Clarice: recensione dei primi due episodi della serie TV
Basata sul romanzo Il silenzio degli innocenti, Clarice è un thriller dalle tinte horror.
Un trauma, una ferita, il peso dei ricordi che come lampi squarciano la memoria di chi ha un passato difficile da dimenticare. Clarice, questo è il suo nome, una giovane donna, che lavorava per l’FBI, un nome che si porta dietro un bagaglio immaginifico ben preciso, è lei la protagonista di Clarice, sequel e spinoff – ideatori sono Alex Kurtzman, Jenny Lumet, prodotta da MGM Television e CBS Studios in associazione con Secret Hideout – del seminale thriller psicologico del 1991, Il silenzio degli innocenti, che debutta, con i suoi primi episodi, il 9 aprile 2021 su Rai2, rete del procedurale in chiaro come Criminal Minds, Ncis, solo per citarne alcuni.
La serie è incentrata su Clarice Starling, una stella per la polizia, una stella per chi si interessa di thriller, perché è stata lei, insieme all’immenso psichiatra cannibale Hannibal Lecter – che qui non è presente e non sarà mai neppure nominato -, a trovare il serial killer Buffalo Bill, nel film Il silenzio degli innocenti, film culto ispirato ai romanzi di Thomas Harris. Cosa ci dobbiamo aspettare da questa serie? Un racconto dark, il thriller, il dramma di chi sa e proprio grazie a questo può aiutare gli altri, essere al servizio del bene per sconfiggere il male.
Clarice: il racconto di cosa resta dopo il trauma
Clarice è ambientato nel 1993, un anno dopo le imprese dell’assassino seriale che rapiva ragazze per scuoiarle. Nella serie, grazie al salvataggio dell’ultima vittima di Bill, la Starling si è guadagnata il favore del Procuratore generale degli Usa Ruth Martin, che la inserisce in una task force specializzata in crimini violenti, il Vicap, composta da un cecchino, un analista e uno che punta a far emergere le bugie dette ma anche a scovare i falsi indizi; il loro capo è Paul Krendler (Michael Cudlitz), quello a cui Clarice aveva tolto il primato della cattura del serial killer, un uomo pratico e piuttosto diffidente a causa dell’equilibrio dell’ultima arrivata. Al centro c’è lei, Clarice, l’australiana Rebecca Breeds di Pretty Little Liars, nei panni della recluta portata al successo da Jodie Foster – vincitrice del Premio Oscar – che, in tempi non sospetti, dava corpo ad una giovane donna che si faceva strada, con coraggio ma anche con la propria fragilità, in un mondo di uomini che spesso non credeva in lei.
La Clarice di Breeds, come la sua “epica” originale di Foster, per schiarirsi le idee corre in solitaria come lavora in solitaria ai suoi casi, è fragile, spaventata per il trauma che si porta dietro, ma è anche consapevole delle proprie potenzialità, risoluta, brillante. Questo sembra proprio essere uno dei punti forti dei primi due episodi, la carica narrativa della sua protagonista, ma anche l’essere un thriller psicologico teso e duro. Lo showrunner Kurtzman (Fringe, Star Trek: Discovery) affonda le mani nella psiche di Clarice – attraverso le visioni che la turbano e la riportano al passato, una delle immagini simbolo è la falena -, analizzando il trauma di lei – anche delle altre donne che hanno avuto a che fare in un modo o nell’altro con Buffalo Bill, Catherine, scampata alla morte, e sua madre Ruth Martin, diventata Procuratore Generale degli Stati Uniti -, mostra il disagio umano attraverso i casi di puntata e il male insito in un sistema, fortemente maschilista, che dovrebbe osservare e punire, raddrizzare il mondo, invece si dimostra marcio dal di dentro.
Clarice: una donna che fa esplodere un sistema
Nel primo episodio è passato un anno dall’uccisione di Buffalo Bill e l’agente dell’FBI Clarice Starling deve essere valutata da un analista che ha il compito di vedere se è idonea a tornare sul campo. Viene convocata a Washington per essere inserita nella VICAP e lo scontro con Krendler è all’ordine del giorno, anzi ad essere all’ordine del giorno è il mal contento che lui dimostra ad averla nella squadra, sembra che attenda un suo passo falso. Sono state trovate due donne, uccise, torturate e morsicate – citazione di Il drago rosso, il libro di Harris -, chi meglio di lei per risolvere il caso? Questa scelta non viene presa bene dalla task force, uomini, virilissimi, fortissimi e intelligentissimi che mal sopportano l’idea di avere tra loro un mito, una donna giovane con un talento inimmaginabile – la stessa sorte che aveva avuto Will Graham in Hannibal -, con capacità diverse da tutti gli altri – proprio a causa delle sue scelte, fin dal primo episodio rischia di essere cacciata dalla squadra per insubordinazione. L’unico a dimostrarle amicizia è Esquivel (Luca De Oliveira) che le è compagno, collega. Il punto centrale è lei con le sue paure, è lei che deve presentarsi ai colleghi e allo spettatore: è cresciuta e deve crescere, ha un intuito magico, potente che l’aiuta ad avere empatia verso l’altro. Clarice ha senso se visto su un canale nazionale, se visto come show procedurale in cui si cerca l’assassino, ma sicuramente se messo a confronto con altre opere di questo genere sembra meno stratificato. La serie deve inevitabilmente seguire dei codici, un modus narrandi che deve fare i conti con una rete in chiaro – Cbs – e deve adeguarsi al suo pubblico, questo la rende un buon prodotto che si ispira a grandi film e serie.
Clarice: un’agente che lavora da battitore libero
Nel secondo episodio la squadra si sposta nel Tennessee, lì un agente dell’ATF viene ferito mentre presenta un mandato per la perquisizione di una comunità di recupero gestita da un uomo pericolosissimo. Clarice è un battitore libero, si mette a rischio e ha ancora difficoltà a lavorare in squadra – elemento base di una task force -, nonostante venga spesso messa ai margini, il capo del gruppo vuole parlare solo con lei. Durante la permanenza all’interno, Clarice scoprirà che la comune non è affatto quel che sembra, ancora una volta si scopre un organo corrotto e miserabile pronto a usare la divisa per il proprio tornaconto. La donna, lì, in quell’edificio, riporta a galla delle cose, eventi, immagini del suo passato che fanno capire allo spettatore che c’è molto ancora da scoprire. Il suo passato può aiutarla a sanare le ferite, utili a risolvere i casi. Si evince che spesso Clarice viene presa e intesa come l’anello debole, come la fragile del gruppo, e proprio per questo si mina la sua psiche; è interessante che proprio questo la aiuta a vedere ciò che gli altri non vedono, a sentire ciò che pochi sentono.
Clarice: due primi episodi che, nonostante tutto, sono un buon punto di partenza
I primi due episodi pur nella loro scrittura classica costruiscono un efficace punto di partenza per mostrarci chi sia la Clarice Sterling che il pubblico tanto ama. La tradizione forse frena il corso del lavoro, soprattutto se messo in relazione con le altre opere che riempiono i cataloghi Netflix, Amazon Prime Video e Apple tv e le reti più innovative, ma per una tv generalista è sicuramente un buon inizio.