sua squadra di fidati giovanissimi compagni sono presi da nuovi misteri da risolvere, ma sulle loro tracce ci sono gli agenti della VILE che contribuiscono a complicare notevolmente lo svolgimento delle indagini che fanno viaggiare i nostri eroi da una parte all’altra del mondo.
Come già nella seconda parte della prima stagione di Carmen San Diego, i livelli delle indagini si moltiplicano, complicando l’intreccio narrativo grazie all’esistenza di più organizzazioni, ognuna che incolpa l’altra delle proprie disgrazie.
Carmen San Diego torna a compiere furti in nome di un bene collettivo superiore, una sorta di Robin Hood globale, capace di vedere il mondo e le sue criticità da un punto di vista universale. Perché è questa una delle caratteristiche che più sorprende del personaggio protagonista e che la differenzia nettamente dai suoi compagni di avventura i quali restano sempre molto legati all’hic et nunc, così come lo sono gli agenti che stanno alle calcagna di Carmen, incapaci di vedere oltre le apparenze e ostinati a perseguire l’obiettivo prefissato nonostante i fatti raccontino un’altra storia.
Carmen “la rossa” diventa un’entità capace di vedere oltre le contingenze particolari, per arrivare a risolvere capillarmente i problemi rilevati a livello globale. In realtà quelli che sembrano superpoteri della giovane ladra sono in realtà i risultati di una collaborazione ferrea e impeccabile con i suoi aiutanti. In questa stagione, inoltre, il dato emotivo è più approfondito, trovando maggiori spazi di esplorazione e nuove riflessioni che rivelano qualcosa in più a proposito dei personaggi e del loro passato, sia come singoli che come gruppo.
Carmen San Diego: la seconda stagione è disponibile su Netflix
La seconda stagione di Carmen San Diego si dimostra anche incline a fornire nuove chiavi di lettura, dedicando momenti relativamente lunghi alla scoperta di elementi culturali topici. Così, mentre si viaggia dall’Europa al Brasile poi in Giappone (ma anche Firenze e l’Italia) si scoprono piccoli dettagli culturali che forniscono la sensazione di aver conosciuto qualcosa di più: un piatto tipico, una parola nuova, un mestiere tradizionale ormai scomparso. Questi dati sono certamente elementari per le loro nozioni basilari e per la semplicità di enunciazione, ma contribuiscono ad arricchire il racconto con elementi cosmopoliti, rendendo l’animazione targata Netflix un esempio di afflato internazionale applicato a un prodotto per ragazzi.
Resta comunque innegabile il fascino che Carmen San Diego esercita anche sui più grandi, cioè su quella generazione che è cresciuta con la Carmen adulta in giro per il mondo a compiere attacchi a fin di bene. Questo segmento di pubblico resta ben centrale nell’intento della produzione, la quale, nonostante la distanza siderale a livello di estetica e animazione rispetto alla serie originale, non perde occasione di mescolare elementi culturali trasversali.
Suspicious Minds, More Than a Feeling dei Boston e tante altre canzoni celebri si alternano ai brevissimi jingle che compongono una colonna sonora altrimenti decisamente sobria e minimalista. Questa costruzione musicale dà ancora più rilievo alle pietre miliari della musica che ogni tanto fanno capolino, uniti a una scelta cromatica che, non servirebbe neanche dirlo, opta per il rosso come colore dominante e filo conduttore di tutta la narrazione. I colori diventano anche simboli uniformi delle diverse squadre (il rosso per Carmen e compagni, il blu e il nero per i suoi antagonisti) che si stagliano sullo sfondo di colori naturali delle varie scenografie.